"Il Bastone!"  Le sussurrò la voce di un vecchio all'orecchio.
Sobbalzò sul letto invasa da una solida consapevolezza.
Conosceva quella voce.
Altrochè.
Molte volte in un tempo che ora faceva fatica a ricordare, quello stesso uomo le aveva parlato e raccontato di come era sopravvissuto alla Guerra d'Africa.
Le mani rugose e piene di calli di chi la terra non l'aveva solo amata, ma lavorata duramente per anni, accarezzavano dolcemente la sua pelle.
Gli occhi circondati da rughe di saggezza avevano il suo stesso colore.
Intensi e vibranti come canne al vento.
Si voltò verso la finestra.
Lei era lì.
Muta come solo le statue dei Santi sanno fare.
Mani giunte ma non per pregare.
Ma nascondere.
Tenere ben stretto il suo segreto.
Un dito si sollevò lentamente fino a posarsi sulle labbra.
"Shhhhhh"





Piedi nudi su selciato bagnato.
La pioggia incessante e leggera.
Stava ferma sulla soglia di quella casa. Il fuoco ancora acceso.
Nel camino le ultime fiamme scintillanti di luce stavano per lasciare posto alla brace ardente.
La tavola finemente apparecchiata.
Giorgiana sfiorò il piatto coperto e ancora caldo. Il bicchiere di vino pieno e una candela accesa ad illuminare quell'usanza vecchia ormai di secoli.
I morti arrivano.
Mangiano.
Si saziano.
E se ne vanno.
È così che i vivi li distraggono.
Con il cibo.
Che per un attimo li riporta alla vita che non scorre più nelle loro vene.
Sugo come sangue umano da divorare.
Carne come tenera polpa da fare a brandelli, come ossa da sgranocchiare
Li distraggono.
Così che non oltrepassino il confine.
E vadano alla ricerca di chi respira ancora.
Un trucco.
Vecchio di secoli.
"Per l'anima dei morti"
O forse... Dei vivi.





Lungo il corridoio buio.
Nessuna luce.
Solo quella della luna che finalmente ha fatto capolino tra la spessa coltre di nubi.
La pioggia ha smesso di cadere.
Una breve tregua.
La porta socchiusa.
Non riesce a frenare la sua curiosità.
E la vede.
La Donna.
La sente recitare parole in una lingua antica e misteriosa che parla di Dio, di Santi in paradiso e Immacolate Concezioni.
Di nuovo quell'odore acre nell'aria.
La vede.
China sul letto.
Sfiorare qualcosa.
Come una dolce carezza materna.
Un ultimo, indimenticabile per la memoria, addio.
Solleva un braccio impugnando il bastone di olivo centenario.
Un colpo secco che fende l'aria.
Senza indugio alcuno.
Perchè è così che si fa.
Poi quel rumore.
Impossibile da dimenticare.
Quello di un cranio fracassato. Di ossa che si frantumano in mille, piccoli, pezzettini.
Senza dolore.
Senza incertezza.
La vede voltarsi.
Il volto coperto da un velo nero e il corpo circondato da quel pesante scialle di lana grezza.
Il fruscio della sua lunga gonna a pieghe.
Le passa accanto come se non si fosse accorta della sua presenza.
Ma non è cosi.
Lei  lo sa.
La Donna lo sa.
Che lei è lì.
E ha visto tutto.









Un urlo rimasto intrappolato per troppo tempo uscì dalla sua gola, feroce e quasi disumano.
Si mise a sedere sul letto, madida di sudore e paura.
Le mani tra i capelli.
Quel maledetto orologio segnava ancora le 00.03.
E Lei era lì.
Altera e silenziosa come sempre.
Puntò lo sguardo sulla sua figura.
E finalmente la udì parlare.
Una voce dolce e spigolosa al tempo stesso.
Incredibilmente facile da ascoltare.
"Sai chi sono Giorgiana?"
Fece cenno di sì con la testa.
Lo sapeva?
Sì. Aveva sentito parlare di Lei. Era stato quel vecchio uomo, in uno dei suoi racconti centenari a dirglielo.
Il giorno che per la prima volta era riuscita ad arrampicarsi sull'albero di fico che da oltre un secolo e mezzo stava al centro di quel piccolo e meraviglioso cortile.
Era una tradizione.
Era difficile salirci.
Ma se ci si riusciva allora si era diventati grandi abbastanza da conoscere la verità.
Di come un tempo antico venivano uccisi gli anziani in quella terra.
Fatti precipitare da una rupe.
Dai loro stessi figli.
Legge arcaica e primitiva da cui non ci si poteva sottrarre.
Liberarsi dei più deboli.
Senza pietà alcuna.
Non si poteva disobbedire.
Nè tornare indietro.
Barbarie dimenticate nel tempo per fortuna.
Ma Lei no.
Lei era rimasta più a lungo.
Anche se nessuno ne parlava.
Ma bisbigliava piano piano il suo nome.
Perchè detto a voce alta era peccato mortale e ti spettavano come minimo, trenta Ave Maria e sessanta Pater Noster.
Lei era rimasta.
Più a lungo.
Anima Nera e tormentata.
La Donna.
Quella che si chiamava quando non c'era più nulla da fare.
Arrivava nella notte e faceva ciò che andava fatto in un atto di misericordia che con la crudeltà delle leggi antiche non aveva nulla a che fare.
Arrivava.
Non c'era nessuna tavola apparecchiata per Lei.
Non doveva essere distratta da niente.
Si faceva carico di quel dolore. Di quella sofferenza.
Mangiandoseli.
Senza avere alcuna fame.
Buttando giù bocconi amari insieme a pezzi di cuore e coscienza,
Liberava le loro anime.
E se ne andava.
Così com'era venuta.
Senza una sola parola.
Ma con un peso in più sulle spalle.





"Dunque lo sai?"
"Sì"
"E non hai paura di me?" La fissò penetrandola con i suoi occhi color smeraldo.
Giorgiana scosse la testa. "Dipende... Tu perchè sei qui?"
Un lieve sorriso incurvò quelle labbra rosse, rendendo il suo viso ancora più bello, se mai fosse stato possibile.
"Perchè mi hanno detto che tu non dimentichi Giorgiana" Una breve pausa prima di proseguire."È così?"
La ragazza non sapeva esattamente cosa rispondere fino a quando un leggero formicolio al braccio sinistro non le suggerì le parole da dire.
"Di te non mi dimenticherò"
"Dicono tutti così...ma poi non ricordano nemmeno il mio nome!" C'era una tristezza tale in quelle parole da farle venire le lacrime agli occhi.
"Lui ti chiamava Accabadora. Ed io è così che ti ricorderò nei miei sogni"





Un lieve fruscio di pieghe.
Profumo di maestrale nell'aria.
Sale e ginestre.
00.03.
La Donna se n'era andata.
La sedia a dondolo oscillò vuota.
Un altro fiore era comparso sul suo braccio sinistro.
Giorgiana si rimise a dormire.

Forget Me - NotWhere stories live. Discover now