Capitolo 4: La Rosa

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L’Arkham Asylum mi aveva sfinita, nonostante fosse solo il primo giorno. Dopo il Joker, mi ero presa una pausa di circa un’ora, con il consenso del dottor Arkham in persona. Probabilmente poteva capire come fosse stato sfiancante per me. Inoltre, non avevo detto a nessuno ciò che quell’uomo avrebbe voluto farmi con il tagliacarte, infondo sarebbe significato dover rinunciare agli incontri con lui e non era ciò che volevo, anche perché me l’ero saputa cavare benissimo da sola.

Ora sapevo esattamente su chi avrei scritto il mio libro. C’erano così tante cose da scoprire su Joker e se ce l’avessi fatta, sarei diventata importante in tutto il mondo.

Aprì la porta di casa e la richiusi dietro di me, appoggiandomici addosso. Chiusi gli occhi e presi un grosso respiro, mentre nella mia mente passavano ancora le immagini del Joker su di me, mentre mi minacciava. Sospirai e andai in bagno per sciacquarmi il viso.

L’acqua ghiacciata fece l’effetto desiderato. Mi risvegliò e così andai in cucina, con l’intenzione di prendermi qualcosa da mangiare, ma appena li, la mia attenzione fu catturata da una rosa poggiata sul tavolo. Curiosa, mi ci avvicinai e nel prenderla in mano, una spina mi entro sotto la pelle. Immediatamente la lasciai andare e mi guardai la mano. Dall’entrata di quella piccola spina, ora fuoriusciva una gocciolina di sangue, che cadde poi sul tavolo. La guardai e mi chiesi quale fosse il significato di tale gesto e soprattutto, chi l’avesse mandata. Successivamente chiusi la mano e decisi di andarla a mettere sotto l’acqua corrente. Fu allora che la vidi. La carta, il Jolly.

Velocemente mi asciugai la mano e la presi, chiedendomi come fosse possibile. Magari era uno scherzo di qualche mio amico o della mia famiglia. Riflettendoci, però, mi resi conto che loro non sapevano nulla del mio nuovo lavoro.

Tirai fuori la sedia da sotto il tavolo e mi ci sedetti, continuando a guardare la rosa, senza più toccarla e rigirando tra le mani la carta.

Come aveva fatto ad uscire da quel posto? Sempre che fosse stato lui in persona a venire a portarla. E mi resi conto di quanto casa mia fosse poco sicura, di quanto il Joker non si fermasse davanti a nulla. Incrociai le braccia sul tavolo e vi ci poggiai la testa sopra, sospirando.

Nella mia testa varie possibilità di azioni si susseguirono.

Dovevo chiamare il manicomio per sapere se Joker fosse evaso? E se poi avessi dato un falso allarme per nulla?

Scossi la testa.

Se avessi lasciato correre la cosa? Avrei fatto credere a Joker che poteva fare ciò che desiderava senza essere ripreso?

Ancora scossi la testa.

Mi alzai in piedi e andai a prendere il mio cellulare. Composi il numero dell’Arkham Asylum e dopo qualche squillo, mi risposero.

“Qui Arkham Asylum, posso essere utile?” rispose una voce dall’altra parte del telefono e ringraziai che non si trattasse dei due dottori che avevo conosciuto oggi.

Presi un grosso respiro e risposi:”Salve, sono la dottoressa Quinzel, avrei urgentemente bisogno di parlare con un paziente”

“Salve, ho sentito parlare di lei oggi. Capirà benissimo che in questo posto le notizie vanno velocemente. Comunque, con chi desidera parlare?”chiese quella che doveva essere una guardia oppure uno degli infermieri di turno.

“Il Joker”

Dall’altra parte del telefono ci fu il silenzio, poi una risata.

“Mi scusi, non so cosa ci sia di tanto divertente” feci, molto spazientita dall’arroganza della persona al telefono con me.

“Non stava scherzando?”chiese, allora, colpita dal fatto che io fossi seria.

“No”

“Oh, mi dispiace, forse non lo sapeva, ma il Joker è in una zona speciale del manicomio, non possiamo trasferirlo quando non ci sono tutti gli addetti alla sicurezza a controllarlo. Potrebbe sfuggire da un momento all’altro e stranamente ancora non è scappato”

A quel punto toccava a me ridere, anche se la mia risata sarebbe stata di frustrazione, perché io sapevo che lui in realtà già era evaso e non sapevo nemmeno se in quel momento fosse ancora li.

“Non avete un cordless o una cosa del genere?” chiesi, veramente spazientita. Dovevo sapere e volevo Joker al telefono con me.

“Si, ma è un numero diverso da questo”

Alla fine l’infermiere mi diede il numero di telefono del cordless della struttura, così che potessi parlare direttamente con il Joker, senza essere disturbata per un po’. Mi sarei recata anche li di persona, ma ero veramente stanca e sperai che l’uomo lo lasciasse solo a parlare così si sarebbe aperto senza rischiare nulla. Poi mi venne in mente la persona con cui stavo per parlare e capì che probabilmente, anzi, certamente, non gli importava molto se qualcuno capisse che lui era evaso per qualche minuto e poi era tornato, indisturbato.

“Harley Quinn!” esclamò il pagliaccio, una volta che gli fu passata la chiamata. Chiusi gli occhi e tentai di calmarmi. Per quale motivo avesse deciso di cambiare il mio nome non lo sapevo, ma per questa volta lasciai correre.

“Signor Joke..” iniziai, ma fui interrotta da una sua schiarita di voce, che mi fece capire che stavo sbagliando il suo nome. Sospirai e alzando gli occhi al cielo, dissi:”Signor J”

“Meglio così”

“Tornando a noi, come ha fatto?” chiesi, guardando la rosa davanti a me e la carta tra le mie mani. Avvertì una sorta di pizzichio alle mani e lasciai cadere la carta. Dovevo essermela immaginata.

“A fare che cosa, Harl?”

A quel punto mi passai una mano tra i capelli e rimasi con la testa appoggiata alla fronte.

“Lo sai benissimo” sbottai a denti stretti. Non mi andava di renderlo noto a chiunque avesse potuto ascoltare la nostra chiamata.

“Siamo passati al “tu”?” chiese, cambiando argomento.

“Tu lo usi sempre con me” controbatté e lui sogghignò, innervosendomi ancora di più, ma facendomi sorridere contemporaneamente. Mi sentivo strana.

“Ma io posso. Se non ricordo male, infatti, io sono lo schizofrenico Joker!” e, questa volta, scoppiò  completamente a ridere, facendomi venire la pelle d’oca.

Quando smise, notò il mio silenzio e allora aggiunse:”Mi piace casa tua, è così.. accogliente”

Quindi lui era stato veramente li. Mi guardai attorno e cercai un segno di infrazione, per capire da dove lui fosse entrato. Nulla, però, presentava un cambiamento o solo una prova del fatto che lui fosse stato la dentro. Frustrata, sbuffai e lui fece una risatina sommessa.

“Tranquilla, non ho rotto nulla, sono entrato dalla porta. Oh, e dovresti cambiare divano. Quella macchia è davvero orrenda” ammise, schernendomi e io mi lasciai andare seduta sul divano, proprio accanto a quella maledetta che non ne sapeva di voler sparire. Mi sentii tremendamente in imbarazzo per non aver reso casa mia impresentabile.

Scossi la testa.

Ma che mi passava per la testa?

Tornando in me, pensai che da un momento all’altro il Joker sarebbe potuto entrare in casa mia e io, probabilmente, non me ne sarei nemmeno accorta.

“A domani, zuccherino” concluse e senza darmi il tempo di dire altro, interruppe la telefonata. Non osai immaginare il casino in cui mi stavo infilando. Era come se lui fosse il padrone del mondo e in questo caso, lo stava diventando anche di me, ordinandomi ed obbligandomi, come adesso al telefono, a fare quello che desiderava lui, senza potermi opporre.

Ora avevo solo due consapevolezze: Joker era stato a casa mia e questo mi piaceva.

Angolo Autrice :

Ciao Ragazzi/e sono Erika vi sta piacendo questa storia ? Fatemelo capire con un commento qui sotto e oggi stesso pubblico il capitolo 5. Che altra storia vi piacerebbe leggere? Ditemelo sempre nei commenti . GRAZIE per aver letto questa storia e al prossimo capitolo!

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