15. War Of Heart

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La mattina mi svegliai presto senza svegliare Ally. Dovetti ammettere che la sua compagnia mi stava dando molte soddisfazioni, ma non cercai di commentare i suoi gesti o la sua persona per non finire, successivamente, fregata come era successo con Lin. Mi vestii velocemente in bagno, indossando una maglietta rossa che lasciava a nudo le spalle e il petto e dei pantaloni a vita alta, neri. Mi presi un giubbotto nero dall'armadio – dato che avevo spostato tutta la valigia all'interno – e, prendendo il cellulare, uscii dalla mia camera. Quel giorno avremmo dovuto visitare New York City Fire Museum, che distava da 6th Avenue undici minuti in autobus da Av of the Americas /White Station (fermata dell'autobus che si trovava proprio fuori dall'hotel in cui alloggiavamo). Scesi al piano bar dell'hotel, per quanto mi costasse prendere l'ascensore, e mi incamminai verso Michael Key per potermi sedere da qualche parte per fare colazione. All'intero, vi era un grande e lungo bancone pieno di cibo e bevande calde che avrebbero potuto sfamare l'interno stato di New York.
«Lux! Lux!» I miei occhi videro una mano alzata a mezz'aria che richiamò immediatamente la mia attenzione. Era Todd, seduto ad un tavolo con un ragazzo mai visto prima e una ragazza dai capelli biondo ossigenato.
Andai verso di loro e Todd mi fece sedere al suo fianco, su una sedia che aveva riservato per me. Mi diede il buongiorno con un bacio sulle labbra e fui felice di rivederlo.
Imbarazzata dalla presenza dei suoi amici, feci finta di non badare a loro per i primi secondi. «Dormito bene?» Gli chiesi, grattandomi la fronte con l'indice.
Lui annuì e volse la sua attenzione sui suoi amici, presentandomeli. «Lei è Debby Gold e lui è John West.»
Diedi un'occhiata innocua ai due ragazzi mentre stringevo le mani di entrambi. «Lux.» Mi presentai.
John sorrise, mostrando delle fossette che raramente mi capitava di guardare sui volti di chi mi veniva presentato. «Todd ci ha parlato molto di te.»
Guardai il mio ragazzo e rimasi incantata dai suoi occhi verde-blu: avevano un colore del tutto nuovo, era più luminoso, più vivo. Erano bellissimi.
«Avete fame?» Chiese Debby, portandosi i capelli tutti su un lato della spalla.
Annuimmo.
John e Todd si alzarono per andare a prendere qualcosa da mettere nello stomaco e rimasi con Debby, che con quegli occhi nocciola mi stava analizzando come per capire a che razza di animale appartenessi. «Sei di St Louis, vero?» Mi chiese.
Annuii, cercando di sostenere il suo sguardo con scarsi risultati.
«Anche io vivevo in un'altra città. Sono di Seattle.» Mi informò con tono abbastanza gentile.
Spalancai gli occhi, sorpresa come una bambina, e feci per chiederle come fosse Seattle, dato che non c'ero mai stata, ma all'improvviso – e non so ancora per quale motivo – diedi un'occhiata all'entrata del Michael Key e fu proprio in quel momento che entrò Travis, con le sue solite compagne a seguirlo, tanto di cappuccio alzato, jeans strappati e sguardo serio e quasi arrabbiato. Il suo passo, se non mi stavo illudendo come una stupida idiota, stava venendo verso di me e cercai di non farmi prendere dal panico. Distolsi lo sguardo da Travis e tornai a guardare Debby che, però, lo stava guardando anche lei, molto, molto intensamente.
«Ogni volta che entra in scena, mi dimentico di respirare.» Commentò, reggendosi il mento su una mano. «Non succede anche a te?»
Abbassai lo sguardo sulla superficie del tavolo e passai un dito su di essa, come per provare se ci fosse della polvere. «Si, si. Certo.» Commentai con tono annoiato.
«Oh, sta venendo verso la nostra direzione.» Disse in fretta Debby, distogliendo immediatamente lo sguardo e irrigidendo la schiena, facendo finta di non aver fatto niente.
«Ciao, Lux.» Mi salutò Travis, una volta che arrivò finalmente al mio tavolo.
Alzai lo sguardo su di lui che, da come notai, aveva ammiccato ad un debole sorriso. Non lo ricambiai. «Ciao, Travis.» Risposi soltanto.
Lui non si fermò a camminare e, l'illusione che stesse venendo verso la mia direzione, si fece più chiara: stava camminando verso il tavolo che, accidentalmente, si trovava proprio dietro al mio.
«Lo conosci?» Chiese sussurrando Debby.
Non potei risponderle – ringraziando il cielo – perché Todd e John tornarono da noi, con sei piatti che poggiarono sul tavolo.
Todd mi affiancò e si avvicinò al mio orecchio. «Se vuoi, possiamo spostarci.» Mi sussurrò.
Sorridendogli riconoscente, scossi la testa e cominciammo a mangiare ciò che i due ragazzi avevano portato a noi ragazze, ma se in quel momento avessi dovuto essere sincera, la fame che provavo prima di scendere dalla mia camera si era azzerata all'arrivo di Travis.
A metà colazione, tra risate e battute di John, il mio cellulare vibrò nella tasca dei miei pantaloni e lo presi immediatamente. Ho bisogno di un aiuto, mi scrisse Ally. Spalancai gli occhi e feci strisciare la sedia tanto indietro da farla scontrare con quella di Melanie che sedeva proprio dietro di me. Non mi scusai.
«Dove stai andando?» Mi chiese Todd, tutto preoccupato.
Rimisi in tasca il cellulare. «Ally ha un problema.»
«Chi è Ally?» Chiese in fretta.
Non gli risposi.
Debby, John, Todd, Melanie, Lin... Travis... tutti stavano guardando me. Non potevano farsi gli affari propri, tutti loro?
Non volli chiedere scusa del mio cambiamento d'umore, della mia fretta improvvisa. Girai sui tacchi e corsi verso l'ascensore e lo chiamai il più in fretta possibile. Mi chiesi che cosa fosse successo ad Ally e provai anche a chiamarla nel frattempo ma non mi rispose.
Le porte di metallo si aprirono e vi entrai dentro, con una sorpresa inaspettata: con me, entrò anche Travis.
«Per l'amor di Dio, che cosa vuoi?» Chiesi esasperata, mentre premevo sul tasto tre.
Travis se ne restò a braccia incrociate, a guardare le porte di metallo chiudersi. «Non mi andava di restare seduto.»
Alzai gli occhi al cielo e provai un'altra volta a chiamare Ally. Non rispose ancora una volta. Entrai in panico, sia per la mia amica sia per la presenza che avevo vicino.
«Problemi con la coinquilina?» Chiese Travis, guardandomi dal riflesso dello specchio di fronte.
Gli scoccai un'occhiataccia. «E a te cosa può importare?» Chiesi con tutto il ribrezzo possibile.
«Mi importa, e a te fa piacere sentirtelo dire.» Mi rispose con sicurezza.
Mi chiesi il perché l'ascensore stesse andando così lento proprio ora che c'era Travis, però nel frattempo lo avevo ascoltato e, diamine, non potei rispondergli: aveva ragione su ogni cosa, quello fottuto ragazzo che non finiva di stupirmi.
«Lo vedo il modo in cui guardi Todd, Lux. Tu non sei veramente innamorata di lui.»
Sorrisi nervosa, molto nervosa, tenendo stretta la mia calma. «Tu non sai niente. Sei pregato di non parlarmi.»
Una volta che le porte furono riaperte, saltai fuori dall'ascensore, con lui che mi stava dietro.
«Senti, io ci ho provato, d'accordo? Ho provato a non parlarti, ma non ce la faccio.»
Non mi stavo più interessando a lui. L'unico pensiero, al momento, era trovare la mia stanza e Ally. Camminai più velocemente, cercando di concentrarmi unicamente e solo a lei. Solo ad Ally. Ma fu difficile quando mi prese per un polso e mi fece voltare verso di lui.
«Lux, puoi ascoltarmi per cinque secondi!» Lo esclamò così forte che ebbi paura che le persone all'interno delle stanze potessero aver sentito Travis.
Aveva gli occhi blu che facevano rabbrividire per quanto fossero rossi e a corto di una bella dormita. Mi teneva stretta a lui e non aveva intenzione di lasciarmi. Il mio cuore si chiese quando sarebbe finita quella tortura ma realizzò che avrebbe potuto vivere così, attaccato a lui, fino all'eternità. Ma si sa, cuore e mente non collaborano mai, e ciò che pensava la mia mente non c'entrava un bel niente con quello che aveva intenzione di fare il mio cuore. Mi mossi così in fretta che non ebbi idea di cosa stessi facendo: serrai prima le labbra e poi, con la mano libera, gli diedi uno schiaffo - ancora non so dire se sia stato uno schiaffo potente o meno - e mi lasciò stare subito dopo il colpo. Non volli averlo fatto, mi sentii immediatamente in colpa, ma la mia espressione - l'espressione della mia mente - non era in colpa per niente; desiderava dargli quello schiaffo già da un pezzo. «Tu. Devi. Lasciarmi. In. Pace.» Ringhiai. «Tu non sai un bel niente di cosa io provi per lui e non ti permetto di parlarmi dopo tutto ciò che hai fatto.» Fissandolo, indietreggiai.
Lui si stava toccando la guancia colpita, ed ora tinta di rosso, e mi stava guardando con evidente sorpresa e dolore.
«Mi dispiace.» Sussurrai. «Ma la mia amica ha bisogno di me.»
Gli diedi le spalle e tornai al mio percorso, con un vuoto al petto sempre più ampio e sempre più doloroso. Le lacrime cominciarono a sgorgare dai miei occhi prima ancora che riuscissi a raggiungere la mia camera. Bussai velocemente e quando Ally aprì, mi buttai nelle sue braccia e chiusi la porta.
«S-stai bene?» Mi chiese, stringendomi preoccupata e non molto convinta di ciò che stesse facendo.
Annuii contro la sua spalla. «Sto bene. Tu, invece, come stai?»
«Avevo fatto cadere tutti i nostri vestiti dall'armadio ma sono riuscita a fare tutto da sola. T-ti sei preoccupata?»
Non mi arrabbiai. Non mi arrabbiai di essere corsa in fretta su per tre piani per una sciocchezza dopo aver avuto a che fare con Travis. Mi limitai a scuotere la testa e ad abbracciarla ancora. Mi sentii al sicuro tra le sue braccia, tra le braccia di una vera amica che mi avrebbe aiutata sempre.
«Lux, puoi raccontarmi cosa è successo?» Chiese poi.
Strinsi le labbra e nel frattempo sentii il mio cellulare vibrare.
Mi staccai da Ally per prenderlo.
Il mio cuore fece una capriola. Era Travis. Anch'io ho bisogno di te.
Spalancai gli occhi.
Li alzai su Ally.
Le mostrai il messaggio.
Lei socchiuse gli occhi. «E' lui il problema, non è vero?»

BROKEN | Cercavo di salvarloWhere stories live. Discover now