Capitolo 2 - La Pilotta

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La servitù riempì la vasca con acqua calda, riscaldata sul camino, e unguenti profumati, poi Beatrice vi si immerse con piacere, colpita da tutte quelle novità.

Si lasciò avvolgere dal calore, bagnò anche i capelli, poi chiese alle donne:"Per favore, vorrei restare sola".

Le domestiche si congedarono, tornando nella stanza da letto, e la ragazza si lasciò cullare dal placido silenzio che seguì il momento in cui le serve lasciarono il locale.

Chiuse gli occhi, assaporando la sensazione dell'acqua calda sulla pelle, poi si immerse completamente, restando in apnea per una manciata di secondi.

Aveva imparato a respirare sott'acqua quando, a dodici anni, aveva passato il periodo estivo nella villa sul lago della sua famiglia e, giocando con i suoi fratelli, era accidentalmente caduta dentro l'enorme pozza.

Il suo corpo aveva agito per conto proprio e, quando Francesco si era immerso per recuperarla, lei aveva imparato a trattenere il respiro.

La ragazza riemerse e si strofinò gli occhi con il dorso delle mani.

Quel ricordo la turbava sempre un po', ma era solo grazie a quell'evento se era in grado di restare in apnea.

Rimuginò ancora per qualche istante su quell'episodio, poi la sua mente la trascinò lungo altre vie tortuose della sua testa, spingendola a pensare ad altre cose.

Restò immobile a riflettere e, dopo quella che le sembrò una mezz'oretta, decise di uscire dalla vasca e chiamò le domestiche, le quali corsero subito ad aiutarla.

Le strofinarono addosso degli asciugamani, le rimisero addosso la vestaglia e la accompagnarono fuori dal bagno.

La ragazza decise di sedersi sul letto a baldacchino, coperto da una fodera di damascato blu, e le cameriere iniziarono a prendersi cura del suo corpo.

Le strofinarono addosso delle creme dai profumi speziati, le misero un asciugamano attorno ai capelli bagnati e la aiutarono a vestirsi.

Poi, una donna di servizio si avvicinò con il corsetto in mano e Beatrice sospirò affranta.

Odiava indossarlo, la faceva sentire prigioniera e spesso il respiro arrivava a mancarle.

Si alzò in piedi, lo infilò restia e, quando la domestica iniziò a tirare i lacci, la pregò di non esagerare con la foga.

Si appoggiò con entrambe le mani al muro e, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, cercò di non pensare alle dure stecche che le premevano contro la schiena, il ventre e il petto.

La cameriera, notando il respiro affannoso della duchessina, biascicò:"Scusate se vi faccio male!", ma Beatrice, a denti stretti, rispose:""Non preoccupatevi, pensate solo a terminare in fretta".

Tentò in tutti i modi di portare la mente altrove, ma non riuscì ad isolarsi dal dolore e, quando la domestica terminò, tirò un sospiro di sollievo.

"Perdonatemi ancora" disse timorosa la donna, inchinandosi:"Faccio solo il mio lavoro".

La duchessina le posò una mano su una spalla e, con dolcezza, sussurrò:"Sta' tranquilla, non devi assolutamente sentirti in colpa! Il merito di questa tortura è dei buoni costumi che vanno tanto di moda".

La serva ridacchiò divertita dall'insolenza della ragazza e ricevette un sorriso malizioso.

"Mie domestiche!" esclamò Beatrice "Vediamo di accontentarli tutti, questi signorotti dell'alta società. Scegliete dal mio armadio un abito arancione che mi faccia fare bella figura!".

Anche le altre cameriere iniziarono a ridere, colpite dai modi della fanciulla, e si scambiarono occhiate divertite.

Una di loro aprì con entusiasmo le grandi ante dell'armadio e iniziò a frugare tra i vestiti sfarzosi della duchessina.

La duchessa della notteWhere stories live. Discover now