Il rumore di uno sguardo

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Accompagnata solo dal rumore dei miei passi che risuonavano sul pavimento marmoreo dell'atrio, raggiunsi la scala monumentale che conduceva alla biblioteca: un gioiello poco conosciuto, fuori dal tempo e lontano dal caos cittadino, seppur in pieno centro, in cui mi rifugiavo per studiare o pensare.
L'aura di sacralità che circondava quel tempio delle arti incuteva un timore quasi reverenziale.
Percorsi la sala di lettura nel modo più silenzioso possibile, guardandomi intorno meravigliata e stupita come se fosse la prima volta.
I volumi di cuoio, impolverati e antichi, riempivano gli scaffali di legno annerito dal tempo, donando un alone di mistero alla stanza.
Il soffitto era affrescato con allegorie delle arti e della scienza, ma la vera divinità a cui era dedicato quel santuario, era il silenzio.
Non un silenzio vuoto, ma traboccante.
Così traboccante da contenere il rumore di uno sguardo o quello di un pensiero.
Sedetti ad uno dei pochi tavoli ancora liberi.
Tolsi la giacca, spogliandomi di ogni ansia e angoscia, per rivestirmi della pace e della tranquillità che solo quel  luogo sapeva darmi.
La calma mi avvolse e iniziai a studiare.
Ero talmente concentrata, che non staccai gli occhi dal libro nemmeno quando qualcuno si sedette di fronte a me.
Sobbalzai quando, sentendomi osservata, alzai lo sguardo e scoprii che quel qualcuno era Lorenzo.
Lui sogghignò sottovoce per la mia reazione.
"Cosa ci fai qui?"
Bisbligliai.
"Studio."
"Casualmente, proprio qui."
Ribattei, ironica.
"Casualmente, proprio qui."
Mi fece il verso.
Lo ignorai e ripresi a leggere, con il suo sguardo cucito addosso.
Percepivo fisicamente il peso dei suoi occhi crescere su di me, finché quel fardello divenne insostenibile e fui costretta a fronteggiarlo.
La luce fioca e soffusa rendeva il blu della sua iride profondo e intenso, quasi abissale.
Senza che nessuno dei due proferisse parola, iniziò un colloquio di silenzi, uno di quelli in cui le anime urlano il mormorio dei pensieri.
Lasciammo che fossero gli occhi a dirsi quello che non avremmo mai saputo dirci a parole.
Ma troppo presto quella magia si interruppe e tornammo a fare quello che ci veniva meglio: ignorarci.
Passammo il resto del pomeriggio comportandoci come sconosciuti: sconosciuti che si lanciano sguardi malcelati dalla pagina di un libro o da una ciocca di capelli.
Ci studiammo di sottecchi per l'ennesima volta, finché Lorenzo, esasperato, si alzò senza fare il minimo rumore, spostò la mia poltroncina e mi prese per il braccio, trascinandomi verso le scale che conducevano al piano superiore.
Ci fermammo nell'atrio dei bagni.
"Che posto romantico!"
Dissi sarcastica.
"A me non dispiace."
Fece spallucce.
"Come facevi a sapere che ero qui?"
"Passavo dalle tue zone, ti ho vista uscire ed ero curioso di vedere dove stessi andando."
"Mi hai seguita?"
Chiesi sbigottita.
"Seguita mi sembra un parolone..."
"Un parolone?! Ti apposti sotto casa mia e mi segui, questo è stalking!"
"Chiara, stai un po' esagerando..."
"E ora mi sequestri..."
"La smetti?"
Chiese ridendo.
"Ok, perché sei venuto? Sul serio però."
"Perché mi eviti da giorni."
"Non è vero!"
"Si che mi eviti."
"No, invece!"
"Ah no?"
Chiese avvicinandosi.
"Rivolgermi a malapena la parola non è evitarmi?"
Aprii la bocca, ma ne uscì solo un sospiro.
Mi sollevò il mento con la mano, costringendomi a incontrare il suo sguardo, languido e liquido.
"Chiara, tu mi interessi sul serio."
Scandì lentamente con voce tanto bassa e profonda da farmi rabbrividire.
"A-Anche tu."
Balbettai.
Presi un respiro e recuperai l'autocontrollo.
"Anche tu mi interessi, non è questo il punto."
"E allora qual è?"
Tenni gli occhi bassi.
"Non lo so nemmeno io."
Ed era vero.
"Capisco sei hai paura."
Disse sistemandomi una ciocca dietro l'orecchio.
Il contatto inaspettato tra il suo dito e il mio collo mi fece rabbrividire.
"Ho paura anch'io.
Ho paura di legarmi troppo a te, ho paura di quando finirà.
Perché finirà.
Abbiamo a disposizione un tempo troppo limitato per credere nelle cose eterne.
Ma sai, non avevo mai detto a nessuna di essermi innamorato di lei. Mai.
Non avevo mai parlato a nessuna del motivo per cui ho smesso di suonare..."
"Lorenzo, io non sono la persona giusta per te.
Sono una contraddizione vivente, ho problemi a impegnarmi, sono fredda, acida, paranoica, lunatica, esigente ed egocentrica..."
"Ti sembra che io sia diverso?"
Mi interruppe.
"No, tu sei molto peggio."
"Appunto."
"È proprio per questo che non è una buona idea.
Hai idea di cosa significherebbe?
Non facciamo altro che litigare, stuzzicarci, fare la gara a chi resiste di più e pretendere di avere ragione.
Non possiamo costruire un rapporto su basi del genere.
Non reggerebbe.
E poi, il fatto che tu dica di essere innamorato... io non voglio essere ricordata come una persona... speciale."
"Sei già una persona speciale.
E non negare che io lo sia per te.
Nessuno dei due lo voleva, ma ormai è successo.
Puoi accettarlo e provare ad essere felice, o negare l'evidenza e condannarti ai rimpianti e ai 'se' e ai 'chissà'. "
"Mai pensato di fare l'avvocato?"
"Dipende tutto dall'esito della mia causa persa preferita..."
Disse con voce suadente, chinandosi a darmi un bacio lento e casto.
"So già che mi pentirò, ma, d'accordo. Proviamoci."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 18, 2017 ⏰

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Ho visto mani perdersi per paura di stringersiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora