Capitolo Tre

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Chi cavolo è che mi chiama a quest'ora? Guardo l'orologio e segna mezzogiorno. Ho dormito così tanto? Non è da me. Quando riesco a tirarmi su, mi rendo conto che non è il telefono a squillare ma il campanello.
«Sì?».
«Una consegna per la signora Emma.», m'informa la voce dall'altra parte della cornetta.
Una consegna? Io non ho ordinato niente.
«Ci deve essere un errore.», dico tranquilla.
«Nessun errore. Glieli lascio davanti alla porta.».
Mi lascia cosa? Metto le ciabatte e scendo di sotto. Davanti alla porta c'è un mazzo di fiori bellissimo, non possono essere per me. Il fattorino deve avermi confuso con qualcun altro. Nel biglietto attaccato c'è però scritto il mio nome. Apro la porta e raccolgo il mazzo di fiori. Mai vista una composizione così bella. Lo porto in casa e lo metto in un vaso. Apro il biglietto.

Grazie per la bellissima serata. Non vedo l'ora sia stasera. Nicholas

Oh mio Dio, sto sorridendo, non è un bel segnale. Annuso i fiori e ripenso alla scorsa sera. Soprattutto penso a lui, a quel suo sedere perfetto, a quei muscoli sotto la maglia attillata, a quella bocca..che cavolo sto facendo! Emma riprenditi! Vado a sciacquarmi la faccia sotto l'acqua fredda. Rimiro il livido sulla fronte. È ancora lì bello in vista. Nemmeno oggi a caccia di lavoro. Andrò in farmacia a chiedere cosa posso fare perché passi più in fretta, se esiste qualcosa.
Passo il resto della giornata a ciondolare in casa. Controllo l'ora ogni cinque minuti, ma così il tempo non passa più in fretta. Alle sei decido di andare a farmi la doccia e prepararmi. Cosa indossare stasera? Svuoto il contenuto dell'armadio sul letto. Com'è possibile che non ho niente di decente da mettermi? Panico! Comincio a camminare su e giù per la stanza nervosamente. Fra poco lui sarà qui e io non so ancora cosa indossare! Panico tremendo! Rovisto di nuovo tra i vestiti, magari mi è scappato qualcosa. Sempre la solita ottimista!
Il campanello? Di già? Oh mio Dio! Ora cosa faccio. Mi affaccio alla finestra.
«Dammi cinque minuti.», urlo nella sua direzione.
«Tutto il tempo che vuoi Emma.», mi rassicura.
Un'espressione divertita stampata in volto.
Cazzo! Mi sono presentata in reggiseno alla finestra! Non ho parole, sono un caso disperato. Metto al volo una gonna nera e una canottiera rosa chiaro. Mi pettino alla buona e mi trucco appena. Venti minuti dopo sono giù.
«Scusa se ti ho fatto aspettare.», gli dico mortificata.
«Valeva la pena aspettare.», commenta con un angolo della bocca sollevato all'insù.
Mi sta osservando con interesse.
«Dopo lo spettacolo meraviglioso di prima, ho aspettato molto più volentieri.», aggiunge.
Ho il viso in fiamme, me lo copro con le mani per la vergogna.
«Faccio la figura della scema tutte le volte che ti vedo.», borbotto.
Mi prende le mani e mi scopre il viso.
«Adoro quando arrossisci in quel modo.», mormora dolcemente.
«Non vengo a letto con te comunque.», incrocio le braccia al petto.
Ride e mi bacia la guancia.
«Lo so Emma, ma non mi piaci di meno per questo.», mi sussurra all'orecchio.
Capisco perché può avere tutte le donne che vuole, è davvero irresistibile. Non sono una che cede facilmente alle tentazioni però. Non gliela servirò su un piatto d'argento!
«Grazie per i fiori, sono bellissimi.».
Le nostre mani sono ancora unite, ed è una bella sensazione.
«Sono felice ti siano piaciuti.».
Quel suo sorriso mi fa impazzire.
«Andiamo?», mi chiede poi.
Sono talmente incantata a guardarlo che non riesco più nemmeno a parlare.
«Dove mi porti stasera?», domando dopo essermi ripresa un attimo.
«Stavo pensando di portarti al mare.», risponde serio.
«Al mare?», sbotto incredula.
Devo aver capito male.
«Sì, al mare Emma.», conferma.
«Ma è a più di due ore da qui!».
Si è per caso rincretinito?
«Ho la casa lì, possiamo rimanere a dormire.», scrolla le spalle.
Lo guardo di traverso.
«C'è anche il divano, non ti preoccupare.», mi rassicura.
Non ti preoccupare, non ti preoccupare. Più facile a dirsi che a farsi. Non gli sembra un po' presto per portarmi alla sua casa al mare? È la nostra seconda uscita, e dubito non abbia un secondo fine. Allo stesso tempo muoio dalla voglia di andarci. Sono secoli che non respiro un po' di aria salmastra.
«Comunque dove dobbiamo andare è un po' più lontano.», afferma quasi per caso.
Lo guardo senza capire.
«La mia casa si trova in Toscana.».
«Ma sei fuori di testa?», sbotto acida.
Lascio andare le sue mani e gesticolo come un pazza.
«Forse un po'.», dice scrollando le spalle. «Ti va di venirci?».
Quel suo tono dolce e allo stesso tempo sexy non mi fa ragionare come dovrei.
«Sì.», gli concedo alla fine. Come avrei potuto rifiutare un invito così gentile. Lo so che me ne pentirò, ma non in questo momento.
«Come mai in Toscana?», chiedo curiosa dopo essere entrati in autostrada.
«I miei nonni erano di Livorno e quando sono morti, la casa è rimasta a noi.», risponde senza togliere lo sguardo dalla strada.
«Ci andate spesso?».
«Non quanto vorremmo. I miei non vanno più da anni, e io sono sempre impegnato con il lavoro.».
È concentrato alla guida, ma ogni tanto sento il suo sguardo su di me.
«Sei mai stata in Toscana?», mi chiede dopo un po'.
«No, mai. Mi sarebbe sempre piaciuto però.», gli confesso.
Guardo fuori dal finestrino. L'aria condizionata nella macchina mi fa venire un po' di sonnolenza.
«Sei stanca?», domanda vedendomi sbadigliare in continuazione.
«È l'aria condizionata che mi fa questo effetto, scusami.», lo rassicuro.
Sono passate un paio di ore da quando siamo partiti, e comincio ad avere appetito.
«Avrei un po' di fame.».
«Che stupido, scusami. Ero così emozionato all'idea di partire con te che mi sono scordato della cena.», si batte una mano sulla fronte.
«Non fa niente, non ho grosse pretese.».
«Credo di essermi portato dietro dei bastoncini di pesce.», mi prende in giro.
Lo guardo di traverso, e lui scoppia a ridere.
«Vuoi la verità? Non mi piacciono nemmeno!», gli dico.
Mi unisco alla sua risata.
«Neanche a me.», posa una mano sulla mia e aggiunge: «Ti va un panino? Ho preso del pane e del prosciutto al supermercato.».
«Va benissimo.».
Cerco di togliere la mano da sotto la sua, non vorrei si facesse strane idee. Lui me la lascia andare trattenendo un sorriso. Ci fermiamo in un'area di servizio, ne approfittiamo per andare al bagno e fare benzina. Ci sediamo su una panchina a mangiare il nostro panino. Ho saltato il pranzo anche oggi e non ne potevo più. Ultimamente mi capita spesso di dimenticarmi di mangiare e non va bene.
«Sei mai stato innamorato?», domando a bruciapelo.
Smette di mangiare il panino e si gira a guardarmi.
«Perché questa domanda?», chiede inarcando un sopracciglio.
«Era così, tanto per fare conversazione.», scrollo le spalle e lo guardo con aria da innocentina. Non se la beve però.
«Per fare conversazione, di solito si parla del tempo.», mi fa notare.
«Se non hai voglia di rispondermi non serve che tiri fuori un sacco di scuse.», dico dando un morso al panino.
«Non ho mai detto questo.», farfuglia.
Continua a fissarmi e mi sta mettendo a disagio.
«Meglio rimettersi in viaggio.», mi alzo dalla panchina e butto il tovagliolo nel cestino lì accanto. Mi incammino verso la macchina. Quando mi giro lui è ancora seduto sulla panchina. Mi osserva e ride.
«Ti faccio così tanto ridere?», domando con un sorriso.
Si alza e mi raggiunge.
«Mi fai impazzire.», sussurra.
Mi sfiora la guancia con le dita, e sento di nuovo quel brivido lungo la schiena.
«Nel senso che ti faccio diventare matto?», gli metto il broncio.
«Anche.», ammette.
Mi bacia sulla guancia e mi apre la portiera della macchina.
Il viaggio è piacevole con lui. Non parliamo molto, ma non mi dispiace affatto. Non è un silenzio imbarazzante. Ogni tanto mi sfiora la mano facendo finta di niente, io fingo di non accorgermene. In fin dei conti quel contatto mi piace molto.
Arriviamo a Livorno verso le undici, c'è un sacco di gente in giro. Troviamo un posto dove mettere la macchina e scendiamo a sgranchirci.
«Ti va di fare una passeggiata prima di raggiungere l'appartamento?», chiede allacciandosi la scarpa che si era slacciata durante il viaggio. Piede sul marciapiede, sedere rivolto a me. Lo fa apposta, ne sono quasi certa.
«Va bene, sono tutta incriccata dopo tutte quelle ore in macchina.».
Mi stiracchio e sono uno scricchiolio unico. Anche lui lo nota.
«Non ti starai spezzando, vero?».
«Spero di no. Sono ancora giovane per perdere pezzi per strada!», gli dico.
«A proposito, lo sai che non mi hai mai detto la tua età?», incrocia le braccia al petto e mi fissa divertito.
«Forse perché non me l'hai mai chiesto.», gli faccio notare.
«Quanti anni hai?», domanda allora.
«Non si chiede mai l'età ad una signora.», lo prendo in giro, «Posso solo dirti che sono maggiorenne. In effetti già da un po'.».
Gli volto le spalle e comincio a camminare.
«Emma, dobbiamo andare dall'altra parte.».
Ooops! Volevo fare la figa, e invece..
Mi porta in una terrazza con vista sul mare, c'è una bella brezza. Respiro a pieni polmoni e quasi soffoco! Un tizio che passava proprio in quel momento mi intossica col fumo della sua sigaretta.
«Stai bene?», mi chiede Nicholas preoccupato.
«Credo che un polmone sia andato!», esagero sempre, lo so.
«Vuoi che lo insegua e lo picchi?».
Lo dice pure con aria seria.
«No, dai, risparmialo per questa volta.», trattengo a stento una risata.
«Solo per questa volta però.», commenta lui divertito.
Passeggiamo per un'oretta, fermandoci di tanto in tanto a osservare la luna che riflette sull'acqua. È davvero un posto incantevole.
«Domani se ti va possiamo fare anche il bagno.», dice guardando le stelle.
«Non ho il costume. In effetti nemmeno lo spazzolino, vestiti di ricambio..»
Non mi lascia finire.
«Ho capito.», sbotta ridendo. «È come se ti avessi rapita.».
«Più o meno.», alzo le spalle con un sorriso.
Chiudo gli occhi e provo a respirare di nuovo a pieni polmoni. Questa volta è una delizia.
«Spero non sia pentita di essere venuta qui con me.», sembra aver paura della mia risposta.
«Per il momento non ancora.», lo rassicuro.
Lo guardo negli occhi e gli sorrido. L'ansia si trasforma in sollievo e in un sorriso degno della pubblicità di un dentifricio.
«Se sei stanca andiamo.».
Annuisco.
L'appartamento non è molto lontano da dove abbiamo lasciato la macchina. C'è un piccolo angolo cottura, un salottino con un divano, una vecchia TV e un tavolo, un bagno e una camera con un letto a due piazze. Si vede che non viene usato da un po'. A quanto pare lui si rende conto che sto osservando tutto con occhio critico.
«La donna delle pulizie si è licenziata anni fa.», dice aprendo le finestre per far passare un po' di aria.
«La mia è in ferie da una vita.», affermo.
Mi guarda appoggiato al davanzale della sala, le sopracciglia aggrottate.
«Non hai mai visto il mio appartamento, non puoi capire.», faccio una smorfia.
C'è anche un piccolo terrazzo, da lì si vede il mare. Mi siedo su una vecchia seggiola e chiudo gli occhi. Com'è rilassante questo posto.
«Sembri felice.», commenta al mio fianco.
«Lo sono.».
Mi godo quella pace, ma mi sto quasi addormentando. Nicholas ora è davanti a me e mi sta osservando. È così bello da togliermi il respiro, sto arrossendo di nuovo. Distoglie lo sguardo e scuote la testa. Il suo sorriso distintivo stampato in viso.
«Che c'è?», gli chiedo aggrottando la fronte.
«Niente.».
Quel suo niente vuole dire tante cose. Lo percepisco dal tono della voce, dal suo sguardo. Se continua così sarà dura resistergli.
«Hai qualcosa che posso mettermi per dormire?», domando abbassando lo sguardo.
«Io un'idea ce l'avrei, ma non credo ti piacerebbe.», ammicca.
«Dormi sul divano stanotte, vero?», lo guardo di traverso e sorride.
«Se è questo quello che vuoi.».
Ha capito che non otterrà niente stasera. Andrò a dormire vestita, così almeno non si potrà fare illusioni.
«Buonanotte Nicholas.».
«Notte Emma.».
Mi incammino verso la camera e mi stendo sul letto. Sono talmente stanca che credo crollerò in un attimo. Venti minuti dopo ho ancora gli occhi spalancati. Fa un caldo assurdo qui dentro. Non riesco a dormire vestita. Mi spoglio e rimango in mutande e reggiseno. Così va molto meglio. Mi stavo quasi addormentando quando sento dei rumori alla porta.
«Stai dormendo?», sussurra Nicholas.
«Ci stavo provando.», borbotto.
Per fortuna è buio, e non vede che sono mezza svestita.
«Il divano mi sta massacrando la schiena.», piagnucola.
«Mi dispiace.».
«Posso farti compagnia? Prometto di non sfiorarti nemmeno con un dito.», m'implora.
Ci penso su un attimo. Sinceramente non mi dispiacerebbe averlo qui con me. Sospiro.
«Guarda che me l'hai promesso.».
Si sdraia accanto a me, gli volto le spalle. Lo sento vicino, troppo vicino. Riesco a sentire il suo respiro sul mio collo, e qualcos'altro sulla mia coscia attraverso i boxer. Oh mio Dio!
«È quello che penso io?», chiedo vergognandomi tremendamente.
«Credo di sì.», risponde lui.
Mi bacia la spalla nuda. No, no, non va bene così.
«Non so se dovrei sentirmi offesa o lusingata.», farfuglio nervosa.
«Spero la seconda.»
Mi passa un dito lungo la spina dorsale, facendomi venire voglia di girarmi e saltargli addosso.
«Nicholas! Smettila o te ne torni sul divano.», lo ammonisco.
«Scusami.».
Mi bacia sulla nuca e si gira dall'altra parte per non cadere di nuovo in tentazione.
«Ne ho trentadue comunque.», gli dico dopo minuti d'imbarazzante silenzio.
«No, non sono mai stato innamorato fino in fondo.».
Mi giro a guardarlo, e si volta anche lui, i nostri sguardi si incontrano.
«Non ho mai amato nessuna donna con la quale sia stato.».
Mi sfiora le labbra con le dita.
«Non avevo ancora conosciuto te.», aggiunge.
«Le tue tecniche da seduttore seriale non funzionano con me.», gli faccio notare.
Funzionano eccome, ma non gliela darò questa soddisfazione.
«Me ne sono accorto.», sospira.
Quanto vorrei passare la notte con lui. Sto facendo una fatica tremenda a trattenermi. È troppo presto, quasi non lo conosco. Mi rimetto su un fianco e sospiro.
«Dormi bene Emma.», mormora.
Mi sfiora il collo con le labbra e si gira anche lui.
Credo di averci impiegato due secondi ad addormentarmi con lui accanto. Mi mancava avere un uomo nel mio letto, anche se non abbiamo combinato niente.

Quello che amo di teWhere stories live. Discover now