6.Le fasi

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Probabilmente c'è solo una cosa più difficile che assistere a un funerale: andare la prima volta al cimitero e realizzare che sotto quel terreno c'è una persona che fino a poche settimane prima faceva parte della tua vita. Ora che sia un parente, un amico, una persona anziana o giovane, l'effetto è sempre quello: pensare al corpo sotto un macigno di terreno, e basta. Allora a quel punto te ne freghi della religione, del paradiso, dell'inferno, del purgatorio o di qualsiasi altra sciocchezza. Realizzi la perdita.


In psichiatria, esistono ben cinque fasi per categorizzare l'elaborazione di un lutto, ma si sa che ognuno la affronta in modo diverso, ed ogni tappa ha un tempo differente per ogni persona:


1. Fase della negazione


2. Fase della rabbia


3. Fase della contrattazione


4. Fase della depressione


5. Fase dell'accettazione


Una psichiatra svizzera ha stilato queste tappe, che poi nel corso degli anni sono state perfezionate e constatate da altrettanti psichiatri. Visto dall'esterno è facile analizzare tutto, ma da vicino la realtà è ben diversa. Quando ci sei davvero dentro non badi a fasi, tappe, perché non sei più tu. Tutto quello che provi non è altro che l'immagine di quel corpo sepolto, il pensiero che sarà presto cibo per gli animali. All'inizio è dura accettare, semplicemente perché tutto ciò che è accaduto, non sembra assolutamente vero; ti domandi come sia potuto succedere, perché così in fretta. Questa è la prima fase. Dopo ne seguono altre quattro, una peggiore dell'altra, con durata temporale più o meno lunga. Alla fine, quando tutto sembra essere quasi superato, c'è la rassegnazione.


Questa tappa può sembrare particolarmente cattiva, ma se pensiamo che durante tutta la vita, un individuo quasi sempre subirà circa due, tre, o più lutti importanti, ci rendiamo conto che in fondo tanto cattivi non siamo. Quando muore una persona il nostro istinto, la nostra mente, ci fa pensare che non potremo vivere senza di essa, ma quanto è vero? Pensiamo allo scopo della vita. Senza dubbio non è quello di esserne dipendenti da un'altra. È stare bene, attraversando anche momenti bui, ma nessuno ha bisogno costantemente di un altro. Tutti siamo individui autonomi che durante il corso della vita si uniscono ad altrettanti individui, ma nessuno di questi alla fine è davvero indispensabile per la nostra sopravvivenza. Tutti possiamo fare ampiamente a meno dell'altro.


Un lutto ci annebbia la mente, ci impedisce di ragionare correttamente, ma quando è arrivata la rassegnazione, ritorniamo in noi e cominciamo a riflettere sul serio.


La vita è fatta così, e per quanto i progressi della medicina stiano cercando di allungarla il più possibile, prima o poi tutti moriremo - e persone intorno a noi soffriranno.


Mark è nel bel mezzo della prima fase, ancora sconvolto e incredulo riguardo ciò che è successo. La prima fase - così si dice - è quella più brutta. Non ti rendi conto appieno della situazione, ma questo è senza dubbio un fattore soggettivo.


Oggi è il suo primo giorno al cimitero dopo il funerale; quel giorno se ne era stato in disparte, muto e con gli occhi coperti. Oggi è diverso: c'è solo lui vicino quella lapide, col nome e la foto della sua amata. Non riesce a perdonarle il modo in cui l'ha tenuto all'oscuro da tutto né tantomeno ne comprende il motivo. L'avrebbero superata insieme quella battaglia, quei ricordi li avrebbero abbattuti insieme, con la forza dell'amore. Mark è troppo ingenuo, o probabilmente troppo nel pallone, per capire che anche se gliene avesse parlato non era lui la persona giusta per poterla aiutare.


Ce l'ha anche con suo padre, quello finto, perché sapeva tutto e non gliene ha mai parlato. Ce l'ha col mondo intero, e per l'ennesima volta nella sua vita si sente un ragazzo incompreso. Non vedeva e non vedrà mai Sophie come sua sorella. E poi quel bambino ... lo voleva a tutti i costi. Ma adesso è troppo tardi per parlare, troppo tardi per i sensi di colpa.


Lei è morta, o meglio si è uccisa.


"Si è uccisa". Mark non riesce in nessun modo ad accettare la cosa, è troppo lontano da quella fase, troppo lontano da quello di cui gli esperti parlano. Gli psichiatri, brutta gente. Hanno rovinato la vita di Sophie, in particolar modo quell'uomo senza competenza né anima. Presentarsi al funerale con quel finto volto dispiaciuto è stata una provocazione vera e propria, che David stava cogliendo al volo.


Dà un ultimo sguardo alla foto, poi si alza e cammina verso l'esterno; sulla lapide ha posato dei gigli bianchi e una canna.


"Non è stata tanto dura" - pensa nella sua mente. Ma in realtà lo è stato eccome. È fuori dal cimitero, oggi come al solito ha saltato la scuola. La preside il giorno prima lo ha convocato per ritardi costanti nella consegna dei compiti e numerose assenze. Si sta lasciando andare, la disperazione, il lutto, la voglia di sapere a tutti i costi, lo stanno divorando.


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