๔ เ ς เ ค ร ร ε t t ε

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Caleb si mette comodo sulla sedia accanto al letto in cui mi trovo. Io invece cambio la mia posizione, a seduta, per poter stare di fronte a lui.

"Avevo solo dieci anni e giocavo insieme a due miei amici, Lus e Josh, sugli scogli. Loro stavano sempre insieme ed ero molto gelosa, così mi sono allontanata ma..." Mi blocco al solo pensiero.

Una lacrima isolata mi riga il volto bagnando la divisa verde che tutti i pazienti sono obbligati ad indossare. Non riesco a guardarlo negli occhi e cerco qualcosa da fissare che possa interessarmi.

"Hey" si avvicina afferrandomi una mano e accarezzando le mie nocche.

"Va tutto bene?" aggiunge.

"Si" sussurro.

"Se non ti va puoi anche non..."

"No" la voce mi si alza di qualche tono.

Riprende la sua precedente posizione e aspetta solo che continui.

"Sono scivolata in acqua. Credevo che nessuno mi avrebbe salvata, pensavo di morire annegata ma un bambino poco più grande di me mi ha riportata a galla. Gli devo la vita, per questo ho giurato a me stessa di trovarlo" inghiotto la saliva e mi sento più libera per aver rivelato questo mio più grande segreto a qualcuno.

Non avrei mai creduto che fosse stato proprio lui quel qualcuno.

Cerco di capire la sua espressione. È concentrato, forse teso. L'avambraccio lungo i braccioli della sedia e le mani serrate all'estremità.

La porta viene spalancata.

"Posso entrare?" Chiede la dottoressa.

Perché lo chiede se lo ha già fatto?

"L'ora di visita è finita. Devo fare gli ultimi controlli"

Lui annuisce, prende il giubbotto che aveva appoggiato precedentemente sulla sedia e mi regala un freddo e breve bacio sulla fronte.

"Noi due continuiamo quando vuoi. Okay?"

"M-mm" emetto un debole lamento di consenso. Poi va via.

Ho forse detto qualcosa di sbagliato?

Ad un certo punto una lampadina si accende nella mia mente. Dio! Oggi è il primo giorno di scuola e me n'ero completamente dimenticata. Forse sono ancora in tempo per seguire le ultime lezioni.

"Quando tempo ci vorrà?" Chiedo alla dottoressa.

"Non molto"

"E dopo posso uscire?"

"Se tutto è apposto e collabori, si" fa un sorriso caloroso che immagino sia riservato a tutti i pazienti.

Appoggia un aggeggio sul lato destro del mio petto, dal quale dipartono due fili fino alle sue orecchie per ascoltare i battiti cardiaci.

Sembra rilassata ed esegue i passaggi con estrema tranquillità e rapidità. Si vede che è esperta nel suo lavoro anche se è ancora una giovane donna, avrà poco più di trent'anni. Ha i capelli rossi e mossi legati in una coda alta, un paio di occhi nocciola che mi ricordano vagamente qualcuno, un camice bianco dal quale si intravede un colletto rosa e sulla divisa si trova un cartellino con il suo nome.

"Questo è leggermente fastidioso" non capisco cosa intende fin quando non avvicina una luce vicino ai miei occhi. È accecante ma cerco di resistere.

"Perfetto, non sono arrossati. Ha nausea? giramenti di testa? Crampi o vertigini?"

Non avverto nessuno di questi sintomi e rispondo con monosillabi a tutte le domande che mi pone.

"Puoi tornare a casa, io ho finito con il mio lavoro. Hai un parente che ti può accompagnare?"

"Si" mento.

"D'accordo, buona giornata" mi lascia sola così vado in bagno, sciacquo il volto con l'acqua fresca, lego i capelli e mi cambio con i vestiti che indossavo quando mi hanno portato in questo posto, quelli della festa.

Raccolgo le mie cose, scendo le scale e mi dirigo nella segreteria all'entrata. Poi firmo tutti i fogli necessari per poter finalmente tornare nel mio appartamento.

"Andiamo?" vengo bloccata da una voce familiare non appena mi dirigo davanti alle grandi porte dell'ospedale dove vi è un via vai di persone.

"Ancora qui?"

"Sono rimasto ad aspettarti per andare insieme a scuola"

Alzo un sopracciglio. Che cosa carina! So che dovrei essere arrabbiata con lui ma come faccio se ogni volta che cerco di esserlo, se ne esce con queste sorprese?

"Andiamo" affermo e lui mi circonda i fianchi con un braccio.

เภ гเשค คℓ Ŧคℓ๏' |ςค๓εг๏ภ ๔คℓℓคร|Where stories live. Discover now