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'L'ultimo treno per Milano centrale è in partenza al binario 4'
La voce incorporea dell'annuncio mi riportò alla realtà.
'Corri Chiara, corri!' pensai.
Volevo andarmene, volevo solo tornare a casa.
Con ben poco riguardo per le grida della signora a cui avevo tagliato la strada cercando di destreggiarmi nel caos dell'ingresso della stazione, mi diressi verso le scale mobili, superando passeggeri, bagagli e turisti.
Con il fiato corto e il cuore che mi batteva all'impazzata, superai i tornelli e salii sul treno pochi secondi prima che le porte si chiudessero.
Mi lasciai cadere sul primo sedile libero e permisi ad una lacrima di rigarmi il viso, cui il sole di luglio aveva regalato una tonalità ambrata.
Quell'ultima goccia salata fu troppo.
Gli ultimi pilastri che sostenevano il mio autocontrollo, ormai incapace di sopportare la pressione del fiume di dolore e angoscia che mi erano crollati addosso qualche ora prima, si sgretolarono.
Allora il pianto esplose in tutta la sua violenza, come un temporale, un uragano, che mi squarciò il petto.
Avevo ancora addosso il sapore di quella vacanza insieme, il sole, l'estate, l'odore del mare ancora sui vestiti.
Nelle orecchie, il ritmo di quel pezzo di Ed Sheeran che ci svegliava mentre dormivamo nudi.
Negli occhi, le schegge di quella promessa d'amore eterno frantumatasi poco prima.

Ho sempre avuto una sorta di 'sesto senso', un presentimento per le cose orribili.
Così, mentre mi avvicinavo alla villetta in riva al mare dopo la solita corsa prima di cena, sentivo una strana morsa alla gola.
Infilai le chiavi nella serratura, che scoprì essere aperta; cosa che accrebbe notevolmente l'angoscia che già mi strangolava.
Spinsi la maniglia della porta socchiusa ed entrai.
Vicino alle scale che conducevano al piano superiore, giaceva abbandonata una maglietta.
Ovviamente non era mia, ma la riconobbi immediatamente.
Nonostante avessi le gambe molli e mi girasse la testa, percorsi i gradini che mi separavano da quello che speravo fosse solo un brutto sogno, pur sapendo che una volta arrivata di sopra, ci sarebbe stata solo la peggiore delle realtà ad attendermi.
Trovai Lorenzo e Greta, la mia migliore amica, tra le lenzuola blu notte del mio letto.
Rimasi qualche secondo a fissarli, completamente paralizzata, in uno stato di totale apatia. Priva di emozioni, di sensazioni, con il corpo e la mente totalmente anestetizzati.
Non sentivo nemmeno le patetiche spiegazioni con cui cercavano di giustificarsi.
Per un attimo mi sembrò di osservare la scena dall'esterno, senza alcun coinvolgimento, come se il mio corpo non mi appartenesse.
Ma fu solo un secondo.
Quando ci sentiamo minacciati, abbiamo solo due possibilità: reagire o fuggire.
E' una caratteristica innata, istinto di sopravvivenza.
C'è addirittura un termine specifico : combattere o fuggire, fight or flight.
Puro istinto, pura chimica.
Qualunque sia la nostra decisione, l'effetto è lo stesso: l'adrenalina e il cortisolo entrano in circolo, aumentando il battito cardiaco, la respirazione e la concentrazione mescolando coraggio, istinto e capacità analitica.
In quei pochi secondi di terrore, ero diventata una bomba metabolica, pronta a reagire.
Scoppiai in un sonoro applauso, seguito da un 'fuori di qui'.
'Chiara, non è come credi' cominciò Lorenzo.
'Mi dispiace...' sussurrò Greta.
'E' esattamente come credo, e non ti dispiace.
Tra quindici minuti vi voglio fuori di qui.'
'Chiara, ti prego, lasciami spiegare...'
'Quindici minuti Lorenzo.'
E uscii sbattendo la porta.

Ho visto mani perdersi per paura di stringersiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora