10.Questione d'istinto

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Si controllò per l'ennesima volta allo specchio del bagno, assicurandosi che il ciuffo vaporoso di capelli castani fosse in ordine. Spruzzò un'altra goccia di profumo di una marca costosa che indossava solo nelle occasioni speciali e sospirò nervoso. Stava solo aspettando che Felipe lo avvisasse che era sotto casa sua (si era premurato di lasciargli l'indirizzo esatto), poi si sarebbe scagliato fuori dall'abitazione, pronto ad uscire con la sua cotta. Riguardo all'avvenimento, c'erano opinioni contrastanti. Sua madre, Abigail e Taylor erano convinte che il bel diciannovenne di origini brasiliane ci stesse provando con lui, o quantomeno fosse interessato alla sua presenza; secondo Daniel, invece, si trattava di una semplice uscita in amicizia. Poteva anche essere che Felipe avesse deciso di chiedergli di uscire perché, dovendo comprare qualcosa da regalare ai suoi migliori amici, aveva visto in Daniel l'unica figura "estranea" con cui recarcisi. Il diciassettenne si era rifiutato di accettare una supposizione del genere. Il cellulare vibrò sul mobile del bagno, scatenando un'inferno all'interno dello stomaco di Daniel, che avvertì il bisogno di vomitare dall'agitazione, ma non lo fece. Piuttosto, uscì fuori dal bagno e successivamente dall'appartamento, mentre indossava il giacchetto ed infilava il portafoglio in tasca.

L'automobile di Felipe era ben ordinata e profumava di nuovo, probabilmente era un regalo da parte dei suoi genitori. Daniel salì davanti e si allacciò la cintura senza osare voltarsi nella direzione del conducente, che aveva un gomito appoggiato contro lo sportello e con l'altra mano stringeva il volante

"Bella macchina", si complimentò il minore, guardandosi attorno. I sedili erano ampi e comodi, ideali per una bella dormita.

Felipe mise in moto e partì, diretto verso il centro commerciale. "Grazie, l'ho comprata con l'aiuto dei miei genitori", replicò.

"Penso che i miei genitori non mi compreranno mai una macchina, ho provato una sola volta a guidare ed ho quasi fatto un frontale con il camioncino dei gelati". La risata bassa di Felipe riempì l'abitacolo, facendo sorridere all'istante anche Daniel.

"Giusto tu sei ancora minorenne", constatò il brasiliano.

"Per poco, a febbraio ne faccio diciotto", ribatté il giovane calciatore, sprofondando nel sedile. Era stranamente a suo agio, nonostante l'ansia che ancora non l'aveva abbandonato.

"Come festeggerai?". Felipe aveva quella grandiosa capacità di portare avanti un discorso, di qualsiasi spessore intellettuale fosse.

"Uhm, non mi piacciono le classiche feste con i palloncini verdi, la torta e la musica. Pensavo di fare un viaggio", spiegò. Guardando fuori dal finestrino, si accorse che il grande centro commerciale fosse sulla loro destra. Aveva passato tutta la durata, seppur breve, del viaggio a scrutare il suo vicino.

"Scelta saggia, le feste dei diciotto anni non piacciono neanche a me", concordò Felipe, svoltando a destra ed entrando nel parcheggio dell'edificio. I posti delimitati dalle strisce bianche di vernice erano nella grande maggioranza occupati.

"Odio la gente a Natale", borbottò il diciannovenne, guardandosi intorno alla ricerca di un posto per parcheggiare "corrono frenetici da una parte all'altra, alla ricerca dei regali per mezza famiglia".

"Non è quello che stiamo facendo anche noi?", notò Daniel. Felipe si voltò verso di lui ed alzò gli occhi al cielo, fingendosi infastidito.

"E' diverso, fidati di me".

Non osò ribattere ed attese che l'amico parcheggiasse per poi uscire dall'automobile ed avviarsi assieme verso l'entrata. Sarebbe stato un bel pomeriggio.

Un'ora e mezza dopo i due ragazzi si lasciarono scivolare esausti sulle sedie di un bar posto nell'area ristoro del centro commerciale. Ordinarono entrambi un té caldo con dei biscottini al burro ed attesero che gli venisse portato, continuando a parlare come del resto avevano fatto per tutto il pomeriggio. Felipe si accorse che quando Daniel lo ascoltava protendeva con il busto verso di lui e non smetteva neanche per un attimo di guardarlo negli occhi, segno che fosse completamente concentrato sul discorso. C'era affinità, non poteva negarlo in alcun modo.

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