Capitolo trentacinque - Epilogo.

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Capitolo trentacinque.


UN MESE DOPO.


Osservo la lapide scura e fredda davanti a me, per poi abbassarmi alla sua altezza e passarci una mano sopra, in segno di saluto. Avverto subito un nodo alla gola e gli occhi iniziano a bruciarmi. Nonostante non sia passato molto tempo, ho pensato che il dolore si sarebbe affievolito, che forse non avrei più provato quella tristezza e quella voglia di piangere che provavo nei giorni seguenti alla sua morte, e invece non è ancora accaduto. Mi sento come se mi avessero strappato una parte di me che non mi verrà mai più restituita e l'unica cosa che mi resta da fare è combattere. Combattere questo dolore che sembra voglia prosciugarmi tutta.

Calde lacrime iniziano a bagnarmi le guance mentre mi accoccolo accanto alla lapide e ci poggio la testa sopra, chiudendo gli occhi e immaginando che sia qui con me. Fa male, da morire.

Dopo minuti che sembrano ore odo dei passi che si fanno sempre più vicini, finché la persona a cui appartengono non si ferma proprio di fronte a me. Allora decido di aprire gli occhi e quest'ultima mi si inginocchia davanti, prendendo ad accarezzarmi i capelli e ad asciugarmi le lacrime che continuano irrefrenabili a scorrere sul mio viso.

«Dobbiamo andare.» Mi avvisa.

Annuisco e mi alzo, passandomi la mano sui vestiti per pulirli. Scocco un'ultima occhiata alla lapide e prendo la borsa che poco prima era stata poggiata sulla terra umida. La apro e ne estraggo dei fiori che ho comprato prima di venire qui, per poi poggiarceli sopra.

«Verrò a trovarti al più presto, Trav. Promesso.» Sorrido, mentre mi incammino verso l'auto parcheggiata davanti all'ingresso del cimitero.

«Allora, che ne dici se ti insegno a guidare?»

«Non vorrei ammazzarci.»

Jonathan scoppia a ridere, mostrandomi i denti bianchi e perfetti. La sua risata contagia anche me e ben presto mi trovo a ridere anch'io. Mi avvicino a lui e gli stampo un bacio sulla guancia, prima di accomodarmi sul sedile del passeggero e allacciarmi la cintura.

Il bruno mette in moto e imbocca un viale diretto a casa mia. Gli scocco un'occhiata, mentre non riesco a smettere di pensare a quanto sia bello e a quanto sia fortunata ad averlo al mio fianco. Mi tornano alla mente i ricordi di un mese fa, quando Jensen ha tentato di spararmi ma lui mi ha fatto da scudo, beccandosi una pallottola per me.

Ricordo di aver pensato, mentre vedevo scorrere tutto quel sangue dal suo corpo, che fosse morto. Invece, per fortuna il proiettile non ha colpito nessun organo vitale, mentre Jonathan ha centrato l'uomo proprio al cuore, uccidendolo sul colpo.

Due settimane dopo Jon è stato dimesso dall'ospedale, e finalmente siamo potuti tornare tutti alle nostre stupide, ma perfette vite monotone.

La Phillips, non appena ha realizzato che Jensen era morto, ha raccolto la pistola dalla sua mano e si è sparata in testa. Insomma, Giulietta e Romeo dei poveri.

Qualche giorno dopo, grazie a dei documenti che aveva lasciato l'uomo, Carl ha scoperto il posto in cui avevano seppellito Travis e si trattava di una vecchia fattoria abbandonata. Così hanno provveduto subito, facendolo spostare nel cimitero di Brooklyn su richiesta della madre. C'è stato anche un degno funerale per lui e credo che ne sia stato felice. Non so perché, ma dentro di me l'ho sentito.

Oggi finalmente compio diciotto anni, anche se nessuno sembra essersene ricordato. Mia madre, Thomas e Jonathan non hanno minimamente accennato alla cosa e nemmeno io, essendo che volevo lo facessero loro. Insomma, capisco che con tutto quello che è capitato una cosa così possa essere dimenticata, ma uno sguardo sul calendario avrebbero potuto darlo.

Nightmare. [COMPLETA]Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum