07. Todd Jasper

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Quella bella giornata con Travis, era finita in malo modo. Mia madre era stata avvisata dalla scuola che non avevo preso parte alle lezioni - non ero a conoscenza che potessero comunicare l'assenza ad un genitore - e mi aveva riempito di parolone per il fatto che non dovessi cambiare solo perché ora facevo parte di una città diversa da quella di St Louis. Mi fece risalire al petto tutto il senso di colpa che provai quella mattina, quando avevo accettato di avventurarmi per Crescent Bay Park con Travis e non mi sentii molto bene a guardare mia madre che mi guardava a sua volta con fare severo e preoccupato.

«Non dirò nulla a tuo padre.» Disse alla fine, mentre ero pronta a salire le scale per chiudermi in camera. «Ma l'hai fatta grossa, signorina.»

Come avrei voluto fare, misi piede nella sala del tea - si, perché mi stava sgridando nel corridoio principale – ma dovetti fermare le mie gambe perché mia madre si toccò la fronte ed esclamò qualcosa che non compresi. «Spiegami solo il perché.» Alzò le braccia. «Perché non sei entrata a scuola?»

Fu un'ottima domanda, quella. Un'ottima domanda che però non poté avere una risposta. Non avrei mai fatto partecipe mia madre dell'esistenza di Travis. «Non avevo studiato e la professoressa mi avrebbe interrogata.» Fu la mia risposta, prima di ricevere una brutta parola da parte sua ed essere invitata ad andare in camera.

Così, mi trovai in camera a non fare niente per tutto il pomeriggio, scendendo poi in cucina per la cena. Papà sarebbe tornato a momenti e non me la sentivo di salutarlo dopo quello che avevo combinato, seppure alla sua insaputa. Mia madre riprese l'argomento, mi mise in punizione e mi minacciò che non sarei dovuta uscire fin quando non avessi finito di studiare. Per uno strano motivo, quel pomeriggio aveva chiamato la scuola e mi aveva iscritto ad un corso di scrittura creativa, colpo basso per una come me, dato che non sono mai stata amante della scrittura. Così, il giorno dopo, a scuola, sarei dovuta restare per tutto il pomeriggio, fino alle quattro, a seguire uno stupido ed insignificante corso assieme a degli sfigati amanti della scrittura creativa.

«Quindi... non puoi uscire?» Chiese Travis il giorno dopo, incrociando le braccia, con la sua spalla forzuta contro il suo armadietto accanto al mio.

Annuii, sconsolata. «È una tortura! Io neanche ci voglio restare il pomeriggio a scuola!»

Travis serrò le labbra. «Mi sento in colpa.» Mi intimò.

Spalancai gli occhi e chiusi il mio armadietto. «Perché è colpa tua!» Esclamai, sorpassandolo per potermi avviare verso l'aula  n. 92.

Travis mi affiancò immediatamente nella camminata. «Colpa mia? Sei tu che hai accettato! Non ti ho obbligata!» Si difese.

Mi fermai, volgendo il mio sguardo verso di lui. Degli studenti ci guardarono, si fissarono e sgattaiolarono via. Non diedi molta importanza al loro comportamento. Socchiusi gli occhi e respirai a fondo per non perdere la calma. «Scusami. Hai ragione.» Chiusi una mano a pugno. «Solo che... odio i corsi pomeridiani!» Mi lamentai.

Travis rise un po', alleviando la mia tensione. «Se ti va stare meglio, i miei hanno scoperto che ho rotto le loro vetrine e hanno mandato mio zio che abita in città a sistemare tutto. Sai cosa vuol dire averlo in casa? Domande su domande! Ed io odio le domande!», sospirò e si toccò i capelli, «Fra non meno di tre giorni, il lavoro sarà finito e potrai venire da me, se vuoi sfogarti un po'.»

Sorrisi. Mi stava offrendo un invito a casa sua? «Sei molto carino. Spero solo che mia madre mi lascerà uscire.» La campanella suonò attorno a noi e sospirai, triste di dover interrompere la nostra chiacchiera. «Ci vediamo domani.»

Travis fece una smorfia. «Non penso di venire questi giorni. Non mi fido molto di mio zio quando è a casa mia, da solo.»

Mi sentii un vuoto al petto. Sarei stata tre giorni senza vederlo? «Oh.»

BROKEN | Cercavo di salvarloWhere stories live. Discover now