Capitolo 11 : Bugie

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Improvvisamente, una mi sembrava la soluzione più adatta.

Piangere.

Solo in quel modo le falsità che volevo sparare, sarebbero state credute. Mi sentivo troppo legata al Joker per tradirlo in questo modo. Mi aveva fatto del male, si, ma io lo avevo voluto.

La guardai per qualche istante, fingendo uno sguardo perso nel vuoto, come se avessi subito le più atroci torture e poi piansi, come mai avevo fatto nella mia vita, dando sfogo a tutte le brutte immagini che mi passavano per la mente, giusto che far uscire tante lacrime e non farle sembrare false, come invece erano. Pensai, tra tutto, anche al fatto che il mio Puddin mi avesse abbandonata e che io dopo tutto questo , non lo avrei mai più rivisto.

A pensarlo mi sentivo vulnerabile, ma solo per lui, perché sentivo che se qualcuno avesse voluto farmi del male, in questo momento avrei potuto procurargliene il doppio.

La Waller, credendo alle mie lacrime, mi mise una mano sulla spalla e mi  fece sedere su un muretto basso, che costeggiava il vialetto che portava direttamente al manicomio. Lentamente la sua mano si spostò anche sull’altra spalla, fino a stringermi in un abbraccio materno. Strinsi i denti e gli occhi, contraccambiando quell’abbraccio. Non potevo credere di star davvero eseguendo quell’atto, sentivo di star tradendo la persona più importante della mia vita.

Zitta e continua, stai facendo tutto questo per lui.

Continuai a piangere, dilaniata al mio interno dalla consapevolezza che non avrei mai più rivisto il suo viso cinereo, le sue labbra scarlatte e i suoi capelli verdi, ma al di fuori sembrava che stessi piangendo per qualcosa che quella notte mi era capitato. Ed in effetti così era stato.

Un elettroshock.

Una scarica elettrica che aveva fatto riprendere a battere il mio cuore.

“Harleen, la prego, mi racconti cos’è successo ieri sera, la possiamo aiutare a far finire tutto questo. Potremmo catturare quel Joker e mandarlo davanti ad un giudice, che finalmente deciderà di offrirgli la pena capitale” disse la donna, questa volta tornando a guardarmi negli occhi, come nell’intenzione di regalarmi un po’ più di sicurezza in me stessa. Io strinsi le mani e serrai i denti. Come osava pensare che io avrei mai potuto fare in modo che il signor J, come amava essere chiamato, fosse ucciso?

Mi voltai di scatto verso di lei, con gli occhi gonfi per le lacrime e il cuore in preda alla follia. Non potevo nemmeno immaginare un mondo senza il Joker, non ora, non mai. E proprio quando mi decisi ad aprire la bocca, per emettere quelle parole che avrebbero segnato la mia condanna, gli occhi della donna si riempirono di un lampo, come se avesse visto qualcosa di osceno.

Sicura che voltandomi avrei visto il Joker, mi girai, ma di lui nemmeno l’ombra. Così il mio sguardo tornò sulla donna e la sua mano fu sulle mie tempie. Mi irrigidii, ricordando in quel momento i ricordi della serata impressi sulla mia pelle, e lei mi alzò leggermente i capelli, proprio nel punto dove mi erano state posate le due placche. I due cerchi perfetti presero a pizzicare e bruciare, come risvegliati da un richiamo primordiale. Fino a qualche istante fa non le avevo sentite, mentre ora rieccole a battere.

Sorrisi, felice di quel regalo inaspettato.

Successivamente, però,  con voce sconvolta la Waller, disse:”Cose le ha causato queste scottature?”

Non avevo pensato alle conseguenze negative che avrebbero portato quei due segni e così la mattina non avevo pensato a coprirli con un po’ di trucco. A dire la verità, al solo sfiorarli procuravano molto dolore, perciò non mi era passato nemmeno per la mente di oscurarli. Semplicemente avevo lasciato cadere i capelli lungo i lati della testa, sperando che non dessero troppo nell’occhio.

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