Capitolo 60

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Più le ore passano, più Ethan sembra nervoso. Non tollera il dovere rimanere a letto. Non sopporta le mani dell'infermiera quando cerca di aiutarlo. Risponde male al dottore e brontola di continuo. Sembra proprio un bambino capriccioso. Quando mi sono alzata questa mattina, l'ho trovato sveglio e intento ad osservarmi. La cosa non mi ha dato fastidio ma ho avuto come l'impressione che stesse pensando a qualcosa di veramente importante perché quando ho lanciato uno sguardo al suo viso, i suoi occhi erano adombrati, distanti quasi rossi. Vorrei potere leggere nel pensiero.
Ho dormito davvero bene tra le sue braccia e ho anche fatto un sogno stranissimo in cui lui mi raccontava come ci siamo conosciuti e cosa ha provato. Questo mi ha un po' destabilizzata perché andrò via e non so quando ci rivedremo.
Sistemo il letto e attendo che sia tornato dalla visita. Rimetto in ordine la stanza anche se le inservienti mi hanno chiesto più di non farlo. Purtroppo è più forte di me. Devo tenermi impegnata o impazzisco. Per la testa ho troppe cose. Si accavallano di continuo e rischiano di provocare seri danni.
Non sento Parker da tre giorni. Sarà arrabbiato, deluso, freddo. So di avere sbagliato ma non posso accettare la sua proposta di matrimonio. Non posso sposarmi e rischiare di commettere l'ennesimo stupidissimo errore che potrebbe rovinare la mia vita e la sua. Lo amo, mi manca però non so proprio come fare per chiarire. Non credo ci sia un modo giusto in questo caso e non ho il coraggio di chiamarlo, di fare il primo passo.
Dalla porta entrano Ethan e l'infermiera. Stanno discutendo come al solito. Lui mi lancia uno sguardo complice poi si lascia aiutare per sdraiarsi sul letto.
«Dovrò cambiare le bende. Oggi puoi fare un bagno completo». La donna inizia a prendere la garza e il disinfettante. Dispone tutto sul comodino e si avvicina a Ethan il quale la guarda subito male. «Lei non mi tocca», scaccia brusco le sue mani.
«È il mio lavoro. Prima si lava, prima io posso medicarle le ferite e andarmene. Mi creda: l'odio è reciproco», replica asciutta l'infermiera.
«Faccio da solo», si rialza e barcolla un momento tenendosi all'asta della flebo. Mi affretto correndo accanto a lui. «Stai male?», domando preoccupata con la mano sul suo petto. Percepisco i suoi battiti in leggero aumento.
«Sto bene. Vado a fare questa maledetta doccia così poi se ne andrà e non romperà più le palle per oggi!»
La donna sbuffa. «Non so come lo sopporti. Io lo avrei mandato a quel paese da un bel po'.» Dice rivolgendosi a me.
Sorrido e reggendo Ethan rispondo: «bisogna prenderlo per il verso giusto. È un po' come i bambini».
L'infermiera si avvicina e Ethan scosta subito le sue mani. «Lei non entrerà in bagno con me», sbraita.
«Allora dovrà farlo sua moglie. Non può lavarsi da solo per via dei punti. Deve stare attento a non bagnarli e lei non mi sembra il tipo che fa attenzione alla sua salute.»
Sento di essere appena stata frustata alla schiena. Cosa dovrei fare? Io lavare Ethan? Non se ne parla!
«Si, mia moglie è sicuramente la scelta più opportuna. Ha le mani più morbide delle sue», brontola ancora ma con un sorrisetto sfrontato sulle labbra.
L'infermiera alza gli occhi al cielo e poi mi guarda. «Si assicuri che non si bagnino i punti. Appena finisce di lavarlo, rimetta le bende pulite e prima passi questi disinfettanti. Tornerò tra un paio di minuti».
Annuisco anche se un po' tentennante. Non sono sicura di volere entrare nel bagno con Ethan. Per quanto abbia bisogno non credo sia una scelta sensata. Sto per commettere un errore, lo so. Accompagno Ethan nel bagno e torno in stanza per prendere una tuta pulita che TJ ha portato mentre dormivo, le bende e i flaconi. La donna mi augura buona fortuna prima di uscire dalla porta. Ne avrò bisogno, penso subito.
Trovo Ethan appoggiato alla vasca. Apro subito l'acqua miscelandola. Lo guardo un momento insicura poi mi avvicino a lui porto le mani dietro il suo collo e slaccio il suo camice dal laccetto. Ethan stringe i denti quando mi aiuta. Rivedere quei tatuaggi, fa un certo effetto. Ho l'istinto di toccarli uno ad uno ma trattengo le mani e mordendo il labbro lo aiuto ad entrare nella vasca dopo che tranquillo si è tolto anche i boxer. Strizzo la spugna e inizio a passarla sulla sua pelle facendo attenzione ai punti che cadranno da soli nel giro di qualche giorno o settimana. Le mani tremano inizialmente. Sto davvero toccando la sua pelle?
Non riesco proprio a nascondere il nervoso. Cavolo, non è la prima volta che lo vedo o che tocco la sua pelle. La vocina dentro la mia testa inizia a rimproverarmi.
«Perché tremi?»
«Non sto tremando. Oggi sei stato troppo cattivo con quella donna. Dovrai chiederle scusa», balbetto a disagio.
«Non mi toccherà più. Le tue dita sono più delicate delle sue anche se tremano», lancia uno sguardo alle mie mani. Blocca il polso e le sue dita tracciano una linea sul mio braccio.
Schiarisco la voce e continuo a lavarlo per finire in fretta. Provo un certo imbarazzo e non riesco ancora a credere di toccare la sua pelle e di tremare ad ogni tocco. Sono più tesa di una corda di violino. Cosa diavolo sto facendo?
«Ecco fatto!», mi allontano per prendere un asciugamano e glielo passo affinché possa indossarlo.
«Non dirmi che sei imbarazzata», sussurra contro il mio orecchio quasi divertito. «Mi hai già visto nudo».
È dannatamente vicino. Sento il sangue ribollire e depositarsi sulle orecchie e sulle guance tradendo le mie emozioni. Mordo il labbro e prendo il disinfettante. Asciugo la parte circostante e poi tocco le cicatrici sul fianco e sulla spalla. Taglio la garza con precisione e tappo le ferite in via di guarigione. Sciacquo le mani e gli passo la tuta per cambiarsi. Tra meno di 24 ore saremo fuori da questo posto e ognuno tornerà alla propria vita.
«Non ho avuto modo di raccontarti la verità. Non ho avuto modo di chiederti scusa...»
Indossa i pantaloni a fatica. Sente dolore alle costole e stringe i denti. Si lascia aiutare con la maglietta senza fiatare per fortuna.
Di punto in bianco, afferra i miei fianchi trascinandomi su di sé. Mi manca il fiato tanto sono intensi i suoi occhi. Allontano la mano dal suo petto e scosto una ciocca dietro l'orecchio consapevole di essere rossa in viso. Non so cosa abbia in mente ma so che non dovrebbe comportarsi in questo modo. Non ora.
«Non scappare», mormora tra i denti accarezzando il mio viso mentre lo tiene stretto tra le mani. Avvicina poi le sue labbra sulle mie. Sorride e la sua mano preme sulla mia schiena costringendomi ad avvicinare il mio corpo contro il suo. Sento la pelle formicolare nei punti in cui le sue dita mi stanno toccando. Cosa faccio?
Il cuore batte forte, così forte da avere paura di poterlo sentire attraverso le pareti.
Sfiora le mie labbra. Chiudo gli occhi e trattengo il fiato per un nano secondo. Ho uno strano vuoto allo stomaco e la mente si perde quando sento la sua bocca sulla mia. La sua lingua chiede il permesso e quando le mie labbra si schiudono si impossessa della mia bocca. Risveglia subito le falene assassine dentro. Ansimo e lui inspira di scatto prima di mordere le mie labbra e scendere lungo la gola lasciando piccoli baci infuocati al suo passaggio poi torna ad avventarsi sulla mia bocca.
Riesco a staccarmi e affannata mi allontano da lui. «Perché?», domando intontita, spaesata e senza fiato. «Perché mi fai questo?»
«Perché non puoi fuggire dai sentimenti. Tanto meno da quello che provi quando mi avvicino. A te sembra che io non me ne renda conto ma è evidente. Tremi, diventi rossa, schiarisci la voce, mordi il labbro, trattieni il respiro. Mi ami più di quanto credi!»
«Non ho mai negato di amarti. Non posso ricambiare. Sono impegnata e tu stai approfittando del momento per abbattere le mie barriere. Non illuderti.»
«Emma quella che si sta illudendo sei proprio tu! Smetti di pensare per un momento e vivi, per davvero. Ti ho baciato io, è vero. Lo rifarei ancora perché ti amo, perché ti voglio, perché sei solo mia!»
Il cuore galoppa troppo veloce e non ho modo di fermarlo. Solo lui è in grado di provocarmi una così forte emozione. «Dovresti sciacquare il viso e lavare i capelli ora. Vieni, ti aiuto», balbetto sistemandomi accanto al lavandino.
Sembra turbato. Si avvicina e si lascia aiutare ancora una volta. Lavo i suoi capelli che sono morbidi e poi passo una crema sul suo viso. Mi soffermo sul sopracciglio. Quel sopracciglio tagliato così sexy. Tento di non annegare in mezzo ai flashback che continuo ad avere di noi due insieme. Trattengo a stento le lacrime.
«Ho fatto parecchi casini. Ti ho mentito, ho tentato di proteggerti e ti sei fatta male. Sei scappata e ti sei rifugiata tra le braccia di un altro. Non me lo perdonerò mai questo, sappilo.»
Ci guardiamo per un lungo istante carico di aspettative e tensione poi sorridiamo. «Che casino eh?», sospiro.
«Si», risponde abbassando le spalle.
Si sentono dei passi nell'altra stanza. «Usciamo da questo bagno. L'infermiera sarà tornata per staccarti la flebo. Forse anche la testa se non le chiedi scusa.»
Annuisce sorridendo nel suo modo dolce e mettendo un braccio attorno alle mie spalle ci avviamo in camera.
«Il bimbo ha smesso di fare i capricci. Adesso è lavato e pulito. E le deve delle...», mi blocco sulla soglia e le parole muoiono in gola. Parker, Anya, Mark, Daniel, sono in camera. Ci guardano attenti. Lascio subito la presa da Ethan il quale viene circondato dalla sua famiglia e mi avvicino a Parker.
«Ehi»
«Ehi», saluto in imbarazzo. Inizio ad avere i sensi di colpa per quello che è appena successo dentro quel bagno.
«Possiamo?»
Saetto con lo sguardo verso gli altri poi lo seguo fuori. Ci sediamo su una panchina, inizialmente a debita distanza.
«Come stai?»
«Sono stata meglio». Stringo i pugni sulle ginocchia. Osservo le mie nocche diventate bianche. È così che ci si sente? È così che ci si sente quando ami troppo una persona e hai paura di ferirla o peggio: deluderla?
La mia vita è un gran casino. Parker ne fa parte e non posso impedirlo. Non posso fingere di non provare niente per lui perché io nutro un forte sentimento nei suoi confronti. Il problema è che non ho ancora capito se questo sentimento supera quello che provo con e per Ethan.
«Tornerai a casa?», domanda fissando un punto lontano. Le sue spalle sono abbassate e sembra tranquillo, forse troppo.
«Si», gioco con un pilucco invisibile.
«Vuoi ancora stare con me o devo farmi da parte?», si volta.
I miei occhi saettano sui suoi. «Sei ancora arrabbiato?»
«Si, con me stesso più che altro», gratta la fronte e si avvicina.
Appoggio subito la testa sulla sua spalla mentre la sua mano stringe la mia. Chiudo gli occhi per un secondo e sospiro. «Non volevo scappare in quel modo», dico a bassa voce.
«Ti ho urlato contro e trattato male. Lo meritavo», fissa le nostre dita intrecciate.
«Dovevo...»
«Lo so. Hai fatto la cosa giusta in fondo è ancora tuo marito...» Sorride in modo dolce.
Istintivamente gli getto le braccia al collo. Nascondo il viso e inspiro il suo profumo. «Mi sei mancato», mormoro.
Sento il suo corpo dapprima rigido, sussultare e poi rilassarsi. La sua presa si stringe e le sue labbra toccano la mia testa prima di trovare la mia bocca. «Anche tu mi sei mancata principessa». Tocca il mio viso come se dovesse accertarsi che io sia reale e tutta intera.
Calde lacrime iniziano a rigare il mio viso. Non riesco proprio a trattenerle. Ho accumulato troppe cose in questi giorni. Sentimenti, sensazioni, pensieri. Tutto si è accavallato e ho rischiato di scoppiare da un momento all'altro senza possibilità di ripresa.
Crollare è facile. La cosa difficile invece è il doversi riprendere. Ci vuole tempo. Ci vorrà del tempo perché le ferite si rimarginino una ad una ma alla fine quello che davvero conta è andare avanti.
«Torniamo a casa?», domanda rialzandosi.
Asciugo le lacrime e tiro su con il naso prima di rispondere: «vado a prendere le mie cose».
Parker mi segue in stanza tenendomi per mano. Entro senza bussare e trovo tutti attorno ad Ethan. Stanno parlando in modo serio e non sembrano notare la mia presenza. Meglio, penso subito. Farà meno male. O no?
Inizio ad avere i primi dubbi ma ormai ho preso una decisione. Giusta o sbagliata che sia, devo portarla avanti.
«Te ne vai?»
Ethan mi fissa con aria seria e attenta. Tutti si interrompono lanciandosi qualche sguardo. So cosa stanno pensando.
Trattengo il grosso nodo che ho in gola. «Beh, la tua famiglia è arrivata. Non hai più bisogno di me quindi tolgo le tende», mi volto e afferro la valigia. Rischio di piangere ancora. Devo calmarmi. Ho bisogno di aria. Questo non è un addio. Devo uscire da questo posto e in fretta.
Senza voltarmi indietro proseguo verso la porta. Non posso guardarlo. Non devo. Continuo a ripeterlo mentre Parker prende la valigia aprendo la porta. Una volta richiusa alle nostre spalle, il mio cuore sprofonda nello sconforto.

N/A:
~ Non sempre un nuovo inizio si ha dopo una fine. Ci sono inizi che non sono inizi e ci sono momenti e sensazioni che non hanno fine. Nel bene e nel male di mezzo c'è sempre l'amore. L'amore è il sentimento più complicato a volte e spesso il più doloroso ma vince su tutto.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Grazie per avere letto ogni capitolo, commentato, votato e condiviso con me e con altre persone questa storia.
~ Emma tornerà a Vancouver con Parker ma cosa succederà quando anche Ethan si trasferirà? I due avranno modo di vedersi e forse succederanno delle cose prima di...
(Vi comunico che presto inizierò una nuova storia d'amore. Spero passerete a leggerla).
Se volete, passate pure a leggere:
- Ogni traccia che ho di te
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Buona serata 😘 ~

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