-Capitolo 8-

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Si consiglia la lettura con il sottofondo musicale


Correction psycologist
Health center

Data: aprile 20 2005

Età paziente: 17 anni
Sesso: maschile

Il paziente non è ricoverato in questa struttura, viene sottoposto a sedute psicoterapiche due volte a settimana. Affidato alle cure della nostra equipe per disturbo di personalità dipendente, manifesta un forte timore di essere abbandonato che lo porta ad avere dei comportamenti, anche compulsivi: volti ad evitare l'abbandono. Scaturito probabilmente dal profondo legame con la madre, talmente radicato in lui questo senso da spingerlo ad avere conferme e rassicurazioni volte a capire e misurare il possibile pericolo di abbandono, con atteggiamenti ossessivi che sfociano alla depressione.

Dopo l'incontro con la paziente che mi ha lasciato una strana e dolce sensazione addosso, scrollo le spalle e cerco di concentrarmi sul nuovo arrivato.

E un ragazzo tranquillo, quasi timido, è entrato senza far rumore, come se fosse nessuno.

Tipico atteggiamento di chi soffre di DDP, è strano, a vederlo sembra un ragazzo comune.
Ma ha gli occhi vacui, la stesta incassata tra le spalle, le mani e formare una matassa scomposta, voglio smuovere qualcosa in lui, ma devo entrare piano: << piacere sono il dottor Johnson, come mai sei qui?>>

Lui risponde ma è talmente flebile la sua voce che devo chiedergli di ripetere.
<< Mia madre, lei dice che non sto bene>>

Prendo un respiro profondo, so dalla cartella clinica che ha un rapporto quasi viscerale con la madre ma, voglio indagare ulteriormente: << e tu cosa pensi a riguardo?>>

A quella domanda il ragazzo alza di scatto la testa, i suoi occhi illuminati di una fiamma funesta che cozza con la voce mesta:<< che male c'è ad aver paura di essere abbandonato? Che male c'è a volere rassicurazioni? Che male c'è se tali conferme mi gettano nello sconforto? Che male c'è se mi sento vuoto ed inutile? Me lo dica lei dottor Johnson perché io non capisco>>

Rincassa la testa tra quelle spalle, che sembrano il suo rifugio, la sua fortezza. Quelle domande, seppur intrise di paura mi inducono a capire che non sono poi domande, ma affermazioni sul suo reale stato.

Decido di indagare oltre: << secondo te da quando ha avuto inizo tutto?>>

Lui alza le spalle e scrolla la testa, sospira come per darsi la carica:<< forse da bambino, da quando ne ho memoria, ricordo che mia mamma diceva sempre che non sarei mai riuscito a far nulla, lei ha ragione senza la sua presenza mi sento vuoto>>.

L'approccio psicoterapico è volto alla comprensione e gestione degli aspetti che caratterizzano questo disturbo. Lui accondiscenderà alle mie richieste per non deludermi ma senza sentirle proprie.

<< ascolta, queste paure sono normali, ma devi cominciare a comprendere queli sono i tuoi desideri, le tue aspettative, le tue idee. Devi cominciare a prendere consapevolezza della tua persona, solo così facendo riuscirai a sentirti meno vuoto e non necessitare, in modo totale e totalizzante, di qualcuno.

A quelle mie, mi guarda come se mi fosse spuntata una seconda testa, i suoi occhi marroni saettano verso qualunque dettaglio del mio viso, in cerca probabilmente di trovare accenno che ciò che ho detto sia una menzogna.
<<sembra facile detto così, mia mamma può partecipare alle sedute? Il dottore che l'ha preceduta non me l'ha consentito.>> dice con una luce fioca dì speranza.

Decido di metterlo a suo agio:<<si, se questo ti fa sentire meglio ma prima vorrei poter parlare con te, da solo va bene?>>

Per la sua propensione a non prendere decisioni, a seguire in modo assoluto i pareri altrui, acconsente.

Capisco che è anche confuso e non voglio calcare la mano, decido così di invitarlo a seguirmi nella sala comune dei degenti.

Durante il tragitto gli spiego che se lo volesse potrebbe fermarsi alla mensa, andare in biblioteca oppure leggere nel parco antistante la struttura.

È qui che entrambi ricadiamo nella visione della paziente che ha preceduto il ragazzo, siede di fronte alla finestra come in trance.

Come spinta dal mio stesso magnetismo, si volta e mi sorride, le gote rosse come le labbra turgide. Si avvicina a noi, con passo lento e cadenzato, non appena ci è di fronte: << dottor J, che piacere due volte in un giorno, questo posto comincia a piacermi.>>

Rido a fior di labbra, questa ragazzina è intelligente e impertinente al modo giusto.
Il ragazzo al mio fianco fa un colpetto di tosse, lei voltandosi nella sua direzione gli rivolge parole sprezzanti: <<ah, ecco lo sfigato dietro la porta, quale malattia mentale ti porta qui?>>

<< D.. D.. DDP>> tartaglia, decido di dargli una pacca affettuosa sulle spalle, e dì incoraggiarlo alla conoscenza di questa impronta paziente.

<< Vi lascio, il lavoro mi chiama, potresti far vedere a questo baldo giovane la nostra struttura? Ti va?>>

Lei mi guarda con sfida ma ciò che pronuncia con voce suadente mi lascia basito: << per lei dottor J, questo e molto di più!>>. Detto ciò arpiona il braccio del ragazzo e lo trasina con se, prima di sparire dalla mia visuale, ancora una volta in questa giornata, si volta nella mia direzione, mi fa l'occhiolino e va via.

 Detto ciò arpiona il braccio del ragazzo e lo trasina con se, prima di sparire dalla mia visuale, ancora una volta in questa giornata, si volta nella mia direzione, mi fa l'occhiolino e va via

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Eccoci al secondo e ultimo capitolo di settimana, avete già qualche teoria??

Vi ringrazio come sempre e vi do appuntamento a settimana prossima.



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L'essenza delle peonie  ~COMPLETA~Όπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα