Capitolo Uno

29.1K 577 62
                                    

«Non ne posso più di tutte le tue dimenticanze! Non ne posso più di te!», urla Mattia prima di sbattere la porta di casa e andarsene.

Tornerà mi sono detta. Deve tornare per forza. Sono passati sei mesi da quella sera, e lui non è mai tornato. Dovrei mettermi il cuore in pace e andare avanti. Non so se posso farcela. Non so più niente. Quella sera mi è crollato il mondo addosso. Ancora oggi non capisco cosa sia successo per farlo scappare via in quel modo. Non ci trovo un senso, e questo mi rende ancora più triste. Che cosa ho fatto per farlo scappare senza una spiegazione? Va bene, non sono mai stata la ragazza perfetta. Non sono un granché in cucina, non amo passare l'aspirapolvere, non sono proprio una casalinga modello. Piuttosto di sistemare casa, passo intere giornate a leggere libri, soprattutto quando fuori piove. Non ne posso più di te è stato come un pugno in pieno viso. Non avevamo mai litigato così furiosamente. Probabilmente non avevamo mai nemmeno avuto un vero e proprio litigio in un anno di convivenza. Non ho fatto niente per trattenerlo e me ne rammarico. Sono rimasta impietrita a fissare la porta che si chiudeva dietro di lui, nemmeno una lacrima versata.

«Scusi.», dice una voce accanto a me.

Un commesso del supermercato sotto casa mi ha urtato con uno scatolone nel passare.

«Le ho fatto male?», chiede cortesemente.

«No, sto bene. Dovrei essere io a scusarmi, ero sovrappensiero.», rispondo mestamente.

Ho una scatola di surgelati in mano e non ricordo nemmeno di averla presa. Pensare a Mattia e a quella sera mi ha mandato in tilt.

«Sicura di stare bene?», domanda corrugando la fronte.

Deve essere nuovo, non l'ho mai visto lavorare qui. Abito nell'appartamento qui sopra da due mesi, ho dovuto lasciare quello che condividevo con lui. Ho cambiato pure città, non mi sentivo più a mio agio lì. Non so cosa fare della mia vita al momento e non conosco ancora nessuno in questo posto.

Il commesso, sulla quarantina, occhi color nocciola, un metro e ottanta, un bell'uomo tutto sommato, mi sta ancora osservando. Credo stia aspettando ancora la risposta a una domanda che a quanto pare non ho nemmeno sentito.

«Scusi, cosa mi aveva chiesto?», chiedo confusa.

«Ho chiesto se è sicura di stare bene.», ora sembra piuttosto divertito.

«Sto bene, grazie.», lo rassicuro abbozzando un sorriso.

«Se ha bisogno di qualsiasi cosa, mi trova in giro.».

Mi sorride cordiale e si allontana con i suoi scatoloni.

Ha il sedere più bello che io abbia mai visto.

Si gira all'improvviso e si accorge che lo sto fissando. Mi sorride nuovamente per poi tornare al suo lavoro. Mi sento avvampare. Che figura! Abbasso lo sguardo e noto che sto gocciolando a terra. Il pacco di surgelati che ho in mano, ormai non è più tanto surgelato.

«Aspetti che vengo ad asciugare.».

Me lo trovo accanto senza neanche rendermene conto, uno straccio nella mano.

«Non vorrei scivolasse e si facesse male.», mi dice.

«Mi dispiace tanto.», mugugno. Sono rossa dalla vergogna e vorrei sprofondare.

«Sono cose che capitano.».

Deve smetterla di sorridermi in quel modo, mi sta dando alla testa.

«Guardi il lato positivo, ha già la cena pronta.», mi fa notare bonariamente.

Si dilegua in uno stanzino, e io rimango lì imbambolata, con i miei bastoncini di pesce scongelati in mano. Devo darmi una mossa e tornarmene a casa. Per oggi ho già fatto la figura dell'idiota e può bastare. Pensare ancora a Mattia causa solo casini. Avere sempre la testa tra le nuvole, poi, aiuta ancora meno. Vado alla cassa e pago le due cose che ho preso. Esco in fretta e raggiungo la porta di casa. Frugo nella borsa in cerca delle chiavi. Dove diavolo sono finite? Appoggio la borsa sul corrimano per cercare meglio. Niente da fare, sono scomparse. Le avrò lasciate in casa? Cavolo, non lo ricordo proprio. Appoggio la testa sul corrimano sconsolata. E ora come faccio ad entrare in casa?

Quello che amo di teWhere stories live. Discover now