Gift For Darkness

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19.13 p.m.

Il viso appariva pallido ed esausto più del solito quella sera.
Lucrezia continuava a fissare la propria immagine attraverso lo specchio di fronte a lei senza guardarsi davvero.
Era lui che cercava ancora.
Quegli occhi.
Quella voce rassicurante.
Quelle labbra morbide.
Qualcuno bussò timidamente alla porta della stanza, interrompendo per un attimo il corso dei suoi pensieri.
"Avanti". Disse quasi con un sospiro.
Jamina entrò nella stanza con la stessa apprensione di un bimbo che per la prima volta decide di tuffarsi dal trampolino più alto.
Il rumore del suo battito accelerato sembrò rimbalzare rumorosamente tra quelle pareti.
Lucrezia la fissò alzando con disappunto il sopracciglio sinistro.
Quel solo piccolo gesto bastò per terrorizzare la piccola dolce anima di Jamina all'istante.
"Madame..." Esordì con voce tremante.
"Si?" Sibilo di serpente.
"Volevo avvisarla che hanno appena portato dalla tintoria il suo abito per il vernissage di questa sera" Gli occhi grandi sgranati, osservarono la sua bellissima padrona ricadere con uno strano sbigottimento sul viso, sulla sedia di fronte alla toeletta.
"Lo avevo completamente dimenticato!" Confessò riportando immediatamente lo sguardo dentro quello impaurito della cameriera.
Un imperdonabile attimo di debolezza.
Una crepa ben visibile agli occhi di un testimone scomodo.
Le sue barriere sembravano pian piano cedere.
Stremate da quel continuo non dormire.
O dal vivere in un sogno perenne.
"Mr. Voelkle ha chiamato?" Domandò pungente.
"Sì. Ha detto che non potrà accompagnarla, Madame. È stato trattenuto a lavoro"
Una smorfia ironica spuntò sul suo viso.
"Come sempre..."
"Ha chiamato anche Mr. Chains..."
Quel nome riportò l'ombra di un sorriso sul suo viso stanco.
"Ha detto di averla ripetutamente cercata sul cellulare..."
Lucrezia si alzò dirigendosi verso il letto dove aveva appoggiato la sua Hermès.
Cercò il telefono facendo scorrere il dito sullo schermo.
Cinque chiamate senza risposta.
"Ti ha detto che voleva?" Chiese distratta.
"Solo che vi sareste visti alla festa."


E. Chains.
Uomo intrigante e seducente.
Di lui ciò che più l'aveva colpita, la prima volta che si erano conosciuti, era stato il modo in cui aveva saputo attirare su di sé l'attenzione degli invitati ad un ristrettissimo vernissage.
Come le api con il miele.
Impossibile resistergli.
I suoi modi garbati uniti ad una incredibile verve oratoria, l'avevano reso ai suoi occhi estremamente interessante.
Alto. Fisico asciutto ed atletico.
Capelli corti, scuri con riflessi ramati, dal taglio spettinato e alla moda.
Occhi straordinariamente azzurri, profondi.
Intensi.
Come di chi ha mille cose da raccontarti ma non lo farà mai.
Un accenno di barba ad incorniciare labbra piene.
Non c'era stato molto da dire tra di loro.
Un semplice sguardo era bastato.
Due anime vuote.
Alla ricerca di tutto e niente al tempo stesso.
Un sorriso appena visibile.
Fugace.
Ma violento.
Penetrare la sua carne fino alle viscere.
Abbandonarsi l'uno all'altro.
Senza nessuna pretesa.
Senza vincoli o legami che potessero imprigionarli in una lenta agonia.
Senza niente altro che passione bruciante.
Senza...
Amore.


Madame Voelkle.
Bellissima.
In un abito nero, lungo, di chiffon, che accarezzava morbidamente le dolci curve del suo corpo.
Impeccabile.
Tristemente sola.
Come sempre.
Qualcuno le offrì un calice di champagne.
Lo accettò senza nemmeno curarsi di ringraziare.
La testa da un'altra parte.
Giorgiana. Le sussurrò qualcuno all'orecchio.
Si voltò stupita, non trovando nessuno.
Strinse stizzita il bicchiere nella mano, sorridendo con grande sforzo verso un gruppo di signori che la fissavano incuriositi.
Voleva che quella serata appena cominciata, finisse il prima possibile.
Era stanca di conversazioni inutili.
Prive di senso.
Stanca di fingere.
Di trovare scuse che giustificassero ogni volta il suo essere sempre sola.
Stanca di intrattenersi con persone che di lei non vedevano altro che il niente.
La testa le girava un pochino e il caldo sembrava asfissiarla in quella stanza.
Intravide il volto familiare di un uomo basso e tarchiato, dall'evidente stempiatura, avvicinarsi verso di lei con fare gentile.
Lo accolse con un tiepido sorriso.
"Madame Voelkle, benvenuta!" La salutò con un lieve cenno della testa.
"Bersky, carissimo. Sono felice di vederla. Tutto questo è opera sua?" Disse indicando la sala intorno a loro.
L'ometto si gonfiò come un palloncino, tutto tronfio. "Ebbene sì. Cosa ne pensa?"
Lucrezia curvò le labbra impercettibilmente, inchinandosi verso di lui quel tanto che bastava per fargli sentire il profumo della sua pelle.
Sapeva l'effetto che suscitava in lui. "Come al solito ha svolto un ottimo lavoro. Il tema è davvero interessante e sono curiosa di vedere il resto..."
"Così da potermene andare il prima possibile" Concluse silenziosamente.
L'uomo sorrise.
Un'euforia piuttosto strana aveva illuminato il suo viso come se in qualche bizzarra e improbabile maniera avesse potuto sentire la fine del suo pensiero.
"Madame Voelkle noi siamo qui per servirla..." Disse con fare allusorio. "La prego di seguirmi" La invitò e senza darle modo di rispondere si avviò verso una scalinata che portava al piano superiore.
Lucrezia lo seguì senza porre altre domande.
Se questo avesse significato liberarsi dall'intera faccenda lo avrebbe rincorso fino all'Inferno.
Inferno.
Bersky si voltò brevemente verso di lei.
Un altro di quei sorrisi compiaciuti che cominciavano davvero a darle noia.
Il rumore dei suoi tacchi faceva da sottofondo lungo il corridoio vivacemente illuminato.
Una tenda rosso vermiglio sembrava essere la loro meta finale.
Bersky si fermò proprio ad un passo da essa, voltandosi un'ultima volta verso di lei.
Con la mano aprì un passaggio nel pesante tessuto per darle modo di entrare.
La fissò intensamente con uno sguardo che sembrava volesse dirle milioni di cose.
E forse un giorno, non troppo lontano l'avrebbe fatto.
"Madame, benvenuta a Le Cirque des Cauchemars..." Un ultimo sussurro prima di scomparire oltre quella tenda.


Forget Me - NotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora