23. Vivaah sanskar!

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Non mi ero mai sentita più sola in vita mia.
Un incredibile paradosso.

Il matrimonio dovrebbe essere una giornata di festa,di gioia.

Mia sorella si sposava,dovevo essere felice.

Invece, il mio animo era da funerale.

Dopo aver accolto insieme alla mia famiglia Tomas e tutti i suoi cari, mi incamminai verso il grande Gazebo, seguendo la scia dello sposo.

Mia sorella Jasmine sorrideva al suo ragazzo, una volta incrociato il mio sguardo però la sua espressione cambió.

Stava per dire qualcosa, io la bloccai.

-Tranquilla va bene così. Sto bene!- provai a rassicurarla, ma neanche io credevo in quello che stavo dicendo.

Sarei stata la prima delle damigelle ad entrare seguita a ruota dalle altre.
L'unica senza un accompagnatore.

Ogni passo verso il gazebo velato era una condanna.
Le lacrime iniziavano a salire, se avessi pianto, non sarei stata in grado di fermarmi.

Il labbro mi tremava.

Era tutta colpa mia.

Innamorarmi di un meraviglioso stronzo per di più fidanzato e poi incontrare un ragazzo perfetto che ha la fobia dei matrimoni.

Senza pensare che avevo perso anche un amico, forse uno dei più strani e migliori che avessi avuto.

Dovevo sperare solo in un miracolo.

Tutti gli occhi erano su di me. Evitai di guardare mia madre, immaginando quanto ci fosse rimasta male.

Con quell'entrata avevo reso un po' meno perfetto il matrimonio di Lal.

Mi accomodai su un cuscino difronte al Mandapa, fuoco sacro, intorno al quale si sarebbe svolta la cerimonia.

I profumi e le musiche delle mie origini mi trasportarono in un mondo lontano.
Cullandomi.
Ero come in una bolla isolata dall'esterno.

Mia sorella giunse su di un bellissimo baldacchino, tutta ricoperta di fronzoli d'oro e veli rossi.

Avremmo dato una breve rispolveratina delle tradizioni di mia madre.

Ebbe inizio il Kanyadaan, il rituale con cui il padre della sposa dice addio alla figlia affidandola tra le mani dello sposo.

Il padre accompagna la figlia, poi prende la sua mano e la mette dentro quella dello sposo, che la accetta, mentre gli sposi pronunciano il kama-sukta, "sukta" non sutra, ovvero l'inno all'amore.

Fissai le mani e i piedi di mia sorella completamente ricoperti di inchiostro, con la tecnica del Mehendi.

Il giorno prima infatti come da tradizione, io le mie sorelle e le sue amiche avevamo accettato di farci ricoprire le mani e i piedi di inchiostro.
Mia madre ne era stata davvero felice.

-Chi mi ha offerto questa fanciulla?
Kama (il dio dell'amore)!
Me l'ha data, affinché io possa amarla,
l'amore è il donatore, l'amore è l'accettore!
Vieni mia sposa, oceano d'amore- disse impacciato Tomas.

Take careWhere stories live. Discover now