13. Love Don't Break Me

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Ero pronta ad annoiarmi e a guardare la partita fingendomi interessata. Mi ero stretta nel mio giubbotto e avevo il cellulare in mano con l'intento di chiamare Todd e verificare dove si trovasse. Avevo riservato un posto per lui, proprio accanto a me, ma non lo vedevo in giro. Pensai che, forse, c'era stato un problema serio con suo cugino e che non aveva neanche tempo di venire alla partita e che, quindi, ero lì per niente. Attesi comunque. Attesi fin troppo.
Da dietro le tribune, apparve Travis, con il cappuccio del giubbotto alzato e una strana andatura. Mi alzai e feci per chiamarlo per offrirgli il posto libero accanto a me se non fosse apparsa al suo fianco Melanie. Si trovavano mano nella mano. Spalancai gli occhi e mi sedetti subito. Sentii una strana scossa perforarmi lo stomaco e all'improvviso mi sentii in colpa. Tutte le belle e dolci parole di Travis riservate a me, e solo a me, proprio quel pomeriggio, erano andate a farsi fottere. Perché c'era Melanie con lui? Quando avevano avuto l'occasione di parlare? Perché erano mano nella mano? Queste erano le domande che più premevano nella mia testa, ora che li avevo visti. Non c'era Todd, non potevo concentrare la mia agitazione su qualcuno, tanto meno su qualcosa, perciò pensai di andarmene e sperare che Todd mi avrebbe spiegato la sua assenza il giorno dopo a scuola, però qualcuno si sedette a quel maledetto osto riservato – che riservato ormai non era più - e sbiancai.
Pensavo di aver superato la preoccupazione e l'agitazione che esercitava Lin su di me, invece eccola di nuovo lì, accanto a me, pronta ad uccidermi se solo avesse voluto.
«Non è occupato, vero?» Chiese, rivolta al posto su cui ormai era seduta, senza scomodarsi ad ascoltare la mia risposta. «Non sono carini?» Aggiunse poi, avvicinandosi a me per sussurrarmi le parole, facendo poi un cenno verso Travis e Melanie.
Non la guardai nemmeno. Mi limitai a scrutare il campo come se fosse diventato, all'improvviso, molto interessante. «Mi spieghi cosa vuoi da me? Hai ottenuto quello che vuoi, sei contenta?» Sussurrai, scandendo per bene le parole. «Adesso lasciami in pace.»
Lin si scosse i capelli con una mano. «Pensavo che saremmo potute diventare amiche.»
Risi amaramente, scoccandole una lenta occhiata. «Neanche per idea.»
«Pensi che io sia orribile? Beh, ora lui pensa che la persona orribile sei tu. Per averlo trattato come un immaturo quando mi hai spiegato che lui non è pronto per una relazione. Ah, si, ora è al corrente di ogni cosa, Lux. E sai perché lo è? Perché tu non mi hai dato ascolto, perché tu non lo hai lasciato perdere e ti sei affezionato a lui come lui si affezionato a te, stranamente. E questa è anche colpa tua. Se l'avessi lasciato stare e non vi sareste avvicinati così tanto, ora Travis non sarebbe incazzato con te e non sarebbe tanto stupido a mettersi con una come Melanie.»
Spalancai la bocca, ora volgendomi verso di lei. «Ma tu che razza di persona sei? Perché dici questo nei confronti di Melanie?»
«Melanie ottiene sempre ciò che vuole ed in passato mi ha aiutata in molte cose... perciò adesso è ora che l'aiuti io, cosa che ho fatto.» Mi spiegò. «Se fossi stato in Travis, avrei lasciato stare immediatamente Melanie. Ma lui è arrabbiato con la sua migliore amica tanto da non riuscire a ragionare lucidamente.» Alzò le sopracciglia. «L'hai fatta grossa, Lux, parlando in quel modo di Travis.» Articolò quelle parole come se volesse sputarmi addosso del veleno.
Distolsi lo sguardo, pronta a scoppiare a piangere, se non fosse stato per la partita che iniziò proprio in quel momento.
«Sta entrando in campo il grande faro della Santa Monica High School, la nostra grande àncora che ci tiene in salvo! Un applauso alla nostra squadra del cuore!» Esclamò una voce appartenete ad un ragazzo, felice di presentare quella partita come se fossimo tutti in uno stadio olimpionico.
Scoccai delle occhiate infastidite a Travis e Melanie che sembrava stessero parlando troppo vicini. Mi morsi le labbra e tornai a guardare la squadra scolastica appena entrata in campo, tanto di divisa blu jeans e scarpette da calcio di colori diversi e fluorescenti. Cercai di concentrarmi su di loro, che sembravano gli unici individui felici in quel campo, e scrutai ogni faccia di ogni giocatore. Non avevo mai visto quei ragazzi prima d'ora ma dovetti ammetterlo: come ogni squadra del liceo, erano tutti molto carini. Ad eccezione di uno, che mi sembrò subito familiare il quale mi fece sorridere immediatamente dalla sorpresa. C'era Todd in campo. Era proprio Todd Jasper, che aveva anche lui incrociato il mio sguardo, e stava venendo verso la mia tribuna. Mi lanciò un bacio orgoglioso e tornò dagli altri.
All'improvviso, mi unii agli applausi e risi: non c'era stato nessun falso allarme con suo cugino. Era dovuto scappare verso il campo
«Che carino, Todd. Ti ha fatto una sorpresa. Non sapevi che facesse parte della squadra di calcio, vero?»
Scossi la testa, tornando ad essere irritata e nervosa.
Tornai a guardare Travis e Melanie, stavolta più sicura che si stessero baciando, e, non so come potesse essere successo, mi andò di traverso la saliva e iniziai a tossire.
«Tutto bene?» Mi chiese Lin, un po' schifata e un po' curiosa di sapere cosa mi stesse accadendo.
Le alzai il dito medio e mi sbrigai a scendere dalle tribune. Avevo bisogno di acqua e pensai immediatamente alle macchinette della scuola. Corsi via tra le due tribune, con gli sguardi di tutti puntati su di me. Non volevo abbandonare la partita, adesso che avevo scoperto che Todd era un giocatore della squadra e che mi aveva chiesto ripetutamente di esserci per vederlo giocare, ma non potevo neanche rischiare di soffocare. Tossii ancora e ancora e mi fermai un attimo. Le scale dell'istituto erano a pochi metri da me e dovetti fare un ultimo sforzo. Salii velocemente le scale e, miseriaccia, la tosse non ne voleva sapere di smettere. Presi qualche spicciolo dalla tasca del mio giubbotto e mi imbattei nella macchinetta delle bibite del primo piano - perché salire fino al terzo piano non se ne parlava proprio. Infilai le monetine nella macchinetta, digitai in fretta il codice e l'acqua cadde giù. La presi e il bello, perché la fortuna non era mai con me, non riuscii ad aprirla. Avevo cominciato a lacrimare e non riuscire ad aprire quella bottiglia mi fece andare nel panico. Con mani tremanti, cercai con tutte le mie forze di aprirla, ma il destino volle che furono delle calde e grandi mani ad aprirmi quella bottiglia.
Sospirai di sollievo e, quando me la restituì aperta, bevvi un poco e respirai per alleviare l'attacco di tosse che svanì. Svanì grazie a Travis che era davanti a me e mi stava guardando con sguardo severo e autoritario. Chiusi la bottiglia e respirai, prendendo qualche secondo per decidere se parlare o meno.
Non lo stavo guardando negli occhi, perciò mi costrinsi ad alzare lo sguardo su di lui. «Avanti, puoi urlarmi contro quanto ti pare.» Mormorai, distogliendo immediatamente lo guardo e posarlo sulle mattonelle grigie del corridoio scolastico semibuio.
Travis irrigidì i muscoli delle braccia. «Perché dovrei urlarti contro?»
Sospirai. Un po' per irritazione, un po' per stanchezza. Sapeva proprio come mandare in tilt una persona. «Dovresti urlarmi contro perché non ti ho fatto sapere che mesi fa ho parlato con Lin e mi ha fatto partecipe dell'interesse che Melanie prova per te. Dovresti urlarmi contro perché ti ho fatto passare per un ragazzo che non sa ancora come badare ai sentimenti e perché ho deciso io al tuo posto.» Serrai le labbra. Mi sentii una merda. «Mi dispiace.» Sussurrai.
Travis non mi rispose immediatamente. Rimase a guardarmi con quello sguardo profondo e omicida e pregai chiunque si trovasse in cielo di farlo smettere. «Avresti dovuto dirmelo.» Rispose con una strana voce, una voce troppo calma per appartenere a Travis.
Lo scrutai con i miei occhi indagatori e non riuscii a captare il gioco che aveva scelto di giocare. Perché non si alterava? Perché aveva quella voce così inquietante e maledettamente fastidiosa? «Pensavo che non ti importasse.» Risposi.
In quel momento lo vidi agitarsi, ma fu soltanto una mia impressione. «Anche io pensavo che non ti importasse del mio compleanno, eppure eri lì con me. A casa mia, per altro.»
Mi morsi la lingua. Era un duro colpo essere abbattuta con le mie stesse abilità psicologiche. Mi maledissi. «Sei arrabbiato?» Chiesi a denti stretti.
Travis fece un passo avanti. «Sono arrabbiato.» Mi rispose. «Quando deciderai di comportarti come una ragazza matura, chiamami.» Si voltò e fece per andarsene.
Venni investita da un brivido di rabbia. «Vieni a dire a me di comportarmi come una ragazza matura?!» Gridai. «Seriamente?»
Travis si bloccò sui suoi passi. Si voltò lentamente e aprì le braccia verso l'esterno. «Non sei perfetta, Lux. Tutti noi abbiamo dei difetti.» Esclamò, riuscendo ancora a dominare il nervoso che gli stavo facendo provare.
«Quante volte, invece, ti sei comportato da stupido tu?» Continuai, senza pensare a quello che stessi dicendo. «Quante volte, eh Travis?»
Lui si strofinò le mani sul volto. «Qui non si tratta di me!» Riuscì ad urlare contro di me, spezzando la catena di calma e tranquillità che stava cercando di mantenere. «Qui si tratta di te!» Venne verso di me. Si piantonò davanti ai miei occhi. Non ebbe paura a guardarli, spaventati dalla sua collera. «Per te, potrebbe sembrare una cazzata il motivo per cui stiamo litigando, come ogni santo giorno da quando siamo entrati l'uno nella vita dell'altra, ma per me no. Ti ho lasciata libera di decidere da sola, libera di stare con Todd per quanto mi desse e mi dia tutt'ora fastidio il solo fatto che lui possa baciarti. Ti ho lasciato la libertà di fare ogni cosa quando hai messo in chiaro che non dovevo intromettermi nella tua vita. Poi sbagli tu e dobbiamo chiudere la faccenda parlando di me? Quando parleremo mai dei tuoi sbagli? Della tua impulsività e il tuo saper dominare le cose, cose che neanche ti appartengono?» La vena che pulsava lungo l'incavo del suo collo mi fece paura quanto il pugno atroce che aveva appena rotto in mille pezzi il mio cuore. Non avevo mai avuto conferma del fatto che a Travis desse fastidio la compagnia di Todd o che era stato comprensivo nei confronti delle mie scelte. Lui, che era stronzo e giornalmente bipolare, era diventato comprensivo e maturo davanti la mia vita. Era cambiato. Era cambiato per... me. All'inizio della conversazione, proprio in quel momento, non si stava alterando per la decisione che aveva intrapreso lui stesso, ovvero quella di cambiare. Di maturare. Mi guardò con dolore. Un dolore che potei decifrare in quel blu presente nelle sue iridi.
Fu uno dei tipici momenti in cui avrei voluto baciarlo e basta, mandando a fanculo i miei sentimenti per Todd e tutti quegli altri che mi forzavano a provare per Travis soltanto una semplice amicizia.
Si morse il labbro inferiore, mi accarezzò una guancia con lentezza e, veloce come un gatto, ritrasse la mano e fece un passo indietro. «Puoi aiutare qualsiasi persona in questo mondo, Lux. Lo puoi fare, te lo dico con tutta la sincerità che possiedo.» Fece una pausa, deglutendo. «Ma non puoi aiutare qualcuno che è destinato a cadere. Non puoi e basta.» Scosse lievemente il capo. «Ci ho pensato molto, ultimamente. Ho pensato a me, a te... a questa cosa che si è creata. E va bene così, davvero. Ma ho anche realizzato che tu non potrai mai aiutare una persona che ha l'anima sporca di peccati e di pensieri che cambiano continuamente. Non potrai mai mettere le mani addosso ad un corpo vivo ma morto dentro con l'intenzione di salvarlo da qualcosa di inspiegabile. Le leggi umane vogliono questo e tu non puoi cambiarle. Nessuno può. Ti ho detto di starmi accanto perché ho paura di vivere questa persona che sto diventando. E sto diventando qualcuno che non sono. Qualcuno che ha a cuore le persone, soprattutto una, soprattutto te. Ho paura di quello che sto diventando. Ho paura di iniziare a provare qualcosa. Devo essere salvato da questo, non da quello che sono sempre stato. Non voglio provare nulla di nuovo perché mi andava bene il nero e l'essere libero da tutti e da tutto. Ho capito qual è la tua intenzione ed io devo fermarti, Lux. Tu non puoi cercare di salvarmi. Tu non potrai mai salvarmi.» Scandì le ultime due frasi come se volesse tatuarmele nella mente.
Feci cadere lo sguardo sul pavimento. Pregai che smettesse di parlare. Pregai di smettere perché stavo cominciando a sanguinare da ogni fottuto centimetro del mio cuore che dominava tutto il resto del corpo. Pregai che ora si voltasse e che mi lasciasse da sola, stavolta per davvero. Pregai ogni cosa, ma fu come se non stessi pregando niente.
«Ho bisogno di starti lontano per un po'.» Sussurrò, per concludere. «Farebbe bene anche a te.»
Mi morsi l'interno della guancia. «Va bene. Okay.» Sussurrai io, cercando di dominare la mia voce incrinata a causa del pianto che avrebbe voluto prendere controllo della situazione. «Se è quello che vuoi, mi va più che bene.» Indicai debolmente l'esterno. «Credo che sia meglio che tu vada. Melanie starà chiedendo di te.» Feci una smorfia con le labbra. «Sono felice che abbia ottenuto quello che voleva. Spero che anche tu sia felice.»
«Credo proprio che sarò felice con lei.»
«Auguri.» Conclusi io, realizzando che se fossi rimasta a guardare la partita mi sarei ferita ancora di più. Allora decisi di superarlo e camminare così veloce da riuscire ad abbandonare l'istituto e l'intera scuola.
Camminai verso casa, dimenticandomi di Todd.
Odiai con tutto il mio cuore la vita che stavo vivendo in quella maledetta città.

Spero che la storia vi stia piacendo! Tornerò molto presto con il prossimo capitolo! Sto cercando di scrivere molto ultimamente così da poter revisionare più capitoli e pubblicarli un po' alla volta!

Vi voglio bene :)

BROKEN | Cercavo di salvarloWhere stories live. Discover now