Capitolo 9 : Shock

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Da quando Batman è riuscito a catturare il Joker, in città regna la tranquillità. Tutto sembra così spensierato e tranquillo e sembra che questa volta il pagliaccio non abbia intenzione di sfuggire.

Che sia arrivata la pace per Gotham?

Un morso del mio panino mi andò di traverso e dovetti bervi sopra molta acqua, sotto gli occhi delle varie infermiere e del dottor Arkham, che mi guardavano preoccupati.

“Sta bene dottoressa?” chiese una donna che non avevo mai visto, ma dall’abbigliamento giudicai che fosse anche lei una delle addetta alla cura dei nostri pazienti.

Mi limitai ad annuire, ancora leggermente scossa dal mio quasi soffocamento e poi tornai a leggere il mio giornale. Sotto l’articolo che avevo appena letto, vi era una foto del Joker in tutta la sua bellezza. Certamente chi aveva scelto la foto, se avesse voluto spaventare qualcuno, non ci sarebbe riuscito. Tentativo fallito, amico.

Lo sfondo bianco faceva risaltare i suoi capelli verdi e la sua bocca scarlatta, aperta in un sorriso falso e omicida, di sicuro uno che utilizzava quando stava uccidendo la gente.

 Il suo sport preferito.

Scesi con gli occhi e la foto era a torso nudo. Mi ritrovai a deglutire a bocca asciutta. Tutti quei tatuaggi, benché inquietanti, erano perfetti su di un uomo la cui sanità mentale era in discussione. Mi slacciai di un bottone della camicia, per far arrivare più aria alla mia gola e misi giù il giornale, rinunciando a guardare quella immagine. Sentivo la mia testa stordita e sbattei più e più volte gli occhi per far evitare il ritorno di quelle lucine davanti agli occhi.

Avevo studiato medicina, sapevo perfettamente che non erano un buon segnale. O stavo per avere un’allucinazione, oppure ero in debito d’ossigeno. Pregai dio che fosse la seconda.

Mai avevo avuto il Joker a torso nudo davanti a me e non immaginai che effetto potesse farmi dal vivo, se con una foto era riuscito quasi ad uccidermi.

“Quinzell, è ora!” urlò Arkham, nonostante fosse a poche sedie da me nella sala della mensa. Quel posto era enorme, non molto diverso dal resto della struttura. In più, però, presentava dei tavoli arancioni e delle sedie verdi, un unico dettaglio che dimostrava che qua dentro i pazienti non avevano accesso. Mi alzai, camminando molto velocemente nella direzione del dottor Arkham.

Le tre del pomeriggio erano arrivate anche troppo in fretta per i miei gusti e ora mi aspettava un pomeriggio intenso in compagnia del Clown, nel tentativo di tenerlo sotto controllo e di obbligarlo, pregarlo, scongiurarlo di non scappare e rimanere al manicomio, con me.

“Qualsiasi cosa strana vediate, avvisate una guardia. Qualsiasi comportamento non adatto, farà finire questo pomeriggio. Vi ricordo che è un momento di svago per i detenuti, non vostro, che invece dovrete avere gli occhi ben aperti. Molto più del solito. Qualsiasi condotta poco professionale, vi giocherà il lavoro. Perciò state ben attenti. – poi, voltandosi verso di me, Arkham aggiunse – inoltre abbiamo con noi uno dei più pazzi criminali della terra. Sarei molto felice che nessuno di voi gli desse alcuna noia. Ci siamo capiti?”

E a quel punto ci fu in ‘si’ generale e la gente iniziò a recarsi presso il cortile esterno, dove sarebbero stati guidati tutti i detenuti. Avevo un nodo in gola. Se le intenzioni del Joker sarebbero state quelle che tutti noi immaginavamo, nessuno lo avrebbe bloccato.

Anch’io iniziai a seguire la massa, ma la mano di Arkham mi prese il braccio e mi indicò la massa di detenuti che stava arrivando. Scettica, osservai il gruppo. era davvero una buona idea far camminare tutti loro così vicini? Tutti insieme avrebbero potuto uccidere ogni singolo abitante sulla terra, sterminarci e poi imporre il loro impero di terrore, con a capo, come re, proprio lui. Joker, che in quel momento dimostrava la sua superiorità rispetto al gruppo, ponendosi proprio davanti, come una guida, un dio.

Harley & Joker Where stories live. Discover now