Capitolo 34. Risveglio

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  Capitolo 34


Pov Amanda


Stavo correndo il più velocemente possibile. Il fiato iniziava a mancare e i miei polmoni erano in fiamme. Non riuscivo a connettere nessun pensiero, stavo solo correndo verso qualcosa che mi desse tranquillità. Più correvo, più la meta mi sembrava lontana e la luce più fioca. Dove cavolo era la fine?

Non riuscivo più a respirare. Stavo affogando nella mia stessa lotta per la libertà. Stavo morendo per cosa di preciso? Stavo lasciando il mondo? Se si, come?

Non riuscivo a trovare una soluzione a quell'enigma e nel mentre che ci pensavo non smettevo la mia corsa verso l'ignoto.
Non mi ricordavo niente, né il perché della mia corsa, né il perché della mia fuga.
Mi sembrava tutto così irreale, come il luogo in cui mi trovavo, apparentemente calmo e bianco. 

Bianco come la neve.

Neve.
Montagna.
Foresta.
Lupi.
Edmund.

Edmund?

Dove si trovava adesso? Perché non stava correndo insieme a me? Perché non riesco a ricordarmi il suo viso?

Mi ricordo solo i suoi occhi verdi e brillanti, la cosa che mi avevano colpito maggiormente durante il nostro primo incontro, o meglio scontro.

Conosco bene i suoi occhi. Mi hanno rapito fin dal primo giorno. Si illuminavano quando erano felici e si spegnevano un poco quando qualcosa li turbavano. Si accendevano ogni volta che voleva qualcosa, e si convincevano che prima o poi l'avrebbero avuta. È così che mi ha guardata per tutto questo tempo e io non me ne sono mai accorta.

Mi sentivo però felice ogni volta che il suo sguardo si posava su di me. I suoi occhi mi analizzavano e mi osservavano con cura. Guardando i suoi occhi non perdevo il respiro come molte eroine dei libri romantici della zia, al contrario, io potevo riprendere a respirare.

Pensando ai suoi occhi, l'ossigeno arrivò meglio ai miei polmoni e feci meno fatica a correre, mentre tutto quello per cui avevo lottato fino ad allora ritorna ad avere un senso. Mi fermai e il bianco intorno a me non mi sembrò più così freddo, ma al contrario mi dava sicurezza e tranquillità. Ripresi fiato e mi girai, pronta a tornare indietro. Qualcosa però mi trattenne. 

Non riuscivo a muovermi per tornare indietro, potevo solo andare avanti. Una strana forza mi teneva sospesa a metà tra la decisione di continuare il mio cammino andando avanti oppure rimanere ferma in quel posto. Le lacrime iniziarono a scendere copiose sul mio viso e le mie mani incominciarono a torturarsi le une con le altre, per poi sentire la mia voce esplodere in un urlo liberatorio che spazzò via la neve intorno a me e mi fefe vedere la luce.


Dietro quella luce sapevo che c'era Edmund.




Pov Edmund


Amanda "dormiva" da circa un giorno.

Ero sicuro che stesse sognando e forse il suo era più un incubo. Ogni tanto urlava, ma quegli occhi non si aprivano. Si dimenava cercando un'uscita dai suoi pensieri.
Stavo male a vederla in quelle condizioni e i sensi di colpa non mi abbandonavano.
Avevo fatto di tutto per svegliarla e farle mangiare qualcosa. Ovviamente ero riuscito solo a farla bere e a cambiarla. Grazie a Dio avevo avuto una sorella e quindi sapevo come destreggiarmi in linea di massima.

Speravo che Clotaire e Lucille ritornassero presto. L'avrei ucciso quello stronzo!

Ero rimasto vicino a lei tutta la notte e le avevo stretto una mano nella mia, per farle sentire che ero vicino a lei. Mi sentivo imprigionato e senza vie d'uscita. Ero costantemente in ansia e volevo solo che lei si svegliasse per poterle dire quello che avevo capito in quelle settimane. Dovevo assolutamente dirle che ci tenevo a lei. Ci tenevo davvero tanto, ma soprattutto provavo una forte emozione tutte le volte che potevo anche semplicemente parlarle liberamente.

Il francese mi stava chiamando da mezz'ora lamentandosi del fatto che non aveva mangiato e che stava morendo di fare, ma a me non poteva fregare di meno. Il lato negativo dell'essere stato tanto tempo con Amanda, tuttavia, mi ha fatto capire l'altruismo e a malincuore mi alzai all'ennesima richiesta di cibo.

Je t'aime ~ IN REVISIONEWhere stories live. Discover now