3. Sophie

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Circa un paio di anni fa, smisi di parlare. Non parlavo più tanto nessuno mi avrebbe compresa. I miei non si sono mai domandati il perché di tale comportamento, nemmeno i miei amici, eppure un motivo doveva esserci. Nessuno ha mai cercato di mettersi nei miei panni, o più semplicemente di chiedermi quale fosse il problema, perché io mi sarei anche accontentata di un semplice ''tu hai smesso di parlare e se lo hai fatto un motivo deve pur esserci. Puoi parlarmene, senza scrupoli, senza paure. Sono qui per te.''
Sono una persona tremendamente debole e insicura, che alla prima scossa crolla. Le persone con le scosse ci creano dei grattacieli, io son capace di distruggere anche quei quattro mattoni che ero stata capace di alzare.
Mio fratello è completamente l'opposto: ha solo due anni più di me ma è un guerriero, ed è anche bello. Io l'adoro. Riusciva a tenere testa a tutti, a portarsi a letto chiunque voleva, lui si che si faceva rispettare. A scuola era il primo della classe e non è mai riuscito a farsi trascinare in brutti giri. Era il sogno erotico di tutte le adolescenti. Tutto ciò che so fare, lo devo a lui. Mi ha insegnato a cucinare, a occuparmi della casa... e sì, nostra madre è sempre stata una vagabonda. Era capace di alzarsi nel mezzo della notte e di prendere il primo volo che trovava per l'Europa. Se l'è girata quasi tutta e continua a farlo, una mamma più che moderna direi.
Tornando a me, credo di aver fondato tutta la mia sicurezza sul sesso. Mi eccita tutto, non m'importa se sia giovane o adulto, magro o grasso, alto o basso, muscoloso o non, se ce l'abbia piccolo o grosso, io voglio farmelo. È un bisogno umano, fisiologico, normale. Non mi sento sbagliata per questo, mi piace e lo faccio.
La mia storia è un misto di parole non dette e di violenza, tantissima violenza. Ho solo sedici anni ed ho rischiato di morire già due volte, me la sono cavata bene. La prima volta che mi sono spinta fino in fondo, non la dimenticherò mai; c'era una festa, io come regola non potevo andarci poiché avevo solo quattordici anni. Era un party molto particolare, in cui i veri protagonisti non eravamo noi, ma il sesso, la droga, l'alcol e la prostituzione. Mio fratello mi accompagnò lì sapendo che quello non era il posto giusto per me. ''Qui si viene a morire'', diceva la persona che ci accoglieva. Io ridevo, tanto, troppo, ero già maledettamente fusa. Volevo divertirmi e provare sensazioni forti, fare sesso, sentirmi bella e importante anche solo per una notte per qualcuno. Ma così non fu. Un ragazzo sulla ventina si avvicinò a me e dolcemente mi portò in una stanza. Risi alla vista di quello spettacolo: un letto matrimoniale con le coperte bianche, una scrivania stracolma di fogli bianchi sul lato destro della stanza proprio accanto alla finestra. Mi rimase impresso l'ordine dei fogli che decoravano la scrivania; c'erano delle penne, ordinate dalla più piccola alla più grande, disposte in modo quasi ossessivo, e per un istante pensai che quella stanza dovesse appartenere a una persona fissata. Alzando lo sguardo, un lampadario padroneggiava la stanza: era antico e stonava completamente con tutto l'arredamento. Di fronte al letto, c'era un armadio abbastanza grande, bianco dello stesso colore delle coperte, ma la cosa che più mi colpì, fu in assoluto quella luce rossa che emanava in tutta la stanza. Non so dire da dove provenisse, ma trasmetteva tanta tranquillità. Fece sembrare il momento più piacevole, più profondo. Probabilmente ero troppo stupida per capire che in realtà quel ragazzo mi stava solo usando. E così da ingenua quattordicenne, alta un metro e settanta, occhi azzurri e magra come uno stecchino, permisi a quell'uomo di farlo. Fu un'esperienza all'inizio bella, e non poco, ma più il rapporto continuava e più avvertivo un forte senso di pericolo. Cominciò a stringermi forte e a mordermi ovunque, e in men che non si dica persi i sensi; quando andai in ospedale, i medici mi spiegarono tutto: in un bicchiere di acqua, mi avevano messo la cosiddetta ''droga da stupro '', la Ketamina. Mi fregarono perché era insapore e inodore. Mi sono svegliata in un letto d'ospedale, rischiando la morte, non ricordavo nulla inizialmente. Più il tempo passava e più rifiorivano i ricordi, e così dopo due anni ricordo tutto perfettamente.
La seconda volta, invece, è stata poco tempo fa. Ero esausta e avevo allucinazioni sia visive e sia uditive. Una vocina mi diceva che dovevo farla finita, che i tagli non bastavano più; ho iniziato ad assumere un farmaco tre volte a settimana, mi permetteva di rimettere subito ogni cosa ingerita. Poi ho smesso perché mi stavano beccando. Tra gli effetti collaterali di quel medicinale, c'erano lesioni cardiache: se avessi continuato, mi sarei distrutta il cuore. Sono stata bene per un po', ma ho ricominciato di nuovo con i tagli e quando le voci sembravano avere il controllo su di me, non ho continuato a fingere, ma sono andata fino in fondo. Ho preso la lametta e puff. Mi ci sono voluti tanti punti e tre mesi di ricovero in clinica, per farmi tornare normale; prendevo antidepressivi e facevo psicoterapia tre volte a settimana. Sembrava che tutto ciò mi stesse facendo bene, ma poi ci sono ricaduta. Ed eccomi qui, ora, a raccontarvi del mio passato e se ve ne parlo, è perché il presente fa ancora più schifo.
Sono incastrata in una sorta di triangolo: io, David e Mark, e sono tanto indecisa. Con David mi diverto in tutti i modi possibili e immaginabili, abbiamo la perversione nel sangue. Poi dall'altro lato c'è Mark; so che mi ama e che lui mi vorrebbe, il gran problema è che lo amo anch'io. Nessuno lo sa, voglio tenerli sulle spine e dirlo quando nessuno se lo aspetta. So che David soffrirà, sono sicura che lui mi ami. Il problema è che mi amano troppe persone ed io tengo molto a Mark, ma non voglio darlo a vedere. Se la cosa uscisse, so per certo che Mary non vorrebbe guardarmi più in faccia e penserebbe che io le abbia rubato il ragazzo.
Giusy, la mia migliore amica, dice di seguire il mio cuore, ma nonostante lei sia una persona tanto ingenua e ancora bambina, sono sicura che lei sappia chi voglio davvero. Non me lo dice, ma è così.
Solo che io non so se ce la faccio ad amare, i miei si stanno separando e quella stronza di mia madre non ha pensato neppure per un attimo alle conseguenze delle sue azioni. Ha agito senza pensare. Poi ieri le ho detto ''perchè hai mentito a papà per così tanto tempo?'' e lei mi ha risposto che la verità fa male. Ed è vero, ma lei è una persona adulta, non una ragazzina. Avrebbe dovuto trovare il coraggio di parlare con papà, di spiegarle le cose come stavano.
''Guarda John, io non ti amo più. Ci ho provato tanto a farmi tornare la voglia di amarti ancora ma proprio non ci riesco. Ti prego John, perdonami, anche se sono andata a letto con tuo fratello.''
Invece no, ha fatto tutto di nascosto. Avevo capito perfettamente come stavano le cose, anche se facevo finta di niente. Un mattino qualcuno bussò alla porta: era lo zio Luke. ''Agatha, io ti amo. So che questo potrebbe essere un amore impossibile, ma voglio provarci, PROVIAMOCI.''
Inutile dire la reazione di papà, credo di non averlo mai sentito urlare tanto quanto allora. ''Io ti amavo Agatha, ti amavo e manco te ne rendevi conto. Hai preferito quello stronzo di mio fratello a me.''
La mamma mi è stata vicina quando sono stata male; una volta quando ero nel letto d'ospedale, mi ha persino detto ''ti voglio bene''. Le credo, anche se non sempre lo dimostra. Credo che lei abbia paura di me, mi vede quasi come una bomba, non sa cosa può aspettarsi. Sa che potrei esplodere da un momento all'altro. Ha letto molti opuscoli riguardo la depressione, tra le conseguenze di quest'ultima, se non è curata, c'è un'alta probabilità di diminuzione di concentrazione, di memoria, può portare a condizionare il rapporto con genitori, familiari, amici e con se stessi e il proprio corpo. Porta al ritiro sociale e impedisce di mangiare e dormire bene. La depressione, talvolta, può portare anche al suicidio. Si preoccupa per me, da brava mamma. Anche se la critico tanto in fondo lo è.
Vado a scrivere il mio diario, è notte fonda. Non faccio che pensare che per vivere bene ci voglia un manuale di sopravvivenza.

Il Male DentroWhere stories live. Discover now