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«Ma che cazzo le è preso?»
«Stai zitto, Blake. Come avrebbe dovuto reagire?»
«Guardate, credo si stia riprendendo.»
«Questa si deve ancora riprendere dalla sua stessa nascita.»
Le voci che inizialmente sento attutite si fanno sempre più chiare e distinte. Apro piano gli occhi e mi ritrovo a fissare un soffitto annerito dalla muffa. Mi rialzo da terra con espressione confusa; non ricordo di essere svenuta e ora sono alquanto scombussolata. Devo aver sbattuto la testa, perché sento la nuca in fiamme. La tasto esitante con i polpastrelli, temendo di trovare del sangue.
«La tua testa è a posto. Be', non proprio del tutto ma comunque come prima, se è questo che intendi.»
Mi giro verso la voce che ha parlato e una scarica di dolore mi attraversa il collo. Mentre provo a massaggiarlo, osservo con attenzione i tre strani individui in piedi di fronte a me. L'ultimo a parlare è stato un ragazzo vestito tutto di nero. Ha i capelli leggermente mossi e qualche ciocca gli ricade sul paio di occhi più scuri che io abbia mai visto. Le sue sopracciglia ben definite sono aggrottate mentre guarda nella mia direzione e quando incrocio il suo sguardo mi sento subito a disagio. Sembra quasi arrabbiato con me.
«Non fare caso a Blake, è sempre stato un pezzo di merda.» un altro ragazzo intercetta il mio sguardo e per poco non mi metto a sbraitare di nuovo. Capelli biondi, occhi azzurri, un sorriso da pubblicità Mentadent alquanto inquietante, accento francese...
«Tu eri sul mio treno stamattina! Tu sei il bastardo fuori di testa che...» inizio ad aggredirlo verbalmente, ma a giudicare dalla rabbia che mi monta nel petto sono pronta ad attaccarlo anche fisicamente.
«Calmati, mon chéri. Sento che il tuo cuore è orientato verso la direzione sbagliata.» mi interrompe lui prendendo a osservare il vuoto davanti a lui con aria ispirata, più o meno la stessa che avevo io durante le verifiche a sorpresa.
«Il mio pugno però è nella direzione giusta.» ringhio slanciandomi in avanti per colpirlo, ma il mio braccio trapassa il ragazzo facendomi perdere l'equilibrio. Il francesino mi guarda con disappunto e inizia a borbottare qualcosa in francese nella mia direzione.
Stavolta non lascio il tempo allo stupore di annebbiarmi la mente e mi volto di scatto, correndo giù dalle scale e precipitandomi verso la porta.
«Claire, dobbiamo parlarti.» mi dice il terzo ragazzo comparendo dal nulla e sbarrandomi l'uscita. Anche lui è biondo e ha gli occhi azzurri come il francese, ma ha labbra più carnose e lineamenti più marcati.
Ovviamente non lo ascolto e faccio per abbassare la maniglia oltre il suo busto, quando un dolore improvviso e lancinante mi si diffonde lungo la mano insieme ad un rivolo di sangue. Guardo terrorizzata il taglio che mi attraversa il palmo.
«Grazie Blake, sicuramente ora è più disposta a parlare con noi.» commenta acido mister Mandibola alzando gli occhi al cielo. «Per favore, lasciaci spiegare.» si rivolge poi a me con tono gentile.
«Io chiamo la polizia.» balbetto mentre con la mano sana recupero il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Quando sblocco il telefono, un avviso sullo schermo mi avvisa della mancanza di campo.
«Ti giuro che vogliamo solo parlare. Siediti sul divano, noi staremo a tre metri da te.» mi supplica lo Stregatto.
Sono talmente sotto shock che non ho nemmeno la forza di ribattere. Riduco gli occhi a due fessure e li squadro, soppesando la situazione.
«Se vi avvicinate ancora io urlerò così forte che mi sentiranno anche in Madagascar. Intesi?» chiarisco mentre mi tampono il taglio sulla mano con un fazzoletto senza distogliere lo sguardo dai tre moschettieri.
«Perfetto.» batte le mani il francese. «Io sono George. Enchanté.»
«Io sono Reece.» si presenta mister Mandibola. Sembra il meno problematico dei tre, tolto il fatto che non ha un corpo solido e si trova in casa mia per non si sa quale motivo. Aspetta, ho appena definito questa catapecchia "casa mia"?
«Io sono Blake, come avrai già capito se i tuoi neuroni non si sono scombinati troppo quando hai battuto la testa.» si presenta infine con aria annoiata il ragazzo vestito tutto di nero.
«Perdonalo, non è proprio quello che si dice un simpaticone.» ridacchia George, ma smette subito quando si accorge che non sto nemmeno lontanamente sorridendo, figurarsi ridere.
«Noi siamo tre spiriti e siamo inchiodati in questa casa dagli anni in cui è uscito il video di Thriller di Michael Jackson. Se tu seguirai alla lettera tutto ciò che ti diciamo, riuscirai a liberarci e potremo tornare umani. Una sorta di mano lava mano.» mi spiega Reece. Ha una voce così musicale e dolce che lo ascolterei leggere anche il mio epitaffio.
«Cosa ci guadagnerei io nel fare ciò che mi dite?» chiedo sospettosa.
«La versione migliore di te stessa. Io sono lo spirito del Coraggio- dice Reece indicandosi- George dell'Amore e Blake della Resilienza. Abbiamo il potere di sistemare ciò che non va nella tua vita e se tu ce lo lascerai fare noi potremo andarcene da questa vecchia casa puzzolente.»
«Ma lui era nel treno stamattina.» ribatto indicando George, che continua a fissare tutti con quel suo sorriso ebete.
«Non sappiamo nemmeno noi come sia potuto succedere.» Reece si stringe nelle spalle. «Allora, ci stai?»
«Neanche se fossimo in A Christmas Carol e voi foste gli spiriti del Natale passato, presente e futuro.» Ma per chi diavolo mi hanno presa? è meglio che la smettano subito con questa pantomima perché sto perdendo la pazienza.
«Ve l'avevo detto che questa volta ci era capitata una cogliona.» sospira Blake con arroganza, uscendo dalla cucina.
«Siete sicuri che non sia una donna col ciclo?» chiedo a George e Reece indicandolo col mento.
«Sì, abbiamo controllato.» mi risponde serio George annuendo con convinzione.
Lascio cadere l'argomento. Non ho assolutamente intenzione di sapere come hanno indagato sulla sessualità del loro amico.
«Cos'altro dobbiamo mostrarti per convincerti?» Reece fa un passo deciso in avanti e io indietreggio immediatamente, intimandogli di starmi lontano.
«Vi rendete conto di quello che state dicendo? Anzi, non capisco ancora come mai io sia ancora qui a darvi ascolto.» mi metto sulla difensiva incrociando le braccia davanti al petto.
«Possiamo dirti delle cose.» si affretta a dire George. «Cose sulla tua vita che solo tu stessa e chi ti conosce sa. Ad esempio, io so che ti sei appena mollata con un certo Dylan.»
Inarco un sopracciglio.
«Puoi fare di meglio.»
«Non vi siete mai amati veramente e lo sai perché tu in primis non hai mai pianto per lui, avuto paura di perderlo o tremato al pensiero che un giorno il vostro idillio potesse finire.»
Le parole di George riempiono la stanza con una gravità quasi materiale. Apro la bocca per ribattere, ma mentirei solo a George e Reece. In fondo, in un angolo segreto della mia coscienza che cerco di ricacciare sempre più indietro, avverto il senso di colpa di chi sa qual è la verità.
«Tu invece?» mi rivolgo a Reece. La mia voce è stridula a causa del groppo in gola che mi si è formato.«Cos'hai da dirmi?»
«Non sei quel che si dice un cuor di leone.» abbozza un sorriso.«Devo ricordarti tutte le volte che hai incolpato Camila di qualcosa che avevi fatto tu? O ti basta come esempio lo spray al peperoncino stamattina?» ridacchia.
Rimango in silenzio, arrossendo violentemente.
«Cosa mi direbbe Blake?» chiedo infine con un filo di voce.
«Direi che sei la persona meno resiliente della Terra. Direi che è imbarazzante il modo in cui un paio di frasi stomachevoli sull'amore siano bastate poco fa a farti venire un groppo in gola.» inizia ad aggredirmi Blake ricomparendo sulla soglia della cucina. «Direi che l'unico motivo per cui tu sei qui è perché i tuoi genitori hanno colto l'opportunità di liberarsi di te per un po'. Direi che sei la persona più debole e vuota che abbia messo piede in questa casa. Direi anche che incolpare il tuo modo di essere per ciò che non possiedi fa di te la persona più pigra, fragile e insicura che io abbia avuto la sfortuna di conoscere.»
«Blake, basta.» Reece gli mette le mani sul petto e lo spinge indietro.
«Piangi adesso, eh?» sbraita Blake da sopra la spalla di Reece. I suoi occhi sono infuocati. «Tu, per come sei, non meriti di vivere.»
Le sue ultime parole mi colpiscono come uno schiaffo, molto più di quelle precedenti. Sento gli occhi riempirsi di lacrime mentre Reece allontana Blake, che non oppone resistenza, e George mi guarda con un misto di pietà e commiserazione.
«Vorrei abbracciarti in questo momento.» mi dice stringendosi nelle spalle.
Gli rivolgo un mezzo sorriso mentre mi asciugo gli occhi con il dorso della mano.
«Credo che nemmeno il mio ex mi abbia mai detto una cosa così dolce.»
«Sono lo spirito dell'Amore, mon chéri, io sono La Dolcezza.» mi corregge alzando gli occhi al cielo esasperato. «Non potrei mai essere un connard come Blake.»
Lo guardo con aria interrogativa.
«Meglio se non te lo traduco.» mi fa l'occhiolino.

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Verso sera mi hanno chiamato i miei genitori e poi Camila. Reece e George mi hanno vietato categoricamente di parlare di loro e, vista la facilità con cui Blake mi ha procurato quel brutto taglio sulla mano, ho deciso di non sgarrare. Con il passare delle ore, mi sono quasi abituata alla loro presenza nella casa. Se solo usassero alcune delle loro capacità sovrannaturali per spolverare i mobili e riparare gli elettrodomestici...
«Per oggi direi che ho fatto abbastanza.» esclamo buttandomi sul divano e sollevando una nuvola di polvere.
Reece e George si guardano intorno poco convinti.
«Ma se hai solo tolto i teli dai mobili.» mi fa notare George.
«Chi va piano va sano e va lontano.»
«Sì, ma di questo passo vai e non arrivi.» mi rimprovera Reece guardando con faccia disgustata le macchie di muffa sulle pareti scrostate.
«Ragazzi, non so nemmeno da dove iniziare a sistemare questa baracca.»sospiro. «E devo pure cercarmi un lavoro.»
«Nessuno assumerà una musona, questo è sicuro.»
«Grazie George, tu sì che sai come aiutarmi.»
«Io invece sì che lo so.» interviene Reece. «Sono o non sono lo spirito del Coraggio?»
Si siede a fianco a me sul divano.
«Iniziamo con qualcosa di semplice. Quello che ti serve è un lavoro e il modo di sbarazzarti di tutti questi elettrodomestici rotti, giusto?»
Annuisco, cercando di indovinare dove vuole andare a parare.
«Be', nel caso non te ne sia ancora accorta il mondo ruota attorno a tre cose e due di queste sono i soldi e le conoscenze.» inizia a spiegarmi Reece. «Quello che devi fare è trovare il coraggio di iniziare a parlare con qualcuno qui. Facendo nuove conoscenze, è più probabile che tu riesca a trovare qualcuno disposto ad assumerti e ad aiutarti.»
«Non sembra difficile.»
«E allora perché non l'hai mai fatto?» ribatte Reece.
«Non lo so.» mi stringo nelle spalle. «Forse perché non ne ho voglia e perché non sono una persona espansiva.»
«Ti aiuterò a trovare il coraggio di uscire dal tuo guscio, d'accordo? Possiamo farcela. Se ci aiutiamo a vicenda, a settembre sarai come una tigre che salta in un cerchio infuocato. Diciamo che ora sei più un micio cieco che non riesce nemmeno a miagolare.»
«Casper, ti ricordo che almeno io posso uscire in giardino.» lo apostrofo.

Verso le sette di sera mi do un sistemata e vado di nuovo in centro, stavolta per cenare. Entro da Hamburger Queen e faccio per rintanarmi in un angolo del locale, ma ripensando alle parole di Reece faccio dietrofront e appoggio il mio vassoio sul bancone al centro della stanza.
Mi sembra quasi di essere sotto i riflettori e non sono per niente a mio agio. Mi pulisco costantemente la bocca temendo possa essere sporca di ketchup e non faccio altro che controllare l'ora sullo schermo del cellulare ogni due minuti. Quando finisco di mangiare, sono combattuta fra il tornare a casa e l'iniziare con qualcuno una conversazione imbarazzante destinata a morire dopo i convenevoli per almeno poter dire a Reece che io ci ho provato e che se sono negata nelle relazioni sociali non è colpa mia.
Con un sospiro mi accingo ad uscire dal locale, quando mi accorgo che una ragazza seduta da sola su un divanetto sta leggendo uno dei libri di mio padre. La mia mano è già sulla maniglia, ma mi costringo ad avvicinarmi alla ragazza. Rimango per un po' in piedi davanti a lei, spostando il peso da un piede all'altro, in completo imbarazzo.
«Bel libro.» indico la copertina sforzandomi di sorridere. Tanto per la cronaca, è uno dei tanti libri di mio padre che non ho mai aperto, nemmeno per sbaglio.
La ragazza alza lo sguardo fino ad incrociare il mio.
«L'hai letto anche tu?» il suo volto si illumina e inizio a sentirmi un po' in colpa.
«Certo, è fantastico.» mento spudoratamente.
«Io sono solo a metà, ma credo di aver già capito come andrà a finire. Penso che per quanto riguarda la suspense questo autore non sia il massimo.»
Spalanco gli occhi, spiacevolmente sorpresa. Mio padre è forse il più grande scrittore di romanzi thriller e horror secondo la critica e questa sempliciotta ha il coraggio di affermare il contrario?
«Forse non è per tutti. Sai, è un po' come aspettarsi che un bambino abituato ai cartoni animati possa apprezzare i film di Leonardo DiCaprio.» sbotto uscendo dal locale.
Al diavolo Reece e il suo spirito d'iniziativa.

Oh my ghost// Blake Richardson New Hope ClubDove le storie prendono vita. Scoprilo ora