Alla neve non fregava niente.

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Si svegliò stranamente rilassato.
La stanza dove riposava aveva le serrande della finestra aperte, e la luce ovattata dell'esterno sembrava gelata sulla sua pelle.
Era mattina.
Indossava un pigiama, ed era avvolto da un piumone verde. Il cuscino dove era posato il suo capo era morbido, di piume d'oca, comodo.
Aveva una mascherina sul volto, di quelle che ti aiutano a respirare.
Sapeva anche senza guardare che aveva delle flebo sulle braccia: gli pizzicavano terribilmente e sentiva un liquido fresco invadergli il sangue nelle vene.
Si sentiva rigido, come se fosse pronto ad alzarsi e correre.
Ma non sapeva dove andare.
Una cosa però l'aveva capita.
Era in ospedale.
La stanza era di grandezza media, c'era una finestra alta e non troppo alta e un armadio pieno di farmaci.
"Chissà quante di quelle schifezze ho in corpo." pensò, quando il mondo non si mosse più come se fosse uno specchio d'acqua.
L'aria era calda e lo cullò verso un sonno senza sogni.

Aprì gli occhi che era pomeriggio.
Un dottore entrò nella sua stanza, scribacchiando qualcosa sul suo taccuino. Per lui, era tutto sfocato.
Alzò leggermente il capo, trafitto da un firte mal di testa.
Dalla porta entrò un profumino di té e caffé, che gli fece venire l'acquolina in bocca.
-Dove sono?- chiese con voce roca.
Il dottore assunse un'espressione quasi paterna, sorridendo leggermente.
-Sei all'ospedale, Dylan.- rispose, controllando se la sacca della flebo fosse abbastanza piena.
Dylan fece ricadere la testa sul cuscino, confuso.
-E Andrée? I Metamorfi e i lupi? Mio cugino?- chiese, osservando il soffitto.-Abbiamo vinto la battaglia? Dove sono loro? Perché non sono qui?
Il dottore corrucciò la fronte.
Riprese la penna dal taschino del suo camice bianco e scrisse qualcosa sul taccuino.
Dylan rimase a fissare il soffitto per quello che gli parve un'eternità.
Era bianco, quasi come la neve fuori dall'ospedale. Aveva qualche crepa, ma niente di grave.
Niente di irreparabile, al contrario dell'animo di Dylan.
-Sei rimasto in coma per tre mesi.- lo informò il dottore, porgendogli una tazza di caffè.-Bevi, aiuta dopo il coma. Devi sapere che sono successe molte cose da quando sei andato in coma...
Dylan annuì, quasi annoiato.
Bevve un sorso del liquido scuro.
Però era confuso.
E quel dannato e forte mal di testa gli martellava il sistema nervoso.
Com'era possibile?
Tutto quello che era successo...
-Mio padre è morto, lo so.- disse Dylan, guardando il dottore con noia.-E anche Melly, sì, lo so.
Il dottore parve sorpreso, scribacchiò qualcos'altro e uscì, dicendogli un caldo "ciao".
-Sembrava tutto così reale...- mormorò Dylan, osservando fuori dalla finestra.
La neve cadeva ancora, come se stesse prendendo in giro il ragazzo.
Tutto stava andando avanti, tranne lui.
Lui era fermo, in biblico tra la realtà e...
"E cosa? I sogni?" pensò, ridendo senza gioia.
-Sembrava tutto così reale...- balbettò di nuovo, tirando così forte il braccio che tutti i fili si staccarono.
Quando cercò di alzarsi, due medici entrarono e gli iniettarono un calmante con una siringa nel braccio.
Il mondo si plasmò sotto il segno della luce negli occhi, divenendo un unico grande talismano scuro.

Era sera quando si risvegliò, con il farmaco che diveniva sempre meno attivo e perdeva il controllo sul suo corpo. Si alzò, stordito.
Si sedette sul bordo della finestra, spalancandola tutta.
La neve gli accarezzò il volto.
Sembrava troppo fredda per i suoi gusti: sentiva in bocca ancora il sapore metallico del sangue.
Ma era tutto vero quello che aveva passato, o era solo un sogno?
-Sembrava tutto così reale.- disse rivolto alla neve, che volteggiava sopra le strade e, più giù, sopra il bosco.
"Andrée avrebbe amato questo silenzio." pensò, con le lacrime che gli rigavano il volto."Ma Andrée esiste davvero?"
Era confuso.
Voleva solo morire.
Ricordava ancora la gola rossa di sangue della ragazza, i suoi capelli, il suo profumo...
-Sembrava tutto così reale!- urlò rivolto alla neve, chiudendo di botto la finestra.
Si rannicchiò in un angolo della stanza e si coprì il volto con le mani, cercando di smorzare i suoi singhiozzi.
Possibile che fosse solo un bellissimo sogno?
-Era solo un sogno...solo un sogno...- si convinse, osservando la neve che era entrata nella stanza.-Solo un sogno...uno stupido sogno...
Ma la neve volteggiava.
La neve piroettava.
Alla neve non fregava niente di quello che le succedeva attorno.
Lei pensava solo a coprire, a cucire, a nascondere tutto.
Non pensava ad altro.
Alla neve non fregava niente di niente.
Dylan la invidiava.

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