2- Abitudini

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Arrivai con venti minuti di ritardo.

Lei era lì seduta al solito tavolo, intenta a sbocconcellare il pane.

-Jess perdona il mio ritardo ma abbiamo avuto un'urgenza.- mi giustificai mentre le lasciavo un casto bacio sulle sue morbide labbra.

Mi sorrise.

-Tranquillo, dimentichi che anche mio padre è un medico, so bene che il vostro lavoro viene prima di tutto.- disse in segno di resa.

Jessica aveva lunghi capelli color oro e grandi occhi verdi, era la mia fidanzata. Lo era sempre stata fin dalla mia nascita. Ed era l'unica donna che avrei mai sposato.

Non mi era affatto andata male. Figlia di amici di famiglia, era sempre stata la mia migliore amica, ricca di buona famiglia e soprattutto dotata di cervello.

Qualche volta andavamo anche a letto insieme, era l'unica donna a cui concedevo un po' di amore.

-Mi piace il vestito.- dissi per cambiare argomento.

Parlare dei nostri genitori mi innervosiva.

-L'ho messo anche a casa dei miei qualche settimana fa.-

annuii mentre fissavo il menù.

Percepii la vibrazione del mio cellulare attraverso il pantalone così lo estrassi dalla tasca.

-Doc, è molto che non ci vediamo... Susy-

Effettivamente erano due settimane che non mi facevo sentire, con tutte quelle tirocinanti avevo voglia di carne fresca, le donne, come Susy, erano davvero esperte per carità ma a volte troppo volgari.

-Matt pronto?Allora questo finesettimana ci sei per la festa di Rob?-

rimisi il cellulare in tasca.

-Certo non mi perderei per nulla al mondo la festa di tuo fratello!- dico

In verità andavo solo per non sentirmi mia madre. La famiglia era tutto.

I White e i Blackmoor eravamo una famiglia da tempo.

Mio padre mi faceva continue pressioni, mi aveva già consegnato l'anello da dare a Jess e entro un anno avrei dovuto farle la proposta. Avevo tutte le intenzioni di godermi quell'anno di libertà, una volta sposato non avrei più avuto alcuna relazione, Jess sarebbe stata la madre dei miei figli e unica donna della mia vita.

-Sono contenta, è molto che non stiamo insieme. So che hai molti impegni, però ti chiedo di dedicare un po' più di tempo a noi.-

Volevo alzarmi e andare via da questo posto.

Ma non lo feci.

Inspirai le presi le mani e le portai alla mia bocca.

-Lo so vorrei anche io passare più tempo con te.- le sussurrai.

Fissai i suoi meravigliosi occhi verdi.

La cena andó vanti silenziosamente. Alla fine decidemmo di andare da me.

Almeno ci sarebbe stato un bel finale di serata.

Uscimmo dal Martini, afferrai la sua mano per attirare Jess tra le mie braccia.

La baciai con forza. Forse per convincermi che un giorno l'avrei amata davvero.

Lei partecipó al mio bacio. Le poggiai una mano sulla schiena e sentii che era accaldata.

-Portami a casa- sussuró.

Io annuii e non potendo fare a meno di sorridere.

Entriammo nella mia Hammer. Non mi piacevano le macchine, ma lei odiava le moto.

Dopo dieci minuti eravamo nel mio garage.

-Tieni- le diedi le miei chiavi.

Lei non mi chiese niente. Sapeva che ci avrei messo qualche minuto a parcheggiare l'auto e lei ne avrebbe approfittato per sistemarsi.

Scesi dall'auto.

Afferrai il telecomando per chiuderla, quando sentii delle mani dietro di me.

-Ma che cazzo!-

Mi voltai.

-Tu.-

Ancora.

Che cazzo voleva ora?

-Mat, ti prego, lo sai che ti amo- si strinse forte al mio bicipite.

Sbuffai e cercandi di allontanarla.

Lei è Sonia, una barista che mi ero portato a letto due mesi prima, una sera che ero totalmente ubriaco. L'errore più grande della mia vita perché dall'ora mi stava perseguitando.

-Senti, smettila levati dai coglioni- dissi brusco.

Lei strinse ancora di più la presa.

Provai a calmarmi.

Sonia stava piangendo e in qualche modo mi impietosiva.

-Non mi abbandonare, ho bisogno di te.- mugugnó.

Le presi il volto per darle modo di guardarmi in faccia.

-Calmati, è stata solo una piacevole notte. Credimi meriti di meglio. Lo sai bene che non ti amo e non mi puoi amare neanche te. Non ci conosciamo neanche.-

Lei abbassó i suoi occhi blu, iniziò a ridere.

Rideva.

Una risata che faceva quasi paura.

-Matthew White, sarò la tua rovina. La tua famiglia saprà dei tuoi passatempi preferiti. Chi era quella di prima la tua ragazza? Preparati perché resterai solo come un cane.- disse perfida.

Per un attimo mi crolló la terra sotto i piedi.

-Tu cosa? Vai via di qui prima che ti faccio internare!- sbraitai.

Ora era troppo.

Quella troia scomparve.

Mi allentai la cravatta e finalmente riuscii a prendere l'ascensore.

Ero incazzato nero, ho bisogno di sfogarmi vorrei bere ma domani lavoro.

Pensai a Jessica. Frustrato come ero l'aprirei in due, non potevo farle questo.

Tirai un pugno sull'ascensore.

Ritornai in garage.

-Mi sei mancata questa sera avrei proprio bisogno di te. Doc.-

Inviai il messaggio a Susan.

Afferrai il telefono.

-Ei Jess scusa ma mi hanno appena chiamato devo tornare in ospedale. Mi farò perdonare.- dissi dispiaciuto.

Lei mormorò un ok. Sapevo quanto ci fosse rimasta male ma non volevo che vedesse il mio lato violento.

Non lei.

Salii in sella, per volare dritto all'inferno.

Take careWhere stories live. Discover now