Capitolo trentatré.

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Capitolo trentatré.


La pistola mi brucia nella mano con la quale la sto impugnando anche dopo parecchi minuti. L'eco dello sparo mi rimbomba ancora nella testa mentre Jon mi prende per un braccio e mi trascina accanto a lui. Sposto lo sguardo sulla spalla di Jensen, dove il sangue sta ancora scorrendo come un fiume in piena. L'uomo ha la testa china mentre cerca di non mostrare il dolore che sta provando, eppure scommetto che fa un male cane. Avrei potuto sparargli alla testa e ucciderlo definitivamente, ma sarebbe stato troppo rapido, mentre io voglio vederlo morire lentamente e dolorosamente. Non sono più la stessa di prima, quella che se si pungeva un dito correva subito da sua madre perché non sopportava la vista di quel sangue e quel dolore, seppure fosse una ferita da niente. Adesso sì, odio ancora la vista del sangue, ma piano piano mi ci sto abituando. Devo farlo, purtroppo. E il dolore... Allora non sapevo cosa fosse davvero il dolore fisico, l'ho capito solo dopo aver ricevuto un bel po' di calci e di pugni.

La Phillips sta ancora piangendo silenziosamente, nonostante abbia visto che non ho ucciso Jensen. Non ancora, almeno.

Jonathan le si avvicina e la costringe a guardarlo.

«Dimmi dove sono.» Scandisce ogni parola.
«No.» Pronuncia Jensen a denti stretti.

Jonathan sposta lo sguardo su di lui «Vedo che hai ancora voglia di parlare.»

«Non fargli del male, figlio di puttana!»
Il bruno afferra la Phillips per i capelli, che emette un urletto di dolore «Non osare parlare di mia madre!»

«Jon.» Gli poggio una mano sul braccio per farlo calmare.

Odia quando qualcuno parla di sua madre, soprattutto se ha solo cose brutte da dire sul suo conto. Ovviamente quello che ha detto la dottoressa non è vero per niente e questo lo fa infuriare ancora di più.

Mi scosta la mano e va dritto verso Jensen. L'uomo alza la testa nel momento in cui Jon gli si mette di fronte e lo guarda.

«Se non mi dici dove sono l'ammazzo, giuro che lo faccio!» Gli urla in faccia, riferendosi alla Phillips.

«Come hai ucciso tua madre?» Sogghigna l'uomo.

Jonathan gli sferra un pugno sul naso. Poi mi chiede di passargli il pugnale di mio padre e non me lo faccio ripetere due volte. Lo afferra saldamente e piano piano lo infila nella spalla di Jensen, proprio dove l'ho sparato. Gli trema la mano, ma non smette. Il sangue continua ad uscire e ha inzuppato tutto i vestiti dell'uomo, che adesso sta gridando dal dolore.

«Vuoi che continui?» Chiede alla donna al suo fianco, che adesso sta piangendo ancora più forte. Lei non risponde.

Jonathan continua col suo "lavoro", mentre io mi avvicino alla dottoressa che sembra sia sussurrando qualcosa. Non appena comprendo quello che sta dicendo ordino al mio migliore amico di fermarsi. Estrae il pugnale dalla spalla di Jensen velocemente, per procurargli ancora più dolore e si avvicina a me.

«Al... al terzo piano c'è una porta nascosta.»

«No, Jennie. Non farlo.» La supplica Jensen, ma questa non gli presta alcuna attenzione. 

«Prendete l'ascensore e dopo percorrete il corridoio a sinistra. Vi porterà dritti verso una parete e poi dovrete solo premere un pulsante sul cellulare di Jensen. Questo vi consentirà l'accesso. Ci saranno due rampe di scale, scendetele entrambe finché non vi ritrovate nel sotterraneo. Si estende quasi per tutta la città ed è lì che si trovano le vostre famiglie.»

Io e Jon ci guardiamo subito, dopodiché quest'ultimo si avvicina a Jensen e gli estrae il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Si avvicina alla Phillips e questa gli mostra come fare ad azionare il pulsante, mentre il bruno preme tasti su tasti.

Nightmare. [COMPLETA]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt