|capitolo venticinque.|

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"Caro anonimo,
sto bene, grazie per esserti preoccupato per me.
Sai, non avevo proprio voglia di risponderti, oggi, ma ho promesso di continuare a scriverti e manterrò la parola.
Quindi eccomi qui, sul tavolo della biblioteca, a sporcare questo foglio di pergamena con stupidaggini varie.
Eppure ho una voglia matta di scriverti e di raccontarti di me. Perché non ho fatto altro che ascoltarti e conoscerti, ma la nostra amicizia è a metà.
Nonostante ci parliamo, ci sono cose che a voce non si possono dire. Forse per vergogna, o forse per codardia.
Anzi no. Ho cambiato idea.
Ci conosceremo faccia a faccia. Perché è meglio. E perché finalmente ho capito chi mi scrive quelle parole.

Sai, siamo cambiati tantissimo in questi ultimi mesi. La tua presenza accanto a me ha fatto sì che io maturassi, che crescessi, che diventassi l'Angel attuale.
Ma molte cose devono ancora accadere. Ne sono sicura.
Tu hai una dote assurda nel farmi arrabbiare e nel farti perdonare subito dopo.
E a me questa cosa dà terribilmente fastidio.
Sei il mio punto debole, il mio difetto fatale, il mio tallone d'Achille. Sei la mia vulnerabilità ma, molte volte, sei il mio maggiore punto di forza.
E per quanto io sia il tuo male, non smettere di scrivermi, non smettere di starmi vicino.

Che senso ha arrabbiarsi con qualcuno che, già sai, è perdonato? Anche senza volerlo, rimani una priorità.
Continuiamo ad abbattere quel muro che abbiamo creato cinque anni fa.
Continuiamo ad avvicinarci perché, nonostante sono sicura sia la cosa sbagliata, sono anche sicura che sarà una fantastica sfida.
E sai quanto io, da fiera Grifondoro, amo le sfide.
Combatterò e, se ti va, combatteremo, contro tutti gli ostacoli che si piazzeranno davanti a noi, intralciando il cammino.

Ho deciso.
Ho deciso di lasciarti entrare nella mia vita, tanto l'avresti fatto comunque.
Sappi che devi farti perdonare, in qualche modo.
O, perlomeno, cerca di accelerare i processi.
Hai perso una parte della mia fiducia.
Ma no, non riuscirei mai a chiudere i rapporti con te.
Ricominciamo da capo, ancora una volta.

Spero di non aver sbagliato intuizione, anche se ne sono abbastanza sicura.
La prossima volta, spero di parlarti faccia a faccia. Se riesco, anche senza sbraitare e litigare come è mio solito.
Ci vediamo presto.
Aspetto una tua risposta, scritta o verbale che sia."

Posai il libro nel suo posto sullo scaffale e andai a fare colazione.
Mi aspettava una giornata di lezioni tremendamente pesante.
Senza un giusto pasto non sarei stata in grado di affrontarla.
Entrai in Sala Grande e notai che Draco era seduto al suo tavolo, fiancheggiato da Crabbe e Goyle.
I nostri sguardi si incrociarono, gelidi come ghiaccio.
Eppure avevo una voglia matta di correre da lui e abbracciarlo.

Probabilmente ero rimasta a fissarlo per troppo tempo, perché si alzò e venne verso di me a passo spedito.
Distolsi subito lo sguardo, posandolo sulla prima persona a caso che entrò nella Sala: un ragazzo mai visto prima che apparteneva ai Tassorosso.
Il biondo, intanto, mi aveva raggiunto e, dandomi una spallata, mi superò in tutta fretta.

"Ahi!" E lo rincorsi.
"Fudge, ho da fare."
"Ah, siamo tornati ai cognomi, Malfoy?"
"Perché, non posso?" Mi sfidò.
"Pensavo fossimo amici."
"Sai pensare? Beh io no visto che, secondo alcuni, non ho mai avuto un cervello."
Mi sentii terribilmente in colpa. Era ciò che gli avevo detto la sera prima, arrabbiata.
"Draco, io non volevo..." Balbettai.
"Tu non vuoi mai niente. Eppure mi rendi la vita ancora più schifosa, anziché migliorarla. Grazie." E andò via, lasciandomi lì.

Ci stetti male per tutta la mattinata.
Mi evitava totalmente, non mi degnava nemmeno di uno sguardo. Non meritavo nemmeno quello.
L'avevo trattato male, lo ammettevo, ma ero arrabbiatissima e lui non faceva altro che aizzarmi.
Non poteva mettere il broncio per un guaio che aveva causato lui.

Mi tornarono in mente le parole che mi disse per giustificarsi: 'Non ho avuto scelta.'
Probabilmente io non potevo capire come andavano le cose, non potevo capire Draco e ciò che lo riguardava.
Eppure mi intrigava parecchio.
Le stesse parole me le aveva dette quella sera, a cena a casa mia, quando si sfogò.
Disse che non aveva scelta, che la sua volontà contava poco o niente.
E a me dispiaceva troppo.

Andai a pranzo con un muso talmente lungo da arrivare a terra.
Non mangiai nulla.
Il biondo Serpeverde non era al suo solito posto.
Lo cercai con lo sguardo fino a quando non entrò nella Sala Grande con una faccia inespressiva.
Anziché andare al suo tavolo, venne verso il mio.
No, non verso il mio tavolo. Proprio verso di me.

Mi alzai in piedi, di fronte a lui, in lodo da guardarlo negli occhi, nonostante fossi più bassa.
"Angel."
"Draco."
"Aiutami a ricominciare." Scandì, ed ebbi la conferma che l'anonimo era lui.
Il mio cuore fece una capriola per la gioia.
"Ricominciamo insieme." Proposi.

"Sì. Ehm... Angel.... l'anonimo... quello del libro... ero io." Arrossì lievemente.
Come se non l'avessi capito. A volte dubitavo davvero che avesse un cervello.
"Che libro? Che anonimo?" Finsi.
Le guance gli si fecero più rosse del pomodoro.
"Quello che ti ho portato ieri sera."
"Hai osato scrivere messaggi su un libro?"
"No. Erano bigliettini. Ero convinto di scrivere a te... Per Salazar, lo saprà tutta la scuola adesso." Si passò una mano tra i capelli per il nervoso e io non riuscii più a trattenermi.

"Cosa, che hai parlato della ragazza di cui sei innamorato alla ragazza di cui sei innamorato?" Sorrisi.
"Ma allora..."
"Oh, a me è andata molto peggio."
"Perché?"
"Ho parlato tramite bigliettini con il ragazzo di cui ero innamorata per tutto questo tempo. E l'ho scoperto solo ieri."
Lui si bloccò di colpo, come se fosse pietrificato.
"Non c'è bisogno che te lo ripeta, Draco."

Hidden words. |Draco Malfoy|Where stories live. Discover now