Sentii rumori di macchine, clacson a tutta bomba e chiacchiere di passanti che sembrassero avercela con quella voce maschile che sembrava troppo familiare. «Lux! Lux sono Travis!» Esclamò tutto contento.

A sentire quel nome dalla sua stessa bocca, mi fece arrossire troppo violentemente e mi fece tremare all'istante. Nell'agitazione più orribile, salii tutte le scale, svoltai qualche angolo per arrivare alla mia stanza dalle pareti porpora. Mi chiusi a chiave e nascosi lo zaino nell'armadio, di fronte al mio letto. «Come fai ad avere il mio numero?» Lo sgridai come se mi desse fastidio.

Travis ridacchiò e mi fece balzare ancora di più il cuore. «Lin non sa resistermi, Lux.»

Sorrisi fiaccamente e socchiusi gli occhi. «Cosa vuoi, Travis?»

«Mi piace il suono del mio nome, quando proviene dalla tua bocca.»

Arrossii ancora di più. «Travis?» Cercai di mantenere la voce stabile, cosa che mi uscii abbastanza bene nonostante stessi per scoppiare. «Che cosa vuoi?»

«Volevo solo portare la nuova arrivata in giro con il ragazzo più bello della scuola. Non è roba da tutti i giorni, piccola Lux.»

Mi aveva appena chiamata piccola Lux. Non sarei riuscita a badare al mio cuore o alla mia mente. «Non avevi detto che era una sfortuna per te comunicare con la nuova arrivata?» Per quanto fossi instabile, fortunatamente il sarcasmo non mi abbandonava mai.

Travis rise ancor di più. «Si, ma è stato prima che sapessi di te.» Fece una pausa. «Avanti! Non vuoi uscire e avventurarti per Santa Monica?»

«Chi mi dice che non sei un killer spietato?» Chiesi, guardando fuori dalla finestra della mia stanza, con un sorriso di piacere sulle labbra.

Travis fece un ghigno. «Ti do l'aria di essere un cattivo ragazzo, quindi?»

Spalancai gli occhi. Mi maledissi. «No! Non è quello che intendevo!»

«Allora vieni o no? Perché sto venendo a prenderti.» Mi minacciò con una nota di divertimento.

«Ma se non sai neanche dove abito!» Mi difesi.

«Te lo ripeto: Lin non sa resistermi.» Riattaccò senza che potessi dargli una risposta.

Ovviamente volevo stare con lui, ma non me la sentivo già dal primo giorno. Rimasi con il cellulare all'orecchio fin quando mi resi conto di ciò che stava per succedere. Non volevo che Travis bussasse alla porta della mia casa e vedesse quel macello e tanto meno non volevo che si avvicinasse a casa mia, perciò presi una giacca, il mio cellulare e corsi di sotto.

«Sto uscendo!» Urlai a mia madre, in preda al panico.

«Divertiti » Urlò di rimando.

◊   ◊   ◊

           

Mi aveva portata in un bar che, disse, conosceva alla perfezione. Si trovava sul Main St, dietro l'angolo di Pico Blvr – viale in cui - lo scoprii quel giorno – Travis abitava. CAST at the Viceroy – nome del locale – non era niente male: lo stile era decisamente vintage, dove i colori madre erano il grigio e il rosa antico; era arredato da tavoli di legno scuro, probabilmente verniciati, e la loro superficie aveva dei motivi a parallelogramma grigio/rosa; le pareti, unicamente grigie, presentavano migliaia di triangoli grigi scuri che, fortunatamente, non davano agli occhi se guardati per più di cinque secondi; c'erano immense sale, era un posto molto grande e giurai di non aver mai visto un bar così bene arredato, raffinato e gigantesco; come se non bastasse, presentava la sala d'entrata, la sala bar, dei salottini arredati in modo impeccabile e anche un'area ristorante. Era anche pieno di vetrine che possedevano piatti e set per il thè, divanetti e poltrone su cui ogni cliente poteva sedersi sopra e qualche pianta vera sparsa qua e là accanto agli angoli delle stanze.
I miei occhi viaggiavano da una parte all'altra, nel bar/ristorante più cool che avessi mai visto. Credo di essere rimasta a bocca aperta fin quando non mi si parò davanti una cameriera, che avrebbe dovuto avere all'incirca la mia stessa età e che - secondo il mio sesto senso - aveva guardato troppo a lungo Travis, che aveva un'aria abbastanza fastidiosa.

BROKEN | Cercavo di salvarloWhere stories live. Discover now