Epilogue.

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Scenari del genere mi sembravano tipici dei film d'amore più tristi, dove , con alle spalle il panorama di un'alba più rossa del solito, il profilo del protagonista si allontana per raggiungere uno dei gate all'aeroporto. In quel caso la protagonista ero io e non si trattava di un'alba, quanto più, per il mio cuore, di un tramonto. In quel momento non pensavo a ciò che iniziava, ma a ciò che sarebbe finito. Farmi domande era sempre stato uno dei caratteri distintivi del mio modo di agire. C'è chi agisce per istinto e sensazioni, senza interrompersi mai a trovare delle risposte a delle domande che possono sorgere da un momento all'altro. Io ero invece esattamente nella posizione di chi rischia, ma col cuore pieno di punti interrogativi. Ciò non significava che non mi lasciavo andare. Affatto. Ciò significava che avrei avuto più difficoltà nel ricongiungere i pezzi una volta che una circostanza avesse distrutto ciò che di più caro batteva dentro di me. Le ferite nel cuore sono le più profonde, ma anche le più invisibili, agli occhi altrui. Io le sento. Sento quelle ferite bruciare, ma anche tentare di cicatrizzare, quando l'amore sfiora le mie mani, la mia bocca. In quel momento però dopo aver assaporato con ogni parte di me l'intensità di un sentimento come quello del vero amore, srebbe stato ancora più difficile ricongiungere tutto ciò che ho perso di me nel cammino che mi ha portato fino ad ora, fino a questa decisione.

Probabilmente in molti potranno pensare che sto scappando. Che sto scappando con la paura di voltarmi indietro e poter trovare anche solo una ragione per interrompere questa decisione.

La realtà è che di ragioni per voltarmi ne ho più di una.

"Sei sicura, tesoro?"

"Ci hai pensato bene? Lo so, è un progetto grandioso e noi siamo fieri di te, ma... sei sicura che non sia qualcos'altro che ti spinge a prendere questa decisione, ora?"
"mamma, papà..." – dissi, mentre sentivo i miei occhi inumidirsi – "ci sono troppi motivi che mi spingono a fare questo ora. Ho bisogno di pensare a me, per il momento. Non riesco più a fidarmi delle persone che entrano nella mia vita, non riesco più a pensare che le persone che mi guardano negli occhi mi stiano dicendo la verità. Ci sono stati troppi problemi, troppe situazioni, troppo dolore...in così poco tempo ed io ho bisogno di staccare. Sto scappando forse? Non lo so, ma ve lo giuro che è l'unica cosa di cui ho bisogno al momento" – conclusi, cercando di trattenere i singhiozzi. Finsi un sorriso, prima che mia madre si avvicinò e mi accarezzò la guancia.

"Noi siamo qui per te, sempre. Non esitare a chiamarci, in qualsiasi ora del giorno e della notte." – rispose mio padre, anche lui avvicinandosi a me. Mi abbracciarono teneramente entrambi.

"Grazie di avermi capito. So che stare fuori per qualche mese vi potrebbe preoccupare, ma so che mi capirete. Mi impegnerò totalmente in questo progetto dell'Accademia"

"Sarai all'altezza piccola" – disse mia madre prima di lasciare un tenero bacio sulla mia guancia.

"Cosmopolitan, Rolling Stones, qualche sudoku.."

"Dinah, dove le metto tutte queste riviste?"

"Non lo so, ma almeno saprai cosa fare in tutte queste ore di viaggio" – rispose la mia amica prima di ridacchiare e sedersi accanto a me.

"Sicuramente non mi annoierò" – dissi, leggendo la copertina della prima rivista – "c'è uno speciale su Beyoncè e sulla sua carriera da cantante!"

"Si beh, potrei averlo letto mentre venivo qui" – sussurrò la ragazza avvicinandosi al mio orecchio – "metti a portata di mano qualche clinex"

"Dinah" – iniziai, guardandola negli occhi – "non sono come te che piango per qualsiasi cosa che riguardi Queen Bey!"

"Sono solo una persona troppo sensibile, ok?" – affermò convinta la bionda prima di metter su un'espressione offesa, accavallare le gambe e incrociare le braccia.

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