Non exiguum temporis habemus

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Quella sera faticai ad addormentarmi.
Mi giravo tra le lenzuola senza riuscire a pensare ad altro che a Lorenzo.
Provai a prendere sonno in ogni modo: ascoltai della musica, bevvi una tisana, lessi qualche pagina del mio libro preferito...
Nulla sembrava funzionare, né mi distraeva dal quel pensiero.
Soltanto a notte fonda, quando ormai ero esausta e sfinita, mi abbandoni ad un sonno breve e per nulla ristoratore.
Mi svegliai alle prime luci dell'alba.
Allo specchio, il mio riflesso riscuoteva il prezzo di quella notte :
due occhiaie profonde e violacee mi solcavano il volto, le gote erano rosse e bollenti, gli occhi lucidi e arrossati e i capelli arruffati e annodati.
Se non altro, vista l'ora, avevo tutto il tempo per rimediare a quel disastro.
Mi sciacquai il viso con l'acqua fredda e, mentre la vasca si riempiva, pettinai i lunghi capelli, fino a sciogliere tutti i nodi.
Saggiai la temperatura del bagno con la punta del piede, poi mi ci immersi.
Mi rilassai, cullata dal tepore dell'acqua e dalle note di Chopin.
Quando uscii dalla vasca erano solo le 7.
Mi preparai con calma, poi raggiunsi mia madre che, in cucina, si dava da fare per preparare la colazione.
'Buongiorno mamma'
'Ciao Chiara - disse sbadigliando - vuoi il caffè?'
'Si, grazie'
Risposi addentando un biscotto.
'Non dovresti mangiare tutti questi zuccheri! Per non parlare dei grassi saturi...'
Mi rimproverò subito.
Alzai gli occhi al cielo e scossi il capo.
Lei e la sua ossessione per la linea.
Finii di mangiare nel minor tempo possibile, mentre continuava a blaterare, e uscii.
Arrivata a casa di Lorenzo, il portiere, che scoprii chiamarsi Paolo, mi salutò gentilmente.
'Buongiorno signorina Ferrari, sesto piano a sinistra. Il signor Grimaldi la aspetta.'
'Grazie' mormorai stupita e mi avviai verso l'ascensore.
Una volta salita, anche se mi sentivo ridicola a dare tanta importanza a quello stronzo, non potei fare a meno di controllare nello specchio che i capelli e il trucco fossero apposto.
Le porte si aprirono con un sonoro din-don.
Il tappeto rosso dell'ampio e luminoso corridoio, decorato con dettagli color oro e riproduzioni di statue classiche, conduceva agli appartamenti.
Cercai la porta giusta.
Una targhetta dorata recitava 'Grimaldi Lorenzo'.
Abitava da solo?
Suonai il campanello e attesi che venisse ad aprire.
'Buongiorno Chiara'
Mi sorrise.
'Buongiorno'
Fui estremamente stupita da quella cortesia e soprattutto dal fatto che, per la prima volta, avesse pronunciato il mio nome.
Probabilmente la sorpresa mi si leggeva in faccia a caratteri cubitali, ma il sorrisetto compiaciuto di Lorenzo dimostrava che non gli era sfuggito.
'Vieni, entra pure'
La casa era stupenda: uno splendido loft di design dal parquet chiaro.
L'ingresso dava direttamente nell'enorme soggiorno, al centro del quale campeggiava un pianoforte a coda, completamente bianco, posto di fronte ad una parete vetrata che regalava una splendida vista su Milano.
A destra un'elegante scala a chiocciola conduceva presumibilmente alle camere.
'Da questa parte'
Disse indicandomi la scrivania infondo alla sala.
'Siediti pure, arrivo subito'
'Ok'.
Tornò poco dopo con due bicchieri e una bottiglia di succo.
'Ti piace il mirtillo?'
'Si, grazie. Come mai così gentile?'
'Non farci l'abitudine. È solo una tregua, giusto?!'
Disse con il solito sorriso ironico.
'Hai qualche idea per la ricerca?'
Annuii.
'Visto che sostieni di essere tanto impegnato, ho pensato che potremmo approfondire il valore del tempo. Che ne dici?'
'Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus.'
Disse con fare altisonante, dandosi un tono.
'Vedo che non sei ignorante come sembri.'
'E tu sei esattamente so-tutto-io come sembri.'
Sorprendentemente riuscimmo a non darci contro, anzi, ci trovavamo d'accordo, confrontandoci e dandoci consigli a vicenda.
Forse mi ero sbagliata su Lorenzo.
A mezzogiorno, con sommo stupore di entrambi, avevamo fatto circa metà del lavoro.
Mi batté un sonoro cinque.
'Senti Chiara, sto morendo di fame. Ordiniamo qualcosa, ti va?'
'Mi stai invitando a pranzo?'
Lo punzecchiai con un sorrisino leggermente malizioso.
Alzò le spalle.
'Se non puoi battere il tuo nemico, invitalo a pranzo...'
Scossi la testa, divertita.
'Pizza o sushi?'
'Sushi?'
'Pfff... lo sapevo. Snob'
Mi stuzzicò.
'Stronzo'
Chiamò un noto ristorante della zona e iniziò un elenco infinito:
'... poi 1 roll al salmone completo, 1 con salmone impanato, 1 tropicale al tonno, 2 granchio e gamberi, un paio di California roll, si sì, faccia lei... '
'Quanta roba stai ordinando?'
Esclamai a voce alta.
Lorenzo mi ignorò.
'... si, sono in porzioni di 20? Allora 2, sia di urumaki sia di nigiri...
La tartare! ... aspetti un secondo '
Coprì il telefono con la mano
'Salmone o tonno? '
'Salmone' dissi ridendo, mentre immaginavo la faccia che avrebbe fatto mia madre se avesse ascoltato quella telefonata.
'Allora 4 tartare al salmone.'
4?!
Coprì di nuovo il telefono
'Il dolce?'
'No, credo possa bastare...'
Risi di nuovo.
Tolse la mano e riprese a parlare al telefono.
'Mi sente?
Si, faccia anche due cheesecake ai frutti di bosco, grazie.
Buona giornata a lei.'
Dopo circa mezz'ora arrivò il fattorino.
Il cibo era talmente tanto che ci toccò dividerlo tra la scrivania e il bancone della cucina.
'Quindi vivi da solo?'
'Mmh mmh.'
Assentì Lorenzo mentre masticava l'ennesimo rotolino di sushi.
Iniziavo a chiedermi come uno stomaco potesse contenere tutta quella roba.
'Diciamo che è stato un ritorno alle origini.
Ho vissuto qui fino alla terza media, poi mi sono trasferito a Mantova.
L'anno scorso facevo avanti e indietro per gli allenamenti, ma quest'anno con la maturità non ce l'avrei mai fatta, quindi sono tornato a Milano.'
'Quanto ti invidio!'
'Devo dire che rientrare all'orario che si vuole, mangiare ad orari improbabili, distruggersi di patatine, birra e Coca Cola, invitare gli amici, non è male.
Per non parlare del letto: poterci stare tutto il giorno senza che nessuno si lamenti è meraviglioso.'
Il pomeriggio passò in fretta e, tra una chiacchierata e l'altra, riuscimmo a fare un buon lavoro.
Quando fu l'ora di tornare a casa, Lorenzo mi accompagnò fino al portone.
'Va beh, allora a domani!'
'A domani!'
'Chiara?' Mi trattenne prendendomi per mano.
'Si?'
Si avvicinò, guardandomi intensamente negli occhi.
Quello sguardo mi inchiodò.
Ancora una volta mi sembrò che potesse avere accesso direttamente alla mia anima.
Ancora una volta mi sentii nuda, spogliata della stessa pelle.
Eravamo talmente vicini da poter percepire il suo respiro, lievemente accelerato, sulla pelle.
Mi sollevò il mento con la mano, senza distogliere lo sguardo.
Le nostre labbra stavano per sfiorarsi: ci dividevano soltanto pochi millimetri.
Chiusi gli occhi, pregustando quel bacio.
Rimasi delusa nel sentire la sua bocca appoggiarsi sul mio collo.
Strofinò le labbra avanti e indietro, facendomi rabbrividire.
Poi mi sussurrò a fior di pelle:
'Troppo comodo così, prima mi dai dello stronzo egocentrico e poi ti lasceresti baciare?'
Avvampai per l'imbarazzo, spostandomi di scatto.
Lorenzo rise di gusto.
'A domani, Chiara.'
E chiuse il portone alle sue spalle.

Ho visto mani perdersi per paura di stringersiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora