•Papà, ti voglio bene•

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Pov.Dylan

Il mondo gli cadde addosso.
Vide come al proprio padre fu staccata la mano e squarciata la spalla.
Scott era svenuto, Stiles non sapeva che fare.
E lui si chiuse in se stesso, sigillando le sue emozioni e le lacrime dentro di se, così come faceva quando aveva smesso di parlare.

In poco tempo, arrivarono quattro auto della polizia e tre ambulanze.
Gli esseri se n'erano andati sentendo le sirene, ridendo come pazzi e gustando la mano di suo padre, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Un medico lo prese per le spalle e lo alzò di peso, conducendolo in una ambulanza assieme a Scott e a Stiles. Il padre lo caricarono sull'altra, poi tutt'e due i veicoli accesero le sirene e partirono.
I medici provarono in tutti i modi di far parlare i tre giovani, ma nessuno rispose.
Non avevano niente da dire.
Stiles stava piangendo: non gliene fregava niente se qualcuno lo vedesse debole, notò Dylan.
Scott aveva gli occhi umidi e si stava mordicchiando il pollice: azzannò sia l'unghia che la carne del dito.
E Dylan, be'...restò immobile.
Sentiva l'odio rotolare nel suo stomaco e il rancore gracidare vendetta.
Ma lui non poteva fare niente.
Lanciò un calcio al medico che gli rivolse nuovamente la parola, lasciandolo a bocca aperta.
Si raggomitolò su se stesso e chiuse gli occhi, mentre il dolore mano a mano lo divorava dentro.

Arrivati all'ospedale, portarono Dylan in una stanza e Scott e Stiles in altre due, in isolamento.
Probabilmente credeva che fossero stati loro tre a sferrare l'attacco al padre di Dylan, distruggendo mezza casa: ma chiunque li conoscesse bene, avrebbe confermato il contrario.
Ma nessuno in quella città li conosceva bene: tutte le loro persone care non c'erano più.
Solo allora, Dylan scoppiò a piangere.
Era come se qualcuno gli avesse dato un calcio nello stomaco.
Si strinse la pancia con le braccia, singhiozzando come non mai.

Poche ore dopo, si alzò dal letto e si asciugò le lacrime, aprendo la porta della stanza. Uscì e camminò per i corridoi dell'ospedale senza una meta precisa, finché non sbatté contro un medico: allora cominciò a correre per seminarlo e non farsi prendere.
Raggiunse l'ascensore prima che si chiudesse e salì al piano di sopra.
Non gli fu difficile trovare il padre.
Ma appena entrò, desiderò non averlo mai fatto.
Suo padre era steso su un letto, con il moncherino sinistro fasciato con delle fasce ormai piene di sangue; la spalla destra era fasciata, anche se si intravedevano comunque le ossa bianche fra la carne rossa.
Mezzo busto era coperto da fili e in faccia portava una mascherina dell'ossigeno.
Dylan stava per cadere, ma si appoggiò fermamente al letto.
-Papà...-mormorò, mentre le lacrime scendeva a fiotto, bagnando il letto.-...ti voglio bene...
Doveva dirglielo: non lo odiava più.
Lui era l'unica famiglia che gli restava.
Voleva farglielo sapere, ora come non mai.
Per alcuni minuti, non successe niente.
Poi il padre aprì lentamente gli occhi azzurri e lo guardò con amore, sorridendo anche se aveva gli occhi umidi.
-Dylan...mi dispiace...- mormorò il padre da sotto la mascherina.-Tua madre...sapevo cos'era...io so cosa sono io...e cosa sei tu...tua sorella Dalila...il lupo nero...eri tu...- fu attaccato dalla tosse, che gli fece sputare sangue.-...Dylan, controlla i tuoi poteri...ti voglio bene, figliolo...
Dylan gli strinse la mano che rimaneva, singhiozzando.
-Non...non lasciarmi, papà...- mormorò, trattenendo le lacrime.
-Promettimi...promettimi che non smetterai di parlare...promettimi che non ti isolerai...- mormorò il padre, tossendo.-Continua a vivere... anche se io non ci sarò più...
-No! Tu vivrai!- ribatté Dylan, mentre le lacrime gli pizzicavano gli occhi.-Vado a chiamare un dottore...un...
Il padre rise amaramente, gli occhi velati di tristezza.
-Anche...anch'io dissi a tua madre che ce l'avrebbe fatta...dopo l'incidente...lei disse che quando la Foresta ti chiama, non puoi resisterle...ed è vero: la Foresta mi sta chiamando, Dylan!- sorrise, stringendo la mano del figlio.-Ti saluterò la mamma e Dalila...un giorno, staremo tutti insieme...te lo prometto...
-Papà!- lo chiamò Dylan, scuotendolo.-Non lasciarmi! Papà!
-Io starò sempre con te, Dylan, sempre!- mormorò il padre, sorridendo.-Un giorno...te lo prometto...
-Papà!- lo richiamò Dylan, piangendo.-Non lasciarmi, papà! Papà! Combatti! Resta con me! Papà...

La macchina cardiaca emise un profondo e lento bip.
Dylan si allontanò dal letto, colto da un conato di vomito.
Uscì dalla stanza, tenendosi la pancia con le braccia e urlando.

Era solo.
Non c'era più nessuno per lui.

Suo padre era morto.

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