Capitolo diciassette.

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Capitolo diciassette.


Corro ad abbracciare il mio migliore amico e questo ricambia immediatamente, stringendomi forte a se. Mi sento così sollevata ad averlo qui con me.

Siamo fuori, non posso crederci. Dopo quasi due mesi siamo fuori. Dovrei saltare dalla gioia, eppure adesso riesco a chiedermi solamente dove andremo.

Mi guardo intorno; alle nostre spalle c'è un bosco, dovremmo andare lì? E poi?

Udiamo dei rumori provenire dal retro dell'edificio e in un attimo veniamo circondati da un gruppo di militari. Noto che attaccate ai jeans hanno delle chiavi e alcune di esse sembrano appartenere a delle auto. Forse possiamo prenderle.

Gregg si prepara ad attaccare un militare e subito lo imitiamo. Mi avvicino a uno di loro e cerco di dargli un pugno, ma questo lo evita facilmente. Tento con un calcio, ma si sposta.

Riprovo ancora una volta a mollargli un pugno, ma in risposta questo mi agguanta il braccio e me lo porta dietro alla schiena, stringendolo. Fa male. Cerco di liberarmi, ma con scarso risultato.

In lontananza vedo Jon che ne ha appena steso uno e provo a chiamarlo, ma l'uomo si affretta a mettermi una mano davanti alla bocca, impedendomi di parlare. Mi dimeno mentre mi prende in braccio e mi porta nel retro, dove vi sono delle auto parcheggiate.

Il militare mi sbatte al muro e mi tiene ferme le mani sulla testa. Nonostante cerchi di liberarmi è troppo forte.

Mi appiccica la faccia alla parete e lentamente mi si avvicina all'orecchio.

«Sei davvero una bella puttanella. Sei vergine, bambolina?» Mi ruba la pistola dai jeans e la lancia a qualche metro da noi. Poi estrae la sua e me la punta alla schiena. «Ora sta ferma.»

Con una mano mantiene le mie ben strette e con un'altra inizia a toccarmi dappertutto. Provo a urlare, ma nessuno sembra sentirmi. Cazzo, cosa faccio? Pensa, pensa, pensa, mi dico.
Mi afferra per il bacino e mi getta a terra, facendomi colpire la testa sui piccoli sassolini che ricoprono il suolo, dopodiché si mette a cavalcioni su di me, senza smettere di stringermi le mani sulla testa. Mi dimeno più che posso, provo a colpirlo con le gambe ma sembro non fargli nulla.

A un tratto mi strappa la t-shirt e sogghigna, per poi avvicinarsi di nuovo al mio orecchio.

«Sei stai ferma non ti farò tanto male.»
«Vaffanculo!» Sputo.

Con la pistola mi colpisce dritto in faccia; chiudo gli occhi a causa del dolore, ma non mi arrendo, continuo a dimenarmi e a urlare. Possibile che nessuno mi senta?

Il militare fa per abbassarmi i pantaloni, ma si ferma quando avverte qualcuno alle sue spalle. È Jon.

«Toglile le mani di dosso, adesso!» È infuriato da morire e ho visto bene cosa è capace di fare quando lo è.

L'uomo mi lascia le braccia che sono rosse attorno ai polsi. Me lo scrollo di dosso e mi alzo per raggiungere Jon.

«Ci stavamo solo divertendo.» Ride il militare.

Il bruno lo costringe a voltarsi e gli molla una ginocchiata sotto il mento, dopodiché gli ruba la pistola dalle mani e gli sferra un altro colpo nello stomaco. L'uomo si contorce dal dolore, ma nonostante ciò ha ancora la forza di rialzarsi.

Prova a scagliarsi contro Jon, ma questo è più veloce. Con la pistola lo colpisce dritto dietro la nuca e successivamente gli urla che lo ucciderà, ma sappiamo entrambi che non lo farà.

Nightmare. [COMPLETA]Where stories live. Discover now