Il momento dello scambio (parte seconda)

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"Voglio venire anch'io!" esclamò Aura, lo sguardo perso nel vuoto.

"Intendi nel luogo dell'appuntamento? Non se ne parla nemmeno. È troppo rischioso, è meglio che tu rimanga in commissariato."

La donna scosse la testa e si staccò da lui. "Non sei nessuno per dirmi cosa devo fare! Mio figlio è in pericolo e non ho alcuna intenzione di aspettare con calma il suo ritorno. Non appena Pip mi vedrà, si tranquillizzerà. Saprà di essere al sicuro e che in poco tempo sarà salvo. Se io non ci fossi, lui potrebbe compiere qualche pazzia. Lo conosco, sono sua madre!"

Ben cercò di calmarla: "Ti prego, ascoltami. Io mi auguro che vada tutto per il verso giusto, ma non posso esserne certo. È pericoloso che un civile assista a uno scambio del genere."

Aura si toccò più volte il petto. "Non sono una sconosciuta, sono sua madre! E tu, Ben, non hai alcun diritto di vietarmi di seguirti! Ti prometto che mi comporterò bene: niente iniziative avventate."

Il commissario sorrise malinconico. "Non ti arrendi mai, eh?"

"Non quando si tratta di mio figlio, della mia vita. Non posso rimanere in commissariato, morirei dall'ansia" concluse Aura, guardandolo negli occhi.

Insieme decisero di recarsi nella zona in cui il radar aveva avvistato il mezzo.

Il commissario chiese all'impiegato di fornirgli una lista delle persone che avrebbero dovuto essere presenti sull'aeroplano.

Poco dopo, in macchina, la madre di Pip guardò il foglio e lesse il nome del copilota, Zac Couphaanh.

Sul luogo dell'avvistamento non trovarono alcun indizio.

***

Un rumore improvviso destò il poliziotto dai preparativi per l'imminente scambio.

Il commissario alzò lo sguardo e incrociò il volto arcigno del suo capo.

"Credevo di essere stato chiaro!" esclamò il suo superiore, chiudendo la porta dietro di sé con un colpo che fece tremare i vetri della finestra.

Ben si spaventò per quel gesto: gli aveva promesso che sarebbe andato tutto per il verso giusto, ma non era riuscito a mantenere la sua parola. E quello non era tollerabile per il suo capo, che non perdonava mai.

Il commissario cercò di mantenere il sangue freddo. "Mi dispiace, ma sto..."

"Non dovresti essere qui. Lo sai, vero?" chiese il capo, avvicinandosi alla scrivania. "Ti ricordi cosa ti ho detto ieri? I pesci del Mekong saranno molto felici di avere un nuovo amico."

Ben abbassò lo sguardo; aveva sempre deriso chi dirigeva il traffico delle imbarcazioni lungo il Mekong e il pensiero di svolgere quel lavoro lo indispettiva. "Io sono nato poliziotto, il sangue del mio distintivo mi scorre nelle vene e..."

"...e nel tuo cervello c'è un pipistrello che vola indisturbato" lo schernì il suo capo, con una mano nella tasca e l'altra sul suo ampio ventre. Il volto duro non ammetteva alcuna replica. "Mi hai deluso, Ben. Tu eri uno dei miei cavalli vincenti, ma sei caduto al primo ostacolo più alto degli altri."

Il commissario non si aspettava quelle parole, che lo stavano ferendo nell'orgoglio. In fondo, però, se lo meritava. Avrebbe dovuto vigilare la partenza dell'aeroplano fino all'ultimo istante, invece si era allontanato per sentire meglio cosa gli stesse dicendo il suo collega al cellulare. Avrebbe dovuto avvertirlo che l'avrebbe richiamato e agganciare, ma non si era comportato in quel modo.

"Non dici nulla?" chiese derisorio il suo capo.

Il commissario continuò a tenere lo sguardo basso, le mani sulle ginocchia fremevano. Voleva replicare, discolparsi, ma a cosa sarebbe servito? La soluzione migliore era ammettere i propri errori.

Ben si alzò e annuì. "Dico che ha ragione, signore. Ho sbagliato; non mi aspettavo che potesse accadere un fatto simile. Se a quel ragazzo succederà qualcosa, in parte sarà anche colpa mia, ma..." Incontrò gli occhi del suo superiore e li fissò intensamente. "...non potrei mai lavorare al Mekong. Questo è il mio lavoro, la mia vita. Il distintivo non è solo un oggetto da esporre come un trofeo, è una guida. Ogni volta che lo guardo, mi ricordo perché ho deciso di lavorare qui dentro e le assicuro che è una scelta che compirei anche ora." Alzò le mani. "Ammetto di aver sbagliato, ma la prego di non togliermi il caso. Tra poche ore ci sarà uno scambio e..."

"...tu non ci andrai. Incaricherò qualcuno più competente di te. Ho sbagliato anch'io a giudicarti, perché ho scorto delle qualità che non hai. Mi sono illuso di aver trovato il mio successore, un giovane me, invece tu sei solo in grado di portare i caffè!"

Il commissario strinse i pugni e scosse la testa. Non poteva restare in silenzio un minuto di più, non permetteva a nessuno di parlargli in quel modo, nemmeno a lui.

Ben gli si avvicinò e, cercando di non inveire contro di lui, replicò: "Io l'ho sempre stimata, l'ho vista come un modello per me, ma c'è una bella differenza tra noi due, e sa qual è?"

Il capo aggrottò le sopracciglia, irritato per il suo tono. 

"Il rispetto, signore, è una qualità che lei non ha."

Il suo superiore diventò paonazzo, gli occhi grandi come due palloncini gonfi d'aria. Stava per replicare, ma la sua voce rauca fu scavalcata da quella del commissario.

"Io non mi rivolgerei mai in questo modo a una persona che lavora per me. Forse lei pensa che così la sprona, invece è esattamente il contrario. La demoralizza e la fa scappare via, come è successo agli altri che mi hanno preceduto." Si fermò per prendere fiato e poi continuò: "Io, Luke e pochi altri. Siamo rimasti solo noi a sopportare il suo ego smisurato." Puntò il dito contro la finestra. "Là fuori c'è un ragazzo che rischia la vita e io ho intenzione di salvarlo, con o senza la sua approvazione. Ho sbagliato? Bene, ho intenzione di riparare al mio danno e le assicuro che stavolta... beh, forse è meglio non promettere..." concluse, riabbassando lo sguardo.

Il suo capo sbuffò e mise le braccia conserte.

Non smetteva di sbattere le ciglia, irritato per l'insubordinazione del commissario. "Va bene, il caso è ancora tuo. Per qualche ora i pesci del Mekong possono ancora stare tranquilli."

Il commissario si lasciò sfuggire una breve risata, ma si trattenne subito. Non era quello il momento per scherzare.

Spazio Sly

Vi è piaciuta la seconda parte del quinto capitolo? In questa parte ho aggiunto il dialogo tra il capo e il commissario, infatti nella prima versione non era presente. Questa scena, tra l'altro, non è finita e terminerà nella prossima parte, per poi passare al fatidico momento dello scambio. 

Sentite anche voi questo profumo nell'aria? È la tensione, la stessa che si respirerà in quegli istanti. Vi attendono dei momenti ricchi di suspense (almeno spero...). 

Vi invito a lasciare un commento per esprimere la vostra sincera opinione.  

A presto!

Chiave: verità e menzognaWhere stories live. Discover now