-Capitolo 25-

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Si consiglia la lettura con il sottofondo musicale

Buon sabato ....

~Il medico dovrebbe essere opaco per i suoi pazienti e,
al pari di uno specchio, mostrare loro null'altro che ciò che viene mostrato a lui.
(Sigmund Freud)~

Dodici anni prima...

Dottor J

Quel bacio, quelle gambe strette alla mia vita, i suoi morbidi artigli agganciati alle mie spalle.

Quel fremito sfuggito da quelle labbra tumide, l'alito caldo profumante di passione, i fili di grano mi hanno abbracciato e carezzato.

Mi ha squassato l'anima, ha divelto con un colpo la mia impostazione di medico, ma quale medico sono solo un buffone della sorte.

Sono una marionetta, una pedina, pasta reale nelle sue dita: lei il potere di attrarmi e respingermi, un naufragare dolceamaro.

Seduto alla scrivania del mio studio, attendo di impazienza mista a commiserazione per me stesso, sono su un altalenante oscillazione di sentimenti.

Un tocco leggero alla porta mi fa scattare in piedi repentino, ho le mani madide di sudore così -prima di dare l'assenzo al varco della soglia-mi prodigo a passare quest'ultime sul tessuto del camice per tergerle.

Sistemo il nodo della cravatta, mi passo le mani tra i capelli, sembro uno uomo all'altare in attesa della sua suadente sposa, l'emozione e l'impaccio danzano in circolo.

Mi schiarisco la voce e, nel tentativo di darmi un contegno, richiamo all'ordine la compostezza necessaria per non cadere nel ridicolo.

<<Avanti>> pronunzio, ma non vi è accesso immediato da colei che spero sia, così seguito a ripetere l'invito aumentando il tono della voce, la porta si schiude lentamente come se, per chi vi è posto dietro, essa gravasse pesantemente.

Nella lentezza e nell'attesa che l'uscio si dischiuda come un sipario, aprendosi e facendomi beare della sua figura, mi ritrovo a non essere più certo che si tratti di lei.

Muovo pochi passi per preservarmi dallo straziante indugio, ma mi blocco appena scorgo le sue iridi smeraldine spente, hannoc perso il loro solito fulgore, sembrano vuote.

Le strato palpebrare è enfio, sintomo che i dotti lacrimali sono stati rotti come argini da un fiume in piena salato, il naso rubro tenue e le labbra gionfie. Mi terrorizza lo stato in cui versa, ancora immobile in un limbo tra la porta e l'interno dello studio, così allungo una mano per poggiarla sulla sua spalla.

Ella come colta da una scossa, si ritrae sbarrando le porte della sua anima che, riuscirebbe persino un estraneo, mi rimandano la paura e la voglia di abbandonare quest'ultima.

<<Cos'è successo Exyl?>> quel anagramma studiato in una delle nostre sedute psicoterapiche, nacque per gioco in un momento di intervallo dove la leggerezza di due persone al di fuori dei loro ruoli -medico/paziente- lasciavano il passo a dialoghi frivoli, a scorci di vita passata.

Fu in una di quelle sedute che io mi innamorai ancor più di lei, quando il corso della nostra chiacchera volse verso la mia vita di quand'ero bambino e dei miei genitori, quando sul suo viso comparve l'espressione di un rapimento, interessato e esclusivo, nei miei riguardi.

Vengo catapultato al presente, come si cade in un incubo, quando emette un mesto singulto.

Avvolgo così il braccio destro intorno alle sue spalle, tendo un'ala che la protegga, e l'accompagno verso il divano e, una volta giunti, ci sediamo entrambi posti uno di fronte all'altro.

L'essenza delle peonie  ~COMPLETA~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora