Chapter 36

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Cominciai a sentire la fatica e il dolore appropriarsi del mio corpo mentre Cameron continuò a premere sulla mia ferita con sguardo disperato. Qualcuno mi sollevò da terra poggiandomi su un lettino morbido ma allo stesso tempo scomodo, portandomi all'interno di un'ambulanza.

Chiusi gli occhi non riuscendo a trattenere la stanchezza e, mentre una mano si stringeva attorno alla mia, altre si occuparono del resto del corpo.

Lentamente cominciai a sentire sempre di meno la presenza delle mani, così come il dolore, e dovetti aprire gli occhi per rendermi conto che fossi ancora viva.


3 anni, 1.095 giorni, 26.280 ore, 34 minuti e 32 secondi.

Fu questo il tempo che trascorsi in un ospedale, sdraiata su un materasso alquanto scomodo, mentre delle macchine segnavano il lento e regolare battito del mio cuore.

Le parole della gente non mi sfuggirono, così come quelle dei dottori che promisero ai miei amici e famigliari che mi avrebbero aiutata a tornare a casa.

Mia madre mi raccontò dei gemelli, di come siano diventati belli, intelligenti e portatori di danni. Nelle sue parole riuscii sempre a sentire il tono di speranza, la speranza che io potessi sentirla e che lei non stesse parlando al vuoto, illudendosi.

I miei amici passarono molte volte, all'inizio. Ma, ovviamente, dopo tre anni la frequenza delle loro visite diminuì notevolmente.

Cameron, invece, passò tutti i giorni a farmi compagnia. Ma, lui, a differenza degli altri, non mi rivolse mai la parola.

Hamilton, come gli altri, passò svariate volte a farmi visita. Ma, a differenza loro, con il tempo aumentarono le occasioni per venire.

Il fastidioso silenzio della camera, la 203, fu interrotta dalla voce di qualcuno; un profumo familiare si presentò nellee mia narici, le quali inspirarono più profondamente. Le dita di mio fratello si intrecciarono alle mie ancora una volta, facendo crescere la voglia di poterlo abbracciare, di poter ridere e scherzare con lui, di poter sentire la sua voce rimproverarmi per qualche errore commesso

Quella voglia di ricominciare a vivere la vita di una semplice adolescente che sarebbe dovuta essere a scuola a lamentarsi della stanchezza dovuta alla puntuale sveglia del mattino.

Una seconda presenza nella camera attirò la mia attenzione e, solo quando la persona cominciò a parlare, capii che era un dottore.


<<Sei tu il fratello di Sophie Dallas?>> domandò il dottore <<Si, sono io. Che succede?>> rispose educatamente l'altro <<Sai benissimo le condizioni di tua sorella; in coma da tre anni, nessuna attività cerebrale, nessun segno di miglioramento dopo l'intervento che ha subìto subito dopo il trauma. Penso saprai anche che non è possibile tenere un paziente tutto questo tempo, sopratutto nelle condizioni in cui è lei. Ho dovuto discutere a lungo con il dirigente e ho chiesto pareri personali a molti altri medici, cercando un modo per evitare ciò che seguirà dopo quello che ti dirò. I tuoi genitori, purtroppo, non sono presenti in questo momento, ma c'è l'urgenza che qualcuno lo sappia per decidere. Mi è stato riferito che sua sorella, dopo questi lunghi anni, avrà due possibilità che dipendono dalla vostra scelta: dovete decidere al più presto se trasferirla in un altro ospedale, e uno che abbiamo già contattato si trova a Denver, in Colorado, oppure noi saremo costretti a scollegare le macchine che la aiutano a respirare per farvela lasciare portare a casa>> spiegò lentamente l'uomo con tono calmo <<Portarla a Denver? È l'idea più stupida che abbia mai sentito dopo quella di staccare i cavi. Si tratta di una vita umana, di una ragazza cui è stata rubata una parte della sua adolescenza. Non potete farlo, non ve lo permettermo mai, e non la trasferirete nemmeno. Lei rimarrà in questo dannato ospedale, con le vostre cure, i vostri macchinari, vicino alla sua famiglia e i suoi amici>> urlò Cameron con tono infuriato <<Mi dispiace, ma è questa la situazione. Io non posso fare niente per impedirlo, e lo sai. La penso al tuo stesso modo, ma non ci sono altre opzioni per tua sorella; dovete prendere una decisione e comunicarla entro due giorni>> concluse l'uomo, uscendo poi dalla camera.

Sentii mio fratello mettersi a sedere vicino a me e percepii nuovamente la presa sulla mia mano.
La mano che tenne stretta nei giorni della mia vita; la mano che tenne stretta per evitare di farmi cadere durante i miei primi passi; la mano che tenne stretta il primo giorno di asilo, scuole elementari, medie e liceo; la mano che tenne stretta il giorno in cui tutto cambiò, durante la corsa in ambulanza; la mano che mi aveva aiutata a crescere.


Dopo tre lunghi anni, finalmente sentii la voce di Cameron rivolgersi a me.

<<So che senti, che ascolti ogni minima cosa che diciamo; so che sei con noi e non in un altro mondo. Devi svegliarti, non puoi continuare a stare stesa in un letto d'ospedale. Devi reagire, avresti dovuto rispondere tu a quel dottore, dicendo che stavi bene, che era tutto uno scherzo, che potevi tornare tranquillamente alla tua vita di tutti i giorni, quella in cui non stai chiusa in un edificio come questo. Ma noi non possiamo costringerti a svegliarti definitivamente, non possiamo afferrarti dalla maglietta mentre oltrepassi il cancello del Paradiso. Noi non possiamo e, stavolta, devi salvarti da sola.

Devi ripeterti che c'è gente che aspetta solo te per ricominciare a sorridere come una volta, che il mondo sta rischiando si perdere una persona straordinaria come te, che devi sposarti, avere dei figli, continuare a vivere circondata dalle persone che ti amano e che ti sosterranno in qualsiasi scelta tu faccia, anche la più folle. Devi ripeterti che devi conoscere due bambini gemelli che ancora non hanno potuto assaporare la dolcezza e la follia della loro sorella maggiore. Devi riuscire ad aprire i tuoi bellissimi occhi, a sorridermi, a rassicurarmi. Devi sbattere quel cancello per evitare che qualcuno venga a prenderti, dicendo che hai ancora tutta la tua vita davanti e che magari il caffè lo potete prendere un altro giorno, quando saremo tutti la' ad aspettare il tuo arrivo. Devi farti forza perchè abbiamo bisogno di te.

La gente non è più la stessa da quel giorno, sai? Matthew, il ragazzo che prima si svegliava sempre con una battuta squallida pronta, ora sorride a stento. Hayes, il tuo migliore amico, si siede sempre sul tuo letto, nella tua camera, e comincia a piangere. Nash, il ragazzo terribile, quello che hai sempre cercato di allontanare, colui che ti trattava male e ti prendeva in giro ogni volta che ne aveva la possibilità; lui sta con ragazze diverse tutte le sere, lo ritrovo ogni notte seduto nel nostro giardino a piangere con una bottiglia di qualche bevanda strana accanto. Non te lo saresti mai aspettato, ma Nash ti ha sempre voluto bene, ti ha sempre controllata nella speranza che non ti facessi male, nella speranza di vederti sorridere. Siamo cambiati tutti e stiamo aspettando solo te, quindi muovi quel bel sedere e alzati>>

Sentii il bisogno di tornare, tornare per i miei amici.

Tornare per far cambiare Nash;

Tornare per fermare le lacrime di Hayes;

Tornare per la mia famiglia, per i miei fratellini;

Tornare ler vivere.

Solo uno sforzo, e la mia vita sarebbe tornata normale.

Ricambiai la stretta sulla mano di mio fratello, il quale emesse un verso acuto.

<<Non è stato tanto difficile farti cambiare idea, a quanto vedo>> scherzò serenamente, abbracciandomi <<No, non molto>> sussurrai finalmente aprendo gli occhi e rivolgendogli un sorriso stentato.



My best friend's brother||Nash Grier|| In RevisioneWhere stories live. Discover now