Capitolo Cinque

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La mattina seguente mi sveglio con una strana sensazione addosso. Allungo la mano per cercare Nicholas, ma lui non c'è. Mi tiro su dal letto e vado a cercarlo in sala. Non c'è. Volatilizzato. In compenso c'è un biglietto accanto alla rosa rossa che mi ha dato ieri.

Sono dovuto scappare, scusami. Ricordati il colloquio. Alla libreria qui all'angolo alle tre. Ti chiamo. N.

Mi siedo con un tonfo sul divano, il biglietto stretto tra le mani. Magari ha avuto un impegno improvviso e non voleva svegliarmi. Ma a chi voglio darla a bere? Lo sapevo che non mi sarei dovuta fidare di lui. Ha avuto quello che voleva ed è scappato a gambe levate. È riuscito a farmi innamorare di lui prima, il bastardo! Non dovevo farlo entrare nella mia vita. Ora mi sento uno schifo, mi sento solamente usata. Devo levarmelo dalla testa. Mi faccio una doccia per togliermi il suo odore di dosso. Non riesco però a farlo uscire dai miei pensieri. È più forte di me, non ce la faccio. Mi preparo per il colloquio e alle tre precise sono davanti alla libreria. Ho fatto il giro da dietro per non dover passare davanti al supermercato, non avevo voglia di vederlo.
«Tu devi essere Emma.», dice una voce alle mie spalle. Proviene da un uomo sulla settantina dall'aria simpatica, terribilmente magro e pochi capelli candidi.
«Sì, sono Emma.», cerco di sfoggiare il mio miglior sorriso.
«Entra pure, io sono Enrico.», si presenta lui.
«Piacere di conoscerla.», gli stringo la mano che mi sta offrendo.
«La bella signora lì alla cassa è mia moglie Elsa.».
«Ciao cara.», mi saluta.
Ricambio con un cenno della mano.
«Nicholas mi ha detto che ami leggere.», mi informa Enrico entrando in un piccolo ufficio sul retro.
Annuisco.
«Se ti interessa, posso farti fare una settimana di prova e vediamo come va.», propone.
«Mi piacerebbe molto.», gli dico felice.
«Bene allora. Vieni qua domani mattina alle otto. Ti presento anche gli altri due ragazzi che lavorano qui con noi.», mi stringe nuovamente la mano e torniamo in negozio.
«A domani allora.», saluto uscendo in strada.
Per qualche minuto non ho pensato a lui, ma quando Enrico lo ha nominato, il mio stomaco ha fatto le capriole. Dovrei essere felice per avere finalmente un lavoro, invece mi sento svuotata. Una volta a casa, mi siedo sul divano, gambe incrociate e cellulare in mano. Sto delle ore in quella posizione, ma lui non chiama. Non chiamerà mai più. A quanto pare faccio scappare gli uomini alla velocità della luce. Probabilmente, se Mattia non fosse stato così pigro, se ne sarebbe andato molto prima. Resterò da sola per il resto della mia vita, ne sono certa.
Alle undici vado a dormire, devo essere bella carica per andare in libreria. Peccato non riesca a chiudere occhio. Ho stretto al petto tutta notte il cuscino dove aveva dormito lui, inebriandomi del suo profumo. Mi manca, mi manca tremendamente. Faccio una doccia gelata, forse riesco a riprendermi un po'. Non funziona.
Meglio andare al lavoro, se faccio qualcosa, smetterò di pensare a lui, o almeno lo spero tanto.
Alle otto sono davanti all'ingresso della libreria. Anche questa volta sono passata da dietro per evitare incontri non desiderati. Qualche minuto dopo arriva una ragazza poco più che ventenne, mora, occhi scuri e un paio di occhiali dalla montatura grande.
«Sei Emma?», mi chiede scrutandomi.
Annuisco.
«Mi chiamo Jessica.», si presenta.
«Piacere di conoscerti.», le dico.
Apre la porta con il suo mazzo di chiavi ed entriamo.
«Enrico è mio nonno.», mi spiega. «Lavora anche mio cugino con noi. Dovrebbe essere qui da un momento all'altro.».
Accende tutte le luci e l'insegna.
«Ciao Jessica!», saluta una voce maschile alle mie spalle.
«Si parla del diavolo.», dice allegra.
Non può essere vero! Il rompiscatole del treno no!
«Ma guarda chi si rivede!», il suo sguardo s'illumina all'improvviso.
Sembra davvero felice di vedermi, io un tantino meno.
«Vi conoscete già?», chiede Jessica sorpresa.
«Ci siamo conosciuti in treno l'altro giorno.», risponde senza togliermi gli occhi di dosso.
"Purtroppo.", dico tra me e me. La sfiga ci vede bene a volte.
«Emma, giusto?».
«Giusto.», mi mostro cortese.
«Ho pensato spesso a te in questi giorni.», ammette maliziosamente.
Ma è normale?
«Non avevi altro di meglio da fare?», sbotto acida. Questo ragazzo riesce a irritarmi.
«Era la cosa migliore potessi fare.», mi sorride raggiante.
Non è un brutto ragazzo, capelli scuri corti, occhi verdi, potrei essere lusingata dalla sua pseudo corte, ma sinceramente ne posso fare volentieri a meno. Ho qualcun altro impresso nella mia mente.
«Lasciala stare Davide, non vorrai farla scappare via ancora prima di iniziare, vero?», lo rimprovera suo nonno.
È arrivato Enrico ed è venuto immediatamente in mio soccorso. Lo ringrazio con lo sguardo.
«Vieni che ti faccio vedere un po' di cose.», dice facendomi segno di seguirlo. Mi sento ancora gli occhi di Davide puntati addosso.
Enrico mi fa vedere dove si trovano le varie cose, come sono ordinati i libri. Mi spiega come devono essere sistemati e tutto quello che devo sapere per cominciare.
«Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiedi pure ai quei due lazzaroni.», indica i suoi nipoti con un cenno del capo.
«Grazie mille.», gli dico.
Jessica mi raggiunge dopo una ventina di minuti, sto riordinando dei libri di cucina appena arrivati.
«Mio cugino non fa altro che guardarti. Mi sa che è cotto di te.», m'informa a bassa voce.
Mi dà una mano a tirare fuori i libri dallo scatolone.
«Non sono interessata.», le faccio notare.
«Hai un ragazzo?», chiede curiosa.
«Nessun ragazzo.», penso un attimo alla risposta da darle, ma alla fine questa è l'unica possibile. Alla fin fine Nicholas non è mai stato il mio ragazzo.
«Che fine ha fatto il tuo amico?».
Davide ci ha raggiunto e non mi ero accorta della sua presenza.
«Non sono affari tuoi.», rispondo dandogli le spalle per prendere un altro scatolone. Pesa tremendamente e non riesco a sollevarlo.
«Aspetta che ti aiuto.», arriva in mio soccorso e alza lo scatolone come se fosse vuoto.
«Grazie.», gli dico.
«Figurati.», mi sorride e mi sposta una ciocca di capelli dagli occhi. Questo gesto mi ha colto impreparata.
«Se hai ancora bisogno di aiuto, sono in magazzino.».
«Emma, posso dirti una cosa? È proprio cotto.».
Jessica ha seguito tutta la scena ridendosela sotto i baffi.
La guardo in cagnesco.
«A me non ha mai dato una mano con gli scatoloni. Non me l'avrebbe data neanche se glielo avessi chiesto in ginocchio!», borbotta.
La giornata scorre veloce. Mi diverto a curiosare tra i vari volumi, chiacchiero molto con Jessica, è davvero una ragazza in gamba e molto simpatica, credo andremo d'accordo. Davide ha continuato a darmi una mano quando ne avevo bisogno, è stato gentile e non mi ha dato più di tanto fastidio. Quando sto per andarmene, mi raggiunge di corsa.
«Lo so che non sono affari miei, ma io non ti avrei mai lasciato andare.», mi dice serio.
«Non mi conosci nemmeno.», gli faccio notare con un sorriso sghembo.
Saluto Jessica con la mano e vado per la mia strada.
Lui è dall'altra parte della strada e mi sta osservando con le mani in tasca, appoggiato a un albero. Mi fermo di scatto. Ha l'aria triste. Vorrei urlargli che è un bastardo, ma non ci riesco. Amo quel bastardo, purtroppo.
Ricaccio indietro le lacrime e m’incammino verso casa.
Perché era lì? Perché non si fa più sentire e poi si presenta lì quando esco dal lavoro? Magari non era lì per me ed era solo un caso che si trovasse in quel posto. Mi ha fatto male vederlo. Anche questa volta sono stata abbandonata senza una spiegazione, dovrei esserci abituata e, invece, non lo sono affatto.
 

È finita la settimana di prova, ed Enrico sembra essere soddisfatto del mio lavoro.
«Se ti va, puoi restare. Mi piacerebbe assumerti.», mi dice prima di uscire dal negozio.
«Ne sarei felice.», commento commossa.
«Benvenuta in famiglia allora.», ride allegro e mi abbraccia.
Davide ci raggiunge e mi abbraccia anche lui.
«Sono così contento.», sussurra affondando il viso tra i miei capelli.
Quando mi stacco da lui, mi bacia sulla guancia. Rimango imbambolata, non per il bacio: Nicholas è di fronte alla vetrina del negozio, mano nella mano con una tipa altissima e magrissima. Lei gli sta parlando, ma lui ha gli occhi fissi su di me. Mi manca il respiro. Una lacrima riga il mio viso. Corro via come una pazza, non sopporto vederlo con un'altra. Bastardo! Doveva proprio sbattermela in faccia?
«Dove corri?».
Davide mi segue e riesce a raggiungermi. Mi afferra per un braccio, mi attira a sé e mi abbraccia forte.
«Che cosa succede Emma?», chiede dolcemente.
Mi accarezza i capelli mentre piango sulla sua spalla.
«Andrà tutto bene.», sussurra.
«No, non andrà tutto bene.», farfuglio tra le lacrime.
«Era lui, vero?», il tono della sua voce non nascondeva la sua tristezza.
Annuisco.
Mi porge un fazzoletto, posa una mano sul mio viso.
«Lo ami?».
Annuisco di nuovo.
La delusione sul suo volto è ben visibile. Avrebbe voluto avere almeno una possibilità con me, ma non posso dargliela, lo prenderei soltanto in giro.
«Mi è venuta un'idea.», mi dice concentrato sulla mia bocca.
Lo guardo confusa.
«Ti va di farlo ingelosire? Passa del tempo con me Emma.», propone serio.
«Davide, non mi sembra il caso.», scuoto la testa con decisione.
«Lo so che non sei interessata a me.», sospira sconsolato.
«Ti faresti solo delle illusioni. Non mi va di ferire anche te, sono già ferita io abbastanza per entrambi.», gli faccio notare.
Mi siedo su una panchina, e lui si mette accanto a me. Mi prende la mano e intreccia le sue dita alle mie, lo sguardo fisso sulle nostre mani unite.
«Mi piaci davvero Emma. Stare con te per finta è comunque meglio di non stare con te affatto.», cerca il mio sguardo e mi sorride. «Prometto che non forzerò la mano.».
«Ci penserò su.», gli concedo alla fine.
«Fallo davvero però.».
Mi mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Si alza e mi offre le mani per aiutarmi ad alzarmi.
«Vieni che ti accompagno a casa.», mi passa un braccio intorno alle spalle e mi avvicina a sé.
Mi sento uno schifo, probabilmente mi sarei sentita anche peggio se Davide non fosse venuto in mio soccorso.
Sto pensando seriamente alla sua proposta. Da una parte mi sembra una follia, dall'altra sembra quasi geniale. Qualcuno, però, si farà male ed io non voglio che questo accada. Allo stesso tempo Nicholas mi ha spezzato il cuore presentandosi lì con quella tipa. Non so se serva a qualcosa ingelosirlo, in fin dei conti non so nemmeno cosa provi veramente per me. Magari voleva solo portarmi a letto e ha mentito sulla storia della lista. Di sicuro si era accorto dell'effetto che aveva su di me, le conosce bene queste cose. Fanculo Nicholas, io lo faccio. Se lo merita per il male che mi ha fatto.
Mando un messaggio a Davide.
Ci sto! Ci vediamo domani al lavoro.
Mi risponde due minuti dopo.
Non sai quanto tu mi abbia reso felice. A domani.
Operazione Ingelosire Nicholas cominciata. Okay, dopo questa affermazione, posso essere certa di aver perso la ragione.

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