45. chapter forty-five.

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s/a: amatemi per un aggiornamento alle 01:34.  




"Dobbiamo per forza giocare? Non è meglio continuare a bere?" – disse Dinah, osservando ciascuno tutti coloro che erano di fronte a lei, seduti. In quel momento eravamo a cerchio accomodati ognuno su una sedia. In quella maniera lo sguardo di chiunque poteva scrutare i lineamenti delle altre persone, un po' come se ognuno potesse individuare l'incertezza negli occhi di qualsiasi ragazzo in quella sala. L'aria si stava facendo sempre più tesa.

"Si, ora giochiamo perché è un gioco divertente, giusto Lauren?" – disse Bradley, il quale era esattamente di fronte a me. Lo guardai incerta e gli sorrisi in maniera convincente anche se era difficile pensare a cosa sarebbe potuto succedere in quella sera. Difatti ogni minuto che passava creava un'alone di paura dentro di me sempre più pesante e le mie emozioni avevano paura perfino a trapelarsi sul mio volto. Avevo una sensazione negativa dentro di me e niente e nessuno avrebbe potuto annullarla. Fu in quel momento che il rumore di una porta al piano di sopra attirò la mia ttenzione. Poco dopo i piedi in quelle scarpe chiare di Camila comparvero dalla scalinata del salone e subito la ragazza mi osservò mentre ormai stava superando anche l'ultimo gradino. Il suo sguardo divenne subito più incuriosito e confuso, non appena le sue iridi marroni videro la nostra collocazione:

"Ehi, che succede?" – chiese tranquillamente.

"Il signor Carter ha deciso che ora giochiamo a obbligo o verità" – rispose Damian, poggiando la sua mano sulla spalla del moro. Gli sorrise, prima che il pittore ricambiò il gesto.

"Ah, va bene, io devo sistemare delle cose dillà, divertitevi" – liquidò la castana, muovendosi in direzione della cucina.

"Ma come Camila, ci abbandoni cosi?" – disse Bradley, alzandosi e ridacchiando.

"Mia sorella ora dorme, ne vorrei approfittare per sistemare delle cose dillà, visto che verrà mio padre qui in giornata e non vorrei fargli trovare niente in disordine" – rispose, con calma ed un filo di voce la tirocinante, prima di guardarmi in maniera rapida e sorridermi leggermente. Mi imbarazzai sentendo i suoi occhi su di me.

"Non accetto scuse, Camila. Giocheremo tutti stasera" – rispose lui in maniera determinata. Vidi il loro sguardo scontrarsi, mentre il ragazzo stava letteralmente sfidando con le sue parole la ragazza a restare. Cosa aveva in mente? Infondo nel suo sangue c'era molto alcool che lo rendeva sempre più scontroso e quasi superficiale. Speravo che in qualche modo la ragazza riuscisse a sfuggire dalla sua proposta.

"Dai Cami, cinque minuti, cosa sarà mai?" – aggiunse suo fratello, con uno sguardo calmo e tranquillo. La ragazza sospirò prima di prendere una sedia e aggiungerla tra Normani e Troye:

"Va bene, cinque minuti" – concluse, sorridendo.

La guardai, mentre gli altri discutevano delle regole del gioco, a perdi tempo. I suoi occhi erano lucidi, ma impauriti. Era come se anche lei stesse lentamente divenendo più tesa e vittima di quel gioco che non sapeva nessuno di noi quante vittime avrebbe mietuto. Infondo la verità sapevamo benissimo sarebbe sempre trapelata, solo che avrei evitato che in una circostanza del genere sarebbe uscito qualcosa sul mio amore per lei.

"iniziamo?" – disse Richard, l'amico di Camila dai corti capelli neri.

"Si" – disse Bradley – "inizia tu, Cristina" – concluse lanciandomi un'ultimo sguardo. Vedevo nei suoi occhi un qualcosa che mi impauriva. Probabilmente erano solo paranoie, infondo Bradley non sapeva niente di me e Camila, ma domani sarebbe stato finalmente il giorno della verità. Lui meritava che io fossi sincera e Camila meritava di essere amata alla luce del sole.

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