"Come avete detto?", mi beffeggiò ad un palmo dal volto.

Il tanfo di alcol mi fece serrare i denti. "Ho detto di sì".

"Sì, cosa?", scandì lentamente. La voce tremolante nello sforzo di controllarsi. 

Cacciai il mio orgoglio sotto i tacchi delle scarpe. Non perché potessi schiacciarlo bensì per difenderlo dalla pazzia di quest'uomo. "Sì, mio Signore".

Le sue dita si staccarono di colpo, lasciandomi la mandibola formicolante ed ne approfittai per dargli le spalle. Le lacrime mi appannavano gli occhi, rendendo sfocati i contorni delle cose. Riassumevano esattamente quello che era diventata la mia vita. Alec era stata la luce che mi aveva guidata ed ora, senza di lui, le ombre delle tenebre si allargavano sempre di più, giorno dopo giorno, inghiottendo la mia anima. Ad ogni respiro entravano dentro di me, sempre più in profondità, cingendo il cuore in una morsa gelida che rendeva doloroso ogni battito. Era questa la mia vita: una perpetua eclissi che non conosceva la luce ma solo le infinitesimali sfaccettature del grigio. 

E fu solo quando sbattei le palpebre un paio di volte che la vista riuscì in qualche modo a ridare la giusta profondità ad ogni oggetto, focalizzandosi contro la sagoma di una persona che si spostava furtivamente oltre la piccola finestra, come fosse in attesa di qualcosa. Affinai lo sguardo per riconoscerne i tratti ma la scarsa luce non mi permise di mettere a fuoco il volto.  

"La vostra unica via di salvezza sono io", riprese Renuar. 

La sua voce mi arrivò distante, quasi distorta, come se le mie orecchie fossero state riempite d'acqua. Sbattei di nuovo le palpebre e la sagoma scomparve.

 "Ma di certo mi è stata negata la possibilità di fare di voi mia moglie".

"Ed io che credevo che un Dio non esistesse", borbottai tra i denti.

Le sue sopracciglia scattarono verso l'alto. "Come avete detto?".

"Che mi dispiace molto", mentii prontamente.

"Non ho motivo di dubitarne. Fate molto bene a dispiacervi, poiché attualmente siete senza un uomo, senza un titolo, senza un soldo e con un figlio nel ventre". Posò entrambe le mani sul bordo del tavolo e restò con la schiena china per un lungo istante, perso dietro i suoi pensieri. 

"A cosa stai pensando?", chiesi quando il silenzio divenne più irritante di un'orticaria.

"A cosa farne di voi. Quale uomo vorrebbe tenersi la donna di un altro?". Sembrava stesse parlando con sè stesso, in combutta tra le varie sensazioni che si riflettevano sul suo volto. Riconobbi solo la stanchezza ma sapevo che da qualche parte vi era una buona dose di rabbia a malapena trattenuta. "Ma abbandonarvi? Dannazione, come potrei?".

Si voltò di scatto, squadrandomi da testa a piedi con una lentezza che mi fece formicolare ogni punto in cui i suoi occhi si posavano. "Certo, potreste diventare la mia puttana".

Tremai. Non era una domanda, era chiaro. 

"Affidandomi il vostro corpo, se sarete abbastanza abile nelle arti amatorie, potrei prendere in considerazione l'idea di mantenere voi e vostro figlio".

"E' questa l'opzione che mi proponi?". Non sapevo nemmeno se sentirmi indignata o se scoppiargli a ridere in faccia.

"E' l'unica".

"Perciò dovrei venire a letto con te per avere protezione?". La proposta era così assurda che sentii la necessità di una conferma da parte sua.

Renuar fece schioccare la lingua tre volte. "Non dovrete fare solo questo. Dovrete essere abile e seducente, in modo tale da non lasciare mai che il mio desiderio si sopisca".

VOGLIO CHE TU SIA MIAWhere stories live. Discover now