Capitolo 27: 21 Guns

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Prima di iniziare vi consiglio di ascoltare la canzone 21 guns dei green day quando c'è il secondo punto di vista di Hayley. Buona lettura.

Capitolo 27

Hayley
Era mezzanotte passata e nonostante avessi bevuto una tazza bollente di camomilla prima di infilarmi sotto le calde coperte del mio letto, non riuscivo a prendere sonno. Non volevo disturbare Scott, sapevo che in quel momento stava dormendo pesantemente. In caso contrario, sarebbe di certo entrato in camera mia per chiedermi di fumare una sigaretta con lui. Inoltre ero certa che mio padre si fosse addormentato nella sua stanza, il televisore acceso e l'pad abbandonato sul cuscino accanto al suo.
Mi trovavo placidamente sdraiata sul materasso ed ero intenta a guardare le repliche delle vecchie puntate di O.C., quando il mio cellulare iniziò a squillare. Restai qualche secondo ad a osservare le cifre riportate sullo schermo, sforzandomi di capire a chi potesse appartenere quel numero. Tuttavia, dopo poco, mi decisi a scoprirlo direttamente rispondendo alla chiamata.

" Hey tesoro, ti disturbo?" chiese la voce dall'altro capo del telefono, il tono leggermente esitante.

Non ci impiegai molto a capire chi fosse il mio interlocutore e rimasi sbigottita per qualche secondo, chiedendomi a cosa dovessi quella telefonata. Ad ogni modo non mi dispiacque, anzi, ne fui piacevolmente sorpresa e ciò mi porto a sorridere leggermente.

" Matt. No, non mi disturbi affatto. Non riesco a prendere sonno" spiegai, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e afferrando il telecomando per abbassare il volume del televisore.

Il bagliore pallido della luna filtrava attraverso il fine tessuto candido delle tende, illuminando debolmente la stanza assieme allo schermo della tv.

" Capisco, allora ti andrebbe di tenere un po' di compagnia ad un povero ragazzo? Ti aspetto dalla nostra panchina" disse, la voce malinconica come la era gran parte delle volte in cui lo incontravo.

Mi alzai dal letto senza pensarci due volte, mi dispiaceva pensare che Matt avrebbe trascorso la nottata in solitudine, seduto tristemente su una panchina nel parco a fumare sigarette con la mente persa nei ricordi. Inoltre, io ero stranamente piena di energia per essere così tardi e non avevo per niente voglia di restarmene a casa, passando le ore a guardare svariati episodi di molteplici serie televisive differenti. Forse era egoista e meschino da parte mia, ma parte di me sperava anche che incontrare Matt mi avrebbe permesso di scoprire di più sul conto di Bella. Non ero mai stata una persona paziente e raccogliere il maggior numero di indizi disponibili mi sembrava il modo migliore per riuscire a comprendere cosa legasse Bella ed Aiden. Di certo quest'ultimo non sarebbe stato felice di sapere che ero in procinto di incontrarmi con Matt, ma io non ero mai stata agli ordini di nessuno. Non che Aiden mi avesse vietato di vedere Matt, semplicemente, sapere quanto a lui desse fastidio l'esistenza di quello che una volta era un suo amico doveva spingere il mio buonsenso a stargli alla larga. Eppure io trovavo Matt una persona molto triste, sola e terribilmente affascinante, abbastanza perché la mia curiosità avesse la meglio sui miei principi morali.

" Va bene, mi vesto e ti raggiungo" gli comunicai, prima di mettere fine alla chiamata e abbandonare il cellulare sul morbido cuscino, la cui federa era sgualcita in diversi punti.

Indossai un paio di jeans scuri e mi lasciai indosso la grande felpa blu che utilizzavo per dormire e che, tra l'altro, apparteneva a Scott. Ricordavo perfettamente il giorno in cui gliel'avevo sottratta: era la sera in cui io e lui ci eravamo recati in spiaggia a guardare le stelle, in cerca dell'ufo a cui il mio migliore amico dava la caccia da quando lo avevo conosciuto. Sedevamo uno accanto all'altra osservando la luna candida flettersi sulla superficie dell'acqua, le narici riempite del profumo di salsedine e i capelli scompigliati di tanto in tanto dalla fresca brezza marina. Io ero finita per stufarmi di osservare i puntini luminosi che illuminavano il cielo e avevo avuto la folle idea di gettarmi tra le onde dell'oceano che, con mio grande stupore, si erano rivelate più calde di come credevo. Scott aveva passato il tempo ad osservarmi divertito, mentre io mi facevo coccolare dal moto tranquillo delle onde. Tuttavia, quando ero riemersa dalle acque, la brezza marina che fino ad allora avevo apprezzato tanto, persisteva a sferzarmi il viso e a farmi tremare per il freddo. Fu in quel momento che Scott decise di prestarmi la sua felpa e da quel giorno, non gliela resi più.
Mi passai le mani tra i capelli per districarli e dopo aver afferrato il cellulare, uscii dalla mia stanza lasciando acceso il televisore in modo da far credere a mio padre che stessi ancora dormendo, nella remota ipotesi che si fosse svegliato durante la notte. Sapevo che non era solito entrare in camera mia mentre dormivo, però ero sicura che se non avesse udito il chiacchiericcio soffuso emanato dalla tv se mai si fosse svegliato, si sarebbe di certo insospettito.
Percorsi la distanza che mi separava dalla porta sforzandomi il più possibile per non fare rumore, decidendo persino di infilarmi le scarpe solo una volta uscita dall'attico in cui risiedevo.
Non appena uscii dalla porta realizzai di aver addirittura trattenuto il respiro e dopo aver indossato le mie all star bianche, corsi giù per le scale. Il rumore dei miei passi rimbombava e si propagava per tutto il palazzo, facendomi sospettare che, sicuramente, avevo svegliato qualcuno dei benestanti residenti della palazzina.
Quando uscii dal condominio, fui investita da una folata di vento che mi scompigliò i capelli, facendomi sbuffare rumorosamente. Camminai tra le vie di New York con il cappuccio a coprirmi il capo e le cuffie infilate nelle orecchie, persistendo a cambiare l'andatura della mia camminata e addirittura interrompendomi per fare qualche giravolta di tanto in tanto. Seguire il ritmo della musica era più forte di me, a costo di sembrare una pazza squilibrata sotto effetto di sostanze stupefacenti.
Una volta raggiunto il parco notai che Matt era seduto su una panchina, ai suoi piedi una bottiglia di birra riempita per metà. Aveva l'aria malinconica e lo sguardo fisso sulla punta delle sue scarpe, nonostante i suoi occhi sembrassero persi come se, in realtà, la sua mente vagasse in luoghi sconosciuti. Non esitai nemmeno un secondo e non appena lo raggiunsi, gli afferrai le mani e lo coinvolsi in un ballo. Risi di gusto quando lui realizzò quali fossero le mie intenzioni e mi fece fare una giravolta su me stessa, ballammo fino a quando la canzone emanata dal mio telefono e riprodotta dalle cuffie non terminò. Quando le ultime note della melodia si dissolsero, mi chiesi quanto bizzarro dovesse essere stato per Matt ballare senza nemmeno una canzone di sottofondo.
Il suo viso caratterizzato da lineamenti ben definiti e che, solitamente, era triste e cupo, in quel momento, era illuminato da un sorriso genuino. Tuttavia la gioia della sua espressione non durò molto, si dissolse con il passare di ogni secondo fino a scomparire del tutto. Sembrava quasi essersi così abituato alla tristezza che ogni qualvolta si sentiva allegro, per qualche ragione, quell'emozione gli risultava scomoda, come si fosse ormai dimenticato come indossarla.
Presi posto accanto a Matt sulla panchina di legno del parco e successivamente lui accese una sigaretta, il fumo emanato da quest'ultima creó delle strane figure nell'atmosfera il cui odore mi invase le narici facendole pizzicare leggermente.

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