11.Non sei ridotta poi così male

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Due ore e mezzo.

Dalle 14.30 alle 17.

Sono due ore e mezzo che sono seduta a questo tavolo, che sorseggio lo stesso the e che ascolto Serena ripetermi per la trentasettesima volta: 'Ma io pensavo di piacergli! Perchè non mi ama? Mi sono anche tinta i capelli di nero per lui!'

Gioco con una ciocca dei miei capelli mentre la guardo comporre il numero di Justin velocemente, per poi sbattere il telefono sul tavolo e mettere vivavoce.

«Pronto?»

Scappa, Justin. Scappa finchè sei in tempo e hai le palle intere.

«Tu! Brutto stronzo che non sei altro, come hai potuto lasciarmi così? Sei un bastardo, sei un vigliacco, un senza cuore e i tuoi capelli non sono neanche così morbidi!» Urla Serena, attirando l'attenzione di tutti i clienti.

Mi nascondo il viso mentre faccio finta di cercare qualcosa nella borsa. Ne estraggo una penna colorata e comincio a pasticciare sul tovagliolo.

«Serena, ma sei impazzita?» Domanda Justin, e si sente benissimo che è troppo sconvolto per rifilare una parolaccia.

«No! Sono due ore e mezzo che piango per colpa tua!» Ah, bene, almeno sa quanto tempo mi sta facendo perdere per questa cazzata.

«Non parlavo di quello. I miei capelli sono morbidi!» Sbuffa lui.

Serena spalanca la bocca e io mi affretto a infilarle dentro una delle tante carote che si è fatta portare per inscenare l'omicidio di Justin.

Mi lancia un'occhiataccia e la sputa fuori. «Sei un insensibile!»

«Preferisci che ti dico una cazzata? Va bene. Serena, anche io sono innamorato di te. Sei la ragazza più bella che abbia mai visto, e voglio stare con te tutti i giorni. Ecco, preferisci così?» Merda, è incazzato.

Faccio per alzarmi ma Serena mi blocca. «É perchè non ho i capelli biondi o l'intelligenza di Eve, vero?»

Questa poi.

«Che cosa? No! Cazzo, non c'entra niente Eve!»

«Smettila di dire il suo nome in quel modo!» Strilla Serena, spezzando in due la carota.

La situazione si fa pericolosa.

«Ma in quale modo?!» Sbraita l'altro. Sento una porta chiudersi nel sottofondo. «Sei paranoica.»

«Non sono paranoica! Vedo come la guardi! Ieri le tenevi la mano, al cinema!»

Merda. Mi schiarisco la voce e guardo da un'altra parte, scoprendo un vecchietto intenzionato a fissarmi.

Aggrotto la fronte e guardo la cameriera che passa tra i tavoli.

«Cazzo, non ce la faccio. Sei uno stress continuo, Serena. Dovremmo prenderci una pausa.» E, detto questo, riattacca, lasciando che lo sfondo del telefono prenda il posto del nome di Justin.

Mi mordicchio il labbro. «Beh, è stato interessante.» Commento.

Mi lancia un'occhiataccia. «Guarda che lo so che vi piacete, non c'è bisogno di fingere.» Chiude il telefono con uno scatto secco e io apro le braccia.

«Io a lui non piaccio!» Sbotto.

«Ah, sì? E allora perchè ieri ti ha riportata a casa?»

«Ha riportato a casa prima te.» Raccolgo la borsa da per terra e mi alzo, dirigendomi verso l'uscita.

Serena mi blocca per un braccio e mi gira verso di sè, furente. «Pensavo fossi mia amica! Pensavo che le amiche non si rubassero il ragazzo!»

«Non ti ho rubato niente! Non è colpa mia che non ti ama, hai capito? Non c'entro niente!» Mi stacco dalla sua presa.

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