03. Different Kind

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La mattina dopo, fu un'alba abbastanza lunga. Mi ero svegliata quattro volte in quattro orari diversi. Alle tre il russare di mio padre mi aveva svegliata, convincendomi che fossero le 5:30 quando in realtà era notte inoltrata e fuori dalla finestra non si sentivano neanche le macchine che passavano per rientrare a lavoro. Alle quattro ero stata svegliata dalla sensazione brutale di cadere nel sonno, alle cinque pensavo semplicemente che fosse ora di alzarsi e poi, finalmente, arrivarono le 6:00 in punto e dovetti alzarmi davvero. La mamma stava ancora dormendo, mentre mio padre era già uscito di casa a causa di un appuntamento fino a San Diego. Feci stare zitta la sveglia del mio cellulare dopo cinque minuti dal rintocco e mi alzai dal mio comodo letto solo per verificare, sempre dal cellulare, se avessi qualche messaggio non letto da parte di persone importanti - come Travis, magari. Ma niente, non c'era nulla da leggere. Mi incamminai tristemente verso il mio armadio e presi una camicia blu scuro da mettere sotto a dei jeans chiari e strappati. Uscii dalla mia stanza per chiudermi in bagno, in cui ci restai quarantacinque minuti circa. Ne uscii dopo altri venti, vestita, profumata e con un alito che sapeva di menta. Tornai nella mia camera, presi dall'angolo le mie Vans blu jeans e le indossai, salutando le mie comode pantofole verdi a forma di Mike di Monsters & Co (cartone della mia infanzia, d'altronde) e, senza lasciarmi persuadere dal cellulare ancora sotto carica sul mio comodino, rifeci con calma e precisione il mio letto. Aprii la porta finestra della mia camera, che accedeva sul bancone, e lasciai che l'aria pulita e fresca invadesse anche i miei cari polmoni. Ad ottenere tutta la mia attenzione fu il mio cellulare che vibrò per davvero. Mi voltai immediatamente verso di esso, il quale aveva lo schermo illuminato da un messaggio. Balzai immediatamente sul letto che avevo appena sistemato per poter afferrare l'aggeggio tecnologico e lessi con il cuore a mille:

Ti aspetto fuori casa. Andremo a scuola insieme.

Era Travis.

Le mie mani tremarono immediatamente a leggere quelle parole, così il mio cuore ormai impazzito.

D'accordo, fu la mia risposta.

Lasciai cadere dolcemente il cellulare sulla superficie bianca del comodino e restai sdraiata a pancia in giù sul letto – trasognante - fin quando non sentii la porta della camera dei miei genitori cigolare, segno che mia madre si stava alzando. Venne a bussare alla mia porta.
«Avanti!» Esclamai tutta contenta, di buon umore.
La mamma, tutta assonnata, capelli spettinati e occhiaie profonde sotto gli occhi, sbadigliò sulla soglia della mia porta. «Oh, sei già sveglia, Lux?» Chiese stupita.
Annuii, sorridendo. «Già!» Indicai fuori la finestra. «E' una bella giornata, oggi!»
La mamma, a occhi chiusi, annuì, senza badare alle mie parole positive e stranamente euforiche. Girò sui tacchi e chiuse la porta alle sue spalle.
Non vedevo l'ora che si facessero le otto per potermi avviare a scuola e, quindi, avviarmi verso Travis. Nell'attesa sentivo anche un pizzico di agitazione mangiarmi lo stomaco. Mi rendeva nervosa, quell'idiota vestito di nero. Mi rendeva nervosa e fuori di me. Il punto è che realizzai quanto mi piacesse essere guardata dai suoi occhi, da quel suo sguardo cattivo ma nello stesso tempo curioso e dolce, solo quella mattina, dopo quel messaggio. Realizzai quanto mi piacessero le sue mani, grandi e sempre segnate dalle vene ingrossate. Quanto amassi quelle volte in cui incrociava le braccia e lasciava intendere quanto fossero protettive e quanto sarebbe stato bello, un giorno, poter entrare a far parte del suo corpo e sentirmi stringere da lui. Realizzai quanto mi piacesse il suo profumo giornaliero, che non aveva nulla a che fare con i prodotti delle lavatrici o i profumi veri e propri: si trattava di un odore naturale che avevo imparato a conoscere con il passare dei giorni. E poi... poi capii anche quanto mi piacesse stare in  sua presenza. Mi piaceva stare in sua compagnia, poter ridere a causa sua o potergli stare semplicemente accanto. Era bello e basta. E si, avevo già fottutamente perso la testa per lui, cosa che non sarebbe dovuta succedere proprio a me, ragazza debole e sognatrice la quale non poteva sapere a cosa stava andando in contro. Comunque sia, all'orario stabilito, dopo aver salutato Fido e la mamma e dopo essermi messa in spalle lo zaino, decisi di uscire di casa ed incamminarmi sulla strada per arrivare da Travis che, come aveva detto, mi stava aspettando seduto su uno scalino della sua casa, con le cuffie bianche nelle orecchie nascoste dalla sua felpa nera.
Aveva un cappello - il colore non ve lo sto neanche a dire - posto al contrario sui riccioli biondi e portava delle Convers nere sotto dei pantaloni stretti e strappati al ginocchio. Non aveva fatto caso a me se non quando gli misi una mano di fronte la faccia e la scossi per fargli segno della mia presenza. Spalancò gli occhi e si tolse immediatamente le cuffie dalle orecchie e sorrise, alzandosi. «Buongiorno, piedino danzante!» Esclamò, scomponendomi con affetto i capelli i quali non avevo neanche pettinato per quanto fossi in ansia di vederlo.
Sorrisi come se fosse tutto regolare e ci incamminammo dopo avergli dato anche io il buongiorno.
Dopo neanche quindici passi, iniziò a sorridere come uno stupido.
«Perché sorridi in quel modo?» Chiesi immediatamente, da grande impicciona che ero.
Travis sorrise ancor di più, scoprendo i suoi perfetti denti bianchi, e abbassò la testa. «Hai presente quella cameriera di ieri?»
Il mio cuore prese a correre troppo velocemente. Avevo il presentimento che mi stesse per dire qualcosa che non volevo sentire. Cavolo, era iniziata così bene la giornata! «Si...?» Non volevo proprio continuare quella conversazione.
«Beh... lo scopo era quello di portarmi a letto. Tu lo avevi previsto!» Esclamò sinceramente stupito dalle mie "doti" visionarie.
Alzai le sopracciglia, guardando la strada davanti a noi, senza battere ciglio. «E con questo?»
«Mi ha offerto una seduta con lei.» Proseguì con leggerezza.
Mi morsi il labbro, pronta ad attutire il mio cuore infranto.
«Ma ho rifiutato.» Concluse.
Scattai a guardarlo stavolta. «E come mai?»
Travis si rabbuiò. «Ti ho detto che non cerco di portare a letto nessuna.» Si difese, profondamente offeso dalla mia sorpresa. «E non sto qui a cercare ragazze che siano disposte a farlo con me. Non voglio... essere quel tipo di ragazzo.»
Le sue parole scoccarono una freccia che venne attutita dal mio cuore ormai troppo preso a sfornare cuoricini rosa da ogni poro del mio corpo per poter dire anche solo una parola sensata. «Sono... colpita.» Fu l'unica cosa che mi uscii dalla bocca.
«E perché dovresti?» Fu la sua risposta, ridacchiando un po'.
Alzai le spalle. «Non so. Sono solo colpita, davvero. E' una cosa positiva, non pensare a nulla di male.»
Travis mi mise un braccio sulle spalle, mi avvicinò al suo corpo e scoppiò a ridere. «Tu sei tutta da capire.»
Riformulai la frase a mente: tu sei tutta da risistemare a causa mia.

◊  ◊  ◊

Arrivammo a scuola dopo forse quindici minuti a parlare della nostra tipica giornata ideale. Scoprii, dal suo racconto, che la mia idea di "giornata ideale" non equivaleva alla sua. Io amavo stare all'aria aperta, magari in un parco o sulla spiaggia, ad ascoltare musica o scarabocchiare i miei tanti quaderni in cui, durante la mia adolescenza, scrivevo qualsiasi cosa mi saltasse nella mente, mentre la sua idea viaggiava dalla solitudine all'isolarsi dal resto del mondo nelle sue cuffie le quali trasmettevano a lui depressione e diversi generi punk rock. Fui decisamente colpita che un tipo aperto come lui potesse amare la solitudine, ma in fondo lo conoscevo solo da un giorno e qualche ora... cosa mi aspettavo di sapere su di lui con così poco tempo?
L'atrio della scuola era già pieno di studenti sorridenti e felici, però una cosa mi cadde subito nell'occhio: alcuni di loro avevano fatto caso a me e a Travis e ci stavano guardando con stupore, malignità e con aria circospetta. Mi sentii immediatamente a disagio ma l'unica cosa che mi fece rimanere in piedi e mi spronò a continuare a camminare, fu la spalla di lui che era contro la mia, come se volesse farmi notare ad ogni nostro passo che lui era al mio fianco e da lì non se ne sarebbe andato. Lin, la ragazza asiatica, ed altre studentesse che non avevo mai visto prima ma che erano poste in cima alle scale della scuola con la mia presunta "amica", mi fecero segno di raggiungerle, scoccando anche occhiate curiose a Travis, sperando che mi seguisse per arrivare a loro.
Misi il primo piede sullo scalino, ma sentì la mano di lui chiudersi attorno il mio avambraccio. Mi bloccai, correndo a guardarlo. «Tutto bene?» Chiesi immediatamente.
Travis stava guardando Lin e le altre, come per nascondersi dietro la mia sagoma. «Io entro in classe. Ti aspetto direttamente lì.»
Fece per distaccarsi, ma lo fermai serrando la mia mano sul suo polso. «Perché non vieni con me?» Arrossii alla mia stessa domanda, ma attesi la sua risposta.
Travis abbozzò un sorriso tirato. «Non amo stare molto con le persone.»
«E perché con me si?»
«Ti aspetto in classe, okay?» Fu la sua risposta.
Lo lasciai automaticamente, guardandolo andare via e salire le scale per un'altra direzione diversa dalla mia. Salii le scale con tutta la velocità che avevo, fino a Lin e le sue amiche che stavano cinguettando tra loro. «Buongiorno.» Le salutai.
Tutte si azzittirono.
«Buongiorno, Lux!» Esclamò poi una ragazza dai capelli corti e ricci, pelle abbronzata e tutta l'aria di essere sveglia.
«Hai dei capelli fantastici.» Si complimentò la biondina alla destra di Lin.
Mi toccai istintivamente i capelli. «Uh.. grazie.»
Lin alzò gli occhi al cielo e mi prese un braccio. «Ragazze, devo parlare in privato con Lux. Non ci aspettate.»
Senza poterle salutare, fui scossa da Lin che mi trasportava di peso all'interno della scuola. Mi fece salire le scale fino ad arrivare al piano in cui si trovava il mio armadietto. «Ma che ti prende?» Bofonchiai una volta che Lin si fermò a camminare.
Sembrava che in quel corridoio non ci fosse nessun'altro, oltre me e lei, e la cosa mi fece un po' rabbuiare.
«Senti, non sono nessuno per sceglierti le tue compagnie...» Fece una smorfia. «... ma dovevi per forza sceglierti Travis Bernard?» Insinuò come se si stesse appena lamentando.
Fui decisamente colpita dal suo atteggiamento poco educato, così incrociai le braccia, decisa a difendere il mio nuovo amico. «Perché stai dicendo questo?»
«Ho passato quattro anni insieme a lui. Penso di conoscerlo meglio di te.»
Fui profondamente colpita da un attacco di gelosia. «Beh, se stai dicendo che è una brutta persona, credo proprio che questi quattro anni non siano serviti a nulla.» La mia voce uscì acida dalla mia bocca.
Lin unì le mani in grembo. «Lux... non mi piace giudicare le persone, ma con Travis sono obbligata a farlo. Potrebbe avere una brutta influenza su di te.»
«Travis non è quel tipo di persona che pensi di conoscere, Lin. E' un tipo differente dal ragazzo che hai in mente.»
«Lux...»
«So quello che faccio. Travis non mi tratta male.»
«Ma se sei arrivata solo da ieri!» Mi ammoì. Ero certa di conoscerlo quel poco che bastava per poterlo difendere contro Lin ma in realtà pensai che se mi stesse mettendo in guardia, c'era un motivo: ma quale? «Perché sei convinta che Travis sia cattivo?»
«Perché tutti lo conoscono così. Usa le persone, è acido e assolutamente cafone.» Mi poggiò una mano sulla spalla. «Tu non sei così, invece. Perché devi stare dietro a Travis?»
Scossi la testa e sorrisi nervosamente. «Non gli sto dietro.» La mia voce risultò al quanto timida.
Lin si sistemò i capelli. «Però, quello che voglio dirti... lo hai capito?»
Annuii, a malincuore. «Devo conoscerlo meglio, Lin.»
Alzò le spalle. «Basta che gli vieterai di farti il lavaggio del cervello.»
«Però, ammettilo: ha il suo fascino.»
Lin si grattò la nuca. «Non l'ho mai dubitato.»

BROKEN | Cercavo di salvarloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora