Capitolo 62

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«Scappiamo da questo posto?», mormora contro il mio orecchio Parker.
Ci guardiamo complici e dopo un momento salutiamo tutti usciamo dall'appartamento di Lexa con una scusa.
La piccola festa che hanno organizzato non è stata male. Peccato per i partecipanti. C'era la madre di David, una vera tiranna. Parlava di continuo. Stavo proprio soffocando e per mettermi ad urlare. Sono riuscita a trattenermi a stento quando ha gettato delle frecciatine alla mia amica la quale con contegno è riuscita a reggere il confronto difendendosi per come si deve.
Parker sembra stanco e anche affamato. Inoltre sembra anche preoccupato. Non ha toccato cibo per tutta la serata. In realtà neanche io. La cucina di quella donna non mi convinceva più di tanto. Non credo di averlo mai visto così. Da giorni c'è questo strano cambiamento in lui ma non ne fa parola e quando chiedo svia quasi sempre il discorso con un sorriso e un bacio a stampo.
Ci fermiamo di fronte un fastfood e ordiniamo delle schifezze da mangiare in tranquillità nel nostro posto speciale. Panini, patatine, il dolce e qualcosa da bere.
L'aria attorno è calda. Appena posteggia nell'enorme spiazzale, si alza un polverone attorno. Fisso incantata le luci della città e sorrido mentre addento il panino con pollo e patatine. Mi esce inevitabilmente un verso di apprezzamento.
«Non ti vedo mangiare così da settimane», addenta il suo hamburger e sorseggia la sua bibita. Sembra anche riflettere sulle sue stesse parole.
Non so cosa rispondere a questo. Al lavoro mi hanno ribadito più volte di non fare più nessuna dieta perché diventerò trasparente. Sono convinti che io sia una di quelle modelle fanatiche con il cibo e il fisico. La verità è ben diversa. Non sono una modella principalmente. Ci sono giorni in cui ho una fame da lupi, altri in cui mangio quanto basta altri ancora in cui mi sale una nausea pazzesca alla vista del cibo e preferisco rifiutare. Ultimamente sono un groviglio di sentimenti, emozioni, sensazioni e questo influisce sul mio stato mentale e fisico. Per non parlare degli incubi che continuano a tormentare le mie notti.
Sorrido e passo una mano tra i suoi capelli morbidi per fargli una carezza. Sembra assorto, in questi giorni è stato parecchio impegnato con il lavoro. Ho cercato di aiutarlo come meglio potevo ma non ha voluto stressarmi ulteriormente. Questo è il periodo in cui la gente impazzisce. Le pratiche del divorzio aumentano così come le richieste di aiuto.
Mi siedo su di lui e continuiamo a mangiare. «Questa era una cena decisamente migliore», dico.
Annuisce e mi sorride. Stampo un bacio sulle sue labbra incapace di trattenermi e poi bevo un sorso della sua bibita.
«Hai della...»
«Cosa? Dove?» mi agito passando la mano sul viso con il rischio di imbrattarmi.
Ride mentre con il tovagliolo cerca di pulire le mie labbra. Rinuncia e inizia a baciare e a passare la lingua. Ridacchio sulle sue labbra e stringo la presa sulla sua maglietta.
Mi sono mancati questi nostri strani momenti insieme. Ultimamente siamo così lontani, così stanchi.
Stranamente si è vestito casual oggi. Di solito è sempre in giacca e cravatta. Anche così sta più che bene. Indossa jeans aderenti chiari, una maglietta nera stretta. Ha gli occhi limpidi e fissi sui miei. È bello ed è a poca distanza.
«Oggi hai visto Jason?», domanda.
«Si, mi ha chiesto di te. Gli stai simpatico.» Penso alla giornata passata con il piccolo. Cresce di giorno in giorno e presto inizierà a fare strage di cuori. Il mio lo ha già rapito.
«Tu sei come una mamma per lui lo sai?»
Arrossisco scuotendo la testa. «Non credo mi veda come una mamma. Sono più una sorella maggiore che non ha», replico.
«Ho visto come ti guarda. Tu lo tratti come un figlio quando stai con lui. È una cosa bella Emma.»
Porta una ciocca dietro il mio orecchio. Nel suo sorriso c'è qualcosa che non va. Perché si sta incupendo. Getto le braccia attorno al suo collo. «Voglio un bambino tutto mio. Chissà come sarà» ridacchio. Penso ad un bambino con le fossette, gli occhi vispi e il carattere forte.
Con uno scatto mi fa sistemare a cavalcioni su di lui e inizia a baciarmi con possesso. Stringe la presa sulla mia schiena e geme quando premo il mio corpo contro il suo. Si ferma un momento facendo un grosso respiro. «Sono sicuro che sarà meraviglioso. Emma, devo dirti una cosa».
Aggrotto le sopracciglia mentre il mio stomaco si contrae. Sapevo che c'era qualcosa che non andava. Di solito è allegro e pieno di vita. Sono tre giorni che sembra cupo e pensieroso. «Sono preoccupata per te. Cosa c'è che non va? Con me puoi parlarne, lo sai...»
Deglutisce e prova ad allontanarmi ma rimango su di lui. «È difficile e so che dopo averlo detto, tu avrai bisogno di tempo per pensarci. Sappi che io non ti forzerò in alcun modo perché capisco che può essere una situazione difficile...»
Tappo la sua bocca con un bacio spingendomi su di lui. Mordo le sue labbra facendolo gemere. Scuote la testa e si stacca leggermente a corto di fiato. «Non distrarmi così!», boccheggia. «Tu vuoi avere un bambino, una famiglia numerosa...»
«Si, un pulmino di bambini. Ricordi?», ridacchio ma notando che è serio taccio immediatamente. Aggrotto la fronte. Deglutisco a fatica. Cosa sta succedendo?
«Lo so», sussurra distogliendo lo sguardo.
Poso le dita sotto il suo mento e lo costringo a guardarmi. «Cosa ti succede? A me puoi dirlo! Viviamo insieme no?» Inizio a preoccuparmi e ad agitarmi visibilmente.
«Ricordi la visita medica della settimana scorsa?»
Faccio cenno di sì. Bevo un sorso d'acqua per placare la sete e per bagnare la gola diventata di punto in bianco secca come il deserto.
«Hanno riscontrato un problema...»
Il mio cuore ha uno strano spasmo. «Se è per il cuore, ne abbiamo già parlato. Sai che non ti permetterò di giocare...»
Scuote la testa posando due dita sulle mie labbra per azzittirmi. Finalmente mi guarda negli occhi ma i suoi sono tristi. «No. Mi hanno detto che... mi hanno detto che con ogni probabilità non posso avere figli»
Sento come se mi avessero appena scaricato una valanga gelata di acqua addosso. «Cosa?», balbetto.
«Non potrò darti un figlio Emma. Non potrò essere padre e non voglio che tu stia con me se poi dovrai convivere con questa realtà. Non voglio che tu soffra a causa mia mentre tentiamo e non succede. Dovrò fare altre visite e qualche cura ma... ascolta, so quanto ci tieni a diventare mamma e non voglio essere d'intralcio. Capirò se non vorrai stare con me. Ti dò tutto il tempo per riflettere bene su questo.»
Scuoto la testa incredula. «Perché non me lo hai detto subito?»
«Sei stata male in questi giorni. Quando mi hanno dato la notizia sembravi esserti ripresa e non volevo farti ricadere di nuovo in quel brutto vortice. Scusami...»
Lo guardo ancora incredula. «Non volevi o non riuscivi a parlarne con me?»
«Non potevo darti anche questo peso. Capirò se non vorrai avere a che fare con me.» Abbassa lo sguardo.
Alzo di nuovo il suo viso e lo abbraccio. «Credi che questo mi fermerà? Possiamo trovare altri modi se non funzionano le cure. Adozione, donazione...», sorrido timida. Prendo il suo viso tra le mani. «Io ti amo e non perché potresti darmi o meno un figlio ma perché sei tu. Sei Parker Johansson e sei il mio ragazzo. Conviviamo da mesi e non mi importa se un giorno non potremo allargare la famiglia. Possiamo sempre prendere un cucciolo o viaggiare...», gesticolo.
Blocca i miei polsi. Ha capito che questa notizia mi ha spiazzata. Sono confusa e parlo velocemente per paura di fermarmi e rendermi conto del fatto che dovrò rinunciare a qualcosa di davvero importante nella vita ma soprattutto per paura di scoppiare in lacrime davanti a lui e rendere questo momento peggiore.
«Emma, io non voglio che tu un giorno ti svegli rinfacciandomi questo. Non posso accettarlo e non voglio essere egoista. Non posso chiederti di rinunciare ad una cosa così importante».
«Il problema non c'è ora no? Cioè non dobbiamo pensare ad un bambino ora. Siamo adulti e provvederemo quando avremo sistemato tutto il resto. In fondo ho ancora ventidue anni...» sorrido sdrammatizzando mentre dentro inizio ad avere il caos. La mia voce non esce poi così convincete alle mie stesse orecchie.
«Si ma se le cure non funzionano, tra un anno o un mese, non cambierà. Io, non cambierò», sbraita frustrato.
«Stiamo davvero discutendo? Ti accetto per quello che sei. Non voglio più parlare di questo ok? Va tutto bene. Ora, voglio solo sapere come stai tu», ribatto stringendomi nuovamente a lui.
«Sto uno schifo, per te. Avevo immaginato molte volte il nostro bambino e ora...», sbuffa e guarda verso le luci per aggrapparsi a qualcosa. Avrà visto i miei occhi lucidi.
«Anch'io devo dirti una cosa». Prendo in mano la situazione. Devo salvare il salvabile. Lo devo anche a me stessa. Devo mantenermi a galla. Non posso sprofondare.
«Torno in ufficio!», sorrido e attendo una sua reazione.
Parker non sembra avere capito e dopo un momento spalanca gli occhi e poi sorride anche se in modo triste. «Non lo stai facendo per questo vero?»
Scuoto la testa e tra le sue labbra rispondo: «no testone. Quando mi hai chiesto di tornare in cuor mio ho accettato ma a causa dell'orgoglio sono rimasta a casa e lontana dal resto. Voglio tornare, lavorare, divertirmi. Voglio ricominciare a vivere un po'», sfioro le sue labbra.
Stringe la presa sui miei glutei. «Se qualcosa non andrà bene me lo dirai?»
«Promesso», sussurro con il cuore in mano.
Iniziamo a baciarci dapprima lentamente poi il bacio diviene possessivo.
Stringo la presa sulla sua maglietta e mi spingo su di lui. Affannata lascio che baci la mia pelle sensibile. Affondo le dita tra i suoi capelli e tiro indietro la sua testa. «Adesso voglio solo farmi coccolare dal mio ragazzo».
Chiude gli occhi e mi avvicina maggiormente a sé. Scosta la spallina del vestitino e bacia le spalle, il collo, la gola, sotto l'orecchio. La sua mano si infila sotto la gonna, in mezzo alle cosce. Gemo mentre tira indietro il sedile.
«Mi manchi piccola. Mi dispiace essere stato così distante in questi giorni ma non sapevo davvero come fare a dirti tutto questo!»
Scuoto la testa e sorrido in modo triste sulle sue labbra. «Deve essere stato difficile per te tenere dentro questo peso. Grazie per avermi detto la verità, per essere stato sincero», mormoro trattenendo un gemito quando mi stuzzica.
«Non voglio mentirti Emma! Non voglio più farlo perché è stato orribile».
Mi scappa un singhiozzo. Alza con due dita il mio mento guardandomi intensamente. Non so che cosa mi sta prendendo ma non posso crollare proprio ora, non se lui sta male. Devo trattenermi ed essere forte per entrambi. Sorrido abbracciandolo. «Ti amo lo sai?»
Prende il mio viso tra le mani. «E io amo te. Mi farò perdonare Emma...»
Tappo la sua bocca con la mia spingendomi su di lui e sfilando la sua maglietta torno ad abbracciarlo. Ho bisogno di stringermi contro il suo petto caldo. Ho bisogno di sentire i suoi battiti e calmarmi perché sto per impazzire, sto per crollare, sto per scoppiare.
«Anche tu mi sei mancato. Mi dispiace per quello che ci sta succedendo! Mi dispiace!» il senso di colpa mi costringe a singhiozzare sonoramente.
Parker stringe il mio viso. «Supereremo anche questa vero?» i suoi polpastrelli asciugano le mie guance.
Annuisco tirando su con il naso.
«Supereremo anche i miei pianti isterici vero?» domando con voce spezzata e in imbarazzo. Non ce l'ho fatta. Non sono più forte come prima. Sono caduta e adesso mi dovrò rialzare lentamente.
Ci guardiamo intensamente poi ridiamo. Passo una mano sulla sua fronte e poi bacio la sua bocca lentamente.
«In ufficio non so se riuscirò a trattenermi», sussurra.
«Ho sempre desiderato fare qualcosa di particolare con te in ufficio. Ricordo anche una certa scommessa. Proveremo...», sussurro per cambiare discorso.
Si agita impercettibilmente accaldato. Lo guardo complice e poi si fa di nuovo vicino. Trattengo il fiato mentre inizia a stuzzicarmi. Morde la mia spalla e io stringo la presa sul suo corpo.
«Non vale», piagnucolo. «Mi vendicherò lo sai?»
«Non vedo l'ora signorina!», ghigna un po' più rilassato. Inizia a stuzzicarmi e faccio subito lo stesso provocandolo di proposito. Apro la bocca ma non ne esce alcun suono se non quello dell'amore.

N/A:
~ I brutti momenti servono per crescere e per imparare che non bisogna mai mollare. I brutti momenti ci fanno capire che non sempre la vita è tutta rose e fiori. I brutti momenti ci fanno capire che bisogna cogliere l'attimo. Ma, bisogna anche capire che dopo un brutto momento, ci sarà sempre quella lucciola in grado di guidarci verso l'uscita dal tunnel buio del dolore.
~ Vi ho mostrato un nuovo aspetto di Parker. Anche lui sbaglia, anche lui mente, anche lui è umano. Vi ho mostrato il suo amore per Emma, la sua preoccupazione ma anche il suo essere sincero e pronto a tutto. Non ha messo Emma alle strette. L'ha lasciata libera di scegliere, di decidere. Vedremo come andranno le cose.
Secondo voi funzionerà? Emma riuscirà a reggere anche questo? Accetterà davvero questa condizione?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre potete lasciare un vostro commento o un voto per segnalare il vostro passaggio.
(Chi di voi dopo questa storia è interessato ad una nuova storia d'amore? Ho già scelto la copertina e scritto due capitoli di prova. Magari vi chiedete come riesco a scrivere tante cose contemporaneamente e tutti i giorni. Posso dirvi che la mia mente elabora le varie scene specie di notte e spesso sento proprio il bisogno di scrivere perché la mia vita non è un granché. Ho anche un piccolo canale su YouTube e spero di fare qualche video parlando di Wattpad. Quindi spero di tenervi compagnia con le mie storie e di farvi ancora appassionare o emozionare!).
Buona serata EMVANSINE ❤️ :* ~

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