Uno: Albert Park Circuit

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Melbourne, Australia

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Melbourne, Australia


Michael non riusciva neanche a parlare. Preso da un'inaspettata e colossale ansia, non aveva spiccicato parola da quando si era trovato davanti Kimi Räikkönen, il suo idolo da quando era praticamente un bambino. Una reazione abbastanza normale, si direbbe, ma una reazione che Michael non avrebbe voluto avere per nessun motivo al mondo. Non poteva permettersi di fare certe figure con il suo nuovo collega, del resto - e ancora gli sembrava assurdo poter definire l'uomo che aveva preso come modello di vita un suo collega - eppure il fatto di ritrovarsi davanti a lui l'aveva completamente paralizzato, congelato, reso incapace addirittura di pensare ad una frase di senso compiuto. E quella mattina a Melbourne faceva freddo, ma Michael stava sudando e si sentiva come se la temperatura si fosse alzata di una ventina di gradi. Colpa dell'imbarazzo che gli tingeva le guance di rosso, rosso acceso come il colore della monoposto che avrebbe dovuto guidare di lì a poco e che, paradossalmente, non gli dava più ansia di quanta gliene avesse data Kimi, che adesso sventolava una mano davanti al suo viso sorridendo. Michael pensò di essere praticamente morto, ormai: insomma, il suo idolo, Kimi Räikkönen, gli stava ridendo in faccia. Era la cosa più bella che gli fosse mai successa - cosa abbastanza triste da dire, certo, ma Michael la pensava così.

«Ti senti bene? Sembri... accaldato», gli chiese Kimi, «Vuoi uscire fuori a prendere una boccata d'aria?».

Michael impiegò un po' a rendersi conto del fatto che Kimi stesse parlando proprio con lui. Il ragazzo quindi scosse la testa, mugugnando un «sto bene, è solo l'ansia» che lo fece vergognare da morire. Di certo non aveva immaginato il suo primo incontro con il pilota finlandese così - beh, in realtà lui aveva immaginato un incontro magico in cui parlava di come Kimi l'avesse ispirato e di come si trovasse lì adesso principalmente grazie a lui, cosa che finora non aveva fatto. Considerava un miracolo l'essere ancora lì, ancora vivo, e soprattutto il fatto di non aver ancora vomitato, cosa che faceva spesso quando l'ansia prendeva il sopravvento.

Kimi si sedette accanto a lui e gli diede una pacca gentile sulla schiena - gesto che spedì Michael direttamente tra le braccia del Signore. Ormai il ragazzo conosceva il Rosario a memoria, da quante volte l'aveva ripetuto prima del suo incontro con il finlandese. «È normale, Michael, avere un po' d'ansia. Stai per dare il via alla parte più emozionante della tua carriera, sei tra i campioni adesso. L'importante è non lasciare che l'ansia prenda il sopravvento e condizioni le tue prestazioni di gara», disse in tono solenne, come un padre che istruisce il figlio. E in effetti, non per differenza di età ma di esperienza, Michael poteva considerare Kimi come un padre, una persona da cui imparare oltre che da ammirare.

Michael si ritrovò a sorridere mentre i due si alzavano per andare a prepararsi per la prima sessione di prove libere del weekend - e della stagione. Adesso l'ansia aveva lasciato il posto alla fibrillazione, l'adrenalina, l'entusiasmo e la voglia di mettersi alla prova. Adesso, e Kimi aveva ragione, iniziava un nuovo emozionante capitolo della sua vita. Adesso si iniziava a giocare sul serio.

Second Place || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora