Dieci: Silverstone Circuit

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Silverstone, Inghilterra

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Silverstone, Inghilterra


«Come ti senti ad essere al Gran Premio di casa, Michael?».

Michael sorrise alla domanda di Chiara, sistemandosi gli occhiali da sole sul naso prima di rispondere. Quella mattina il sole era stranamente splendente a Silverstone, nella contea di Northamptonshire; Michael era felicissimo di essere lì, finalmente a gareggiare nella sua Inghilterra e finalmente a farlo nella massima serie. Purtroppo non nella posizione che aveva sperato arrivati al quel punto del mondiale, però, visto che continuava ad essere l'eterno secondo dietro Luke, che continuava a macinare chilometri e chilometri in pole position, vincendo trofei su trofei e mettendo sempre più distacco tra loro due, rendendosi davvero irraggiungibile.

Era frustrante più del solito: Michael sentiva di star deludendo tutti in Scuderia, sapeva delle aspettative che gravavano sulle sue spalle vista la vittoria del mondiale sfumata l'anno precedente, e soprattutto dubitava delle sue effettive capacità in quanto lui e Luke fossero entrambi in un top team. A parità di macchina erano sullo stesso piano, e quindi Michael pensava che il motivo delle sue continue sconfitte risiedesse nel fatto che Luke fosse sicuramente migliore di lui.

Il problema, ormai Michael ne era convinto, era lui. Non era bravo abbastanza per una Ferrari, non era bravo abbastanza per battere Luke, non era bravo abbastanza per meritarsi il posto in Formula Uno. Aveva cercato di convincersi del contrario, cercato conforto nelle parole rassicuranti di Kimi, ma alla fine quel pensiero continuava a tormentarlo come avrebbe fatto fino alla fine del mondiale. A meno che non fosse accaduto un miracolo, ma Michael non era tipo da sperare in cose del genere.

Ad ogni modo, in quel momento aveva un'intervista da portare avanti. Si scrollò quei pensieri di dosso e fissò gli occhi in quelli molto più chiari e trasparenti di Chiara, che lo guardava in attesa di una risposta. «Non vedevo l'ora di essere qui, finalmente a casa», rispose, calcando il suo accento inglese più del dovuto e facendo così ridere la sua amica, abituata ad intervistarlo in italiano visto e considerato che Michael lo parlava benissimo, «Silverstone è per me - come credo per molti altri, in realtà - la gara più importante e sono davvero felice di esserci e di occupare un posto così in alto nella classifica piloti».

Chiara annuì. «E cosa ti aspetti da questa gara? L'anno scorso, ti ricordo, un britannico salì sul gradino più alto del podio - sarebbe bello ripeterlo», chiese di nuovo, lasciando intendere a Michael che avrebbe preferito mille volte vedere lui davanti a tutti e non Luke, come ormai stava accadendo da nove gare a questa parte.

L'egemonia Hemmings-Mercedes era frustrante, e non solo per Michael: gli altri piloti in griglia soffrivano quasi quanto lui questa scia consecutiva di vittorie, gli altri team - ovviamente, il discorso escludeva Mercedes nonostante gli ingegneri di Bottas fossero frustrati da quel dominio del compagno di squadra del loro pilota - avevano iniziato a perderci il sonno cercando di capire cosa distinguesse quella maledetta monoposto dalle loro e persino i giornalisti, non trovando altri argomenti a parte l'ennesima vittoria di Luke e la scia distruttiva di Romain Grosjean, che da qualche gara a questa parte aveva tolto a Max il primato degli incidenti - cosa di cui Max era segretamente grato - si erano stufati della situazione. Chiara credeva, appoggiata dai suoi compagni di avventura, che l'unico che potesse spodestare Luke era proprio Michael, nonostante le insicurezze e gli ostacoli che il pilota credesse lo circondassero. Per come si stavano mettendo le cose soltanto lui avrebbe potuto mettere fine al dominio di Luke - cosa che, purtroppo, Michael non credeva in grado di fare.

Second Place || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora