02. Irresistible

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Non appena salii le scale della mia casa in Nelson Way, presi il mio zaino posizionandolo sulla mia gamba flessa per prendere dalla tasca piccola, dove tenevo sempre la merenda per la scuola, le chiavi della porta. Chiusi il mio zaino, lo rimisi sulle spalle e conficcai le chiavi nella serratura della porta e la aprii, tamponando qualcosa di abbastanza pesante che non mi fece aprire del tutto la porta. In un primo momento mi spaventai, però poi cercai di guardare oltre quel poco spazio che si era creato tra il "mondo intero" e quello "esterno" e notai, all'interno della fessura, delle scatole di cartone ovunque, sul pavimento principale. Sospirai di sollievo, grata di non aver pestato il mio cane, Fido. Nonostante abitassimo a Santa Monica già dall'estate dello stesso anno, tra lavoro e cene, mia madre e mio padre non avevano quasi tempo di respirare in casa con la loro figlia, ma a quanto pare, in quel momento, mamma era tornata in anticipo e si stava mettendo a lavoro, finalmente. Diedi vari colpi alla porta per cercare di spostarla - di spostare anche le scatole - e quando ci riuscii, respirai a fondo, vittoriosa, e mi tolsi lo zaino dalle spalle, buttandolo accanto lo stipite della porta. Camminai per il corridoio, tra le scatole piene di ogni cosa che avevamo a St Louis e le feste di Fido che era sceso dalle scale per poter venire da me e salutarmi (era un maschietto di labrador piuttosto vivace) e, una volta accarezzato, andai a mettere piede nel salotto al lato sinistro del corridoio, un'ampia stanza di mobili vintage la quale irradiava molta luce, un piacere della mamma che ama la luce solare. La ritrovai proprio lì a postare ogni vaso, piatti antichi e cose del genere su mobili e pareti.

«Ehi, mamma?» Mi fermai accanto al divano di pelle bordeaux.

La mamma saltò dallo spavento e sorrise quando incontrò i miei occhi azzurri quanto i suoi. «Tesoro!» Venne ad abbracciarmi e a darmi un bel bacio sulla guancia. Nonostante non fosse mai presente a casa, quando c'era sapeva sempre come coccolarmi. «Come è andata a scuola?» Si distanziò da me ma continuò a tenere le sue mani magre e forti sulle mie spalle.

Mi tornarono le farfalle nello stomaco e cercai di non contorcermi dall'agitazione che mi trasmetteva il pensiero di Travis. «Ehm... ho conosciuto Lin.» Mi grattai la nuca, incerta sul dirle di Travis. «Viene dalla Cina. È molto simpatica.» Aggiunsi distogliendo lo sguardo nervoso da quello di mia madre. No, non riuscivo proprio a dirle nulla di Travis. Poteva essere una cosa normale dirle Ehi, mamma, ho conosciuto anche un ragazzo, si chiama Travis! però per quanto le volessi bene, sapeva essere molto invadente e non mi avrebbe lasciata stare neanche un secondo senza non parlare del ragazzo Total Black. Perciò tenni a bada la mia lingua e aspettai che lei mi rispondesse.

«Oh! Fantastico! Potrai invitarla qui quando vuoi, Lux!»

Le sorrisi riconoscente. Ecco... era anche un po' troppo conclusiva, ma mai quanto me. «Grazie, lo farò.» Guardai tutto ciò che stava facendo e inarcai le sopracciglia. «Ci stai mettendo tutta te stessa, vedo.»

Mia madre ridacchiò. «È ora che io torni a lavoro!»

Annuii, d'accordo con lei. «Sono in camera mia, se mi stai cercando.»

La mamma annuì felice e mi diede di nuovo le spalle. Fui sicura che non mi avesse ascoltata, ma non mi importò molto. Volevo che la mia casa diventasse la mia vera casa e non vedevo l'ora che tutta l'abitazione si trasformasse in tale, senza nessuna scatola o roba sottosopra in giro. Tornai allora alla porta principale per acciuffare il mio povero zaino rimasto lì da solo ed entrai all'interno di un arco circolare il quale portava a destra, in una stanza a cui la mamma teneva molto: essendo di origini inglesi, amava il tea inglese, perciò le piaceva far occupare una stanza alle sue origini. Così, in mezzo a vetrine di piatti, tazze da tea e di tavolini raffinati, abbandonai la stanza per salire le scale, trovatasi sulla parete sinistra dal punto di vista dell'entrata. Il sottoscala confinava sia con la stanza del tea  sia con il salotto dove c'era la mamma ed era per questo motivo che io potevo sentirla canticchiare anche dalle scale. Decisi di salire in fretta, ma mi fermai a metà perché sentì il cellulare vibrarmi intensamente nella tasca dello zaino. Lo presi immediatamente e lessi sullo schermo un numero sconosciuto. Non mi piaceva quando succedeva, quando a chiamarmi era un numero che non conoscevo, perché pensavo ad ogni cosa di terribile che potesse capitarmi se avessi soltanto risposto. Però mi feci coraggio e risposi. «Pronto?»

BROKEN | Cercavo di salvarloWhere stories live. Discover now