Prologo

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Palazzo Ducale della famiglia Estense, Modena, 1624

La duchessina Beatrice passeggiava lungo il porticato del primo piano che si affacciava sul cortile interno del palazzo, accompagnata dall'amata cugina Ippolita, sua coetanea, e da Ester, una giovane domestica dall'aria distratta.

Il sole illuminava la piccola, facendo risplendere i suoi boccoli corvini e baciandole le carnose labbra rosso sangue, illuminando i ricami dorati dell'ampio vestito color indaco e solleticandole delicatamente la pelle marmorea.

La bambina sembrava un'elegante corolla sbocciata nell'estate più bella, ma, nel fiore suoi dieci anni, non si capacitava ancora di ciò.

Continuava a conversare tranquillamente con la cugina, tenendola a braccetto.

­"Pensa, pochi giorni fa, prima che tu arrivassi, Gaspare, uno dei servi di mio padre, ha lasciato socchiusa la porta dell'armeria reale e ci sono sgattaiolata subito dentro!" sussurò Beatrice con fierezza, appurandosi che la domestica non sentisse tali parole.

"Santo cielo, come hai potuto!" esclamò Ippolita sconvolta, portandosi una mano alla bocca "Se ti avessero scoperta saresti finita in un mare di guai!".

"Abbassa la voce, sciocca!" mormorò la duchessina trattenendo una risata "Comunque sono stata furba e non mi hanno trovata. Pensi davvero di avere una cugina tanto stupida?".

"Oh, non intendevo questo!" si scusò la marchesina portandosi una ribelle ciocca di capelli castani, sfuggita all'acconciatura, dietro l'orecchio "So che sei scaltra come una volpe!".

Le due bambine ridacchiarono tra loro ed Ester non prestò loro attenzione, limitandosi a passeggiare per conto proprio e a guardarsi attorno con aria sognante.

Il maestoso porticato del primo piano circondava il cortile in tutto il suo perimetro, affacciandosi su esso con balconi in pietra chiara dominati da archi retti da colonne dai capitelli finemente intagliati, rappresentanti fiori di ogni sorta.

Per accedervi, era possibile passare attraverso porte altrettanto sontuose e degne di nota, dipinte di un bianco scintillante.

La cameriera sorrise beata e pensò a quanto sarebbe stato bello poter possedere un palazzo tanto splendido, ma capì all'istante che quelle fantasticherie non si sarebbero mai avverate.

Sospirò sommessamente, poi, all'improvviso, le tornò in mente il figlio del mugnaio che le lanciava sempre alcune occhiatine e tutta la malinconia si dissolse.

"Cambiando discorso" disse, poi, Ippolita, lisciandosi la gonna rosa salmone del vestito "So che non sei la tipa adatta per parlare di determinati argomenti, ma sai che mio padre, la scorsa settimana, mi ha regalato un bellissimo vestito azzurro di seta proveniente direttamente da Venezia?".

"Davvero?" esclamò Beatrice, meravigliata "Sono davvero felice per te! Per caso lo hai portato qui?".

"No, purtroppo" rispose la marchesina "Ma quando verrai a trovarmi te lo mostrerò con molto piacere!".

La duchessina sorrise entusiasta, anche se non amava l'abbigliamento di corte, aveva un debole per la seta di Venezia, ma i suoi pensieri su abiti e lustrini vennero immediatamente interrotti da uno schiamazzare proveniente dal cortile.

La bambina si dileguò dalla dolce presa della cugina e corse ad affacciarsi dai balconi del porticato.

Nel cortile, vide due ragazzini intenti a duellare con delle spade di legno ed entrambi sembravano molto presi dal combattimento.

"Guarda!" esclamò facendo segno ad Ippolita di avvicinarsi "Sono Francesco e Cesare!".

La marchesina si sporse, guardando di sotto, e sorrise divertita, affermando:"Quei due sono sempre i soliti!".

La duchessa della notteWhere stories live. Discover now