12. Protezione

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Sconvolta dall'improvviso risveglio di Michele, non riuscii ad emettere alcun suono. Continuavo a guardarlo allibita, così contenta di quel miracolo che non potevo accomunare nemmeno lontanamente a me e alle mie capacità. La sua espressione era confusa, ma vigile. Gli strinsi istintivamente il palmo della mano, facendo un sorriso che sentivo tirare sulle guance ancora umide di lacrime.

"Mi chiamo Aurora Matteis", sussurrai nello stesso momento in cui sentii il rumore della maniglia della stanza, "cercami", mormorai vicino al suo orecchio prima di diventare vuoto e scomparire.

Erano passate tre settimane dal risveglio di Michele. Tre settimane che volevo disperatamente incontrarlo, cercarlo. Sbuffai seduta nell'ampia aula pronta per l'esame di numismatica antica, ancora poche persone e sarebbe toccato a me. Non avevo paura e non ero emozionata per niente, da quando ero diventata un confine, erano davvero poche le cose in grado di farmi agitare. Un esame all'università era una cosa piuttosto normale e ben gradita in confronto. Mi rigirai il numero di Samuele tra le mani. Nella mia mente balenavano le alternative su come fargliela pagare. La prima, forse la più ovvia, era quella di chiamarlo, fare finta di voler partecipare alle sue feste esclusive ed incastrarlo tramite qualche video o registrazione. Ma avevo paura, forse troppa. La seconda era la testimonianza di Michele alle autorità in maniera tale che senza rischi si potesse arrivare ad una conclusione giusta. Ma avevo tenuto sotto controllo telegiornali, quotidiani ed anche piccole testate minori per trovare la notizia del suo arresto. Eppure ancora niente. Perché aspettare così tanto?

Sentii il mio cognome detto con la voce nasale e spazientita dell'assistente, probabilmente mi stava chiamando da un po'. Mi alzai di scatto e mi avvicinai alla cattedra piena di fogli, appunti, libri e collezioni di monete antiche. Le riconoscevo tutte. Espirai tranquilla sorridendo. L'assistente – una bella e giovane donna – sembrava poco a suo agio e continuava a respirare affannosamente. Lei non poteva capire il perché il suo corpo reagisse così, ma io avevo la vaga impressione che c'entrasse l'errante che era alle sue spalle - un giovane di circa sedici anni che non smetteva di sussurrare parole che non capivo al suo orecchio.

"Signorina...", incominciò sporgendosi sul foglio con i nomi degli iscritti, "Matteis, elenchi la provenienza di ogni singola pila, così, per cominciare", continuò. Continuava a sudare freddo, aveva brividi visibili in tutto il corpo. L'assistente mi indicò un bauletto con sei file di monete antichissime, probabilmente prestato da qualche museo. Una volta finito l'elenco di provenienza, mi fece qualche breve domanda di storia, qualche domanda sui simboli presenti sulle due facce dei medaglioni di bronzo e qualche domanda sulle potenzialità del denaro corrente versus baratto.

Alla fine dell'esame e dopo il mio tanto agognato ventotto - per alcune imprecisioni - chiesi all'assistente di prendersi una pausa insieme a me.

"Non ha una bella cera, dottoressa, senza offesa", sussurrai il più educatamente possibile. Incrociai per un secondo lo sguardo di quel ragazzino alle sue spalle.

Tu puoi vedermi!, strillò nella mia testa. Guardai di nuovo l'assistente, che si sporgeva per chiedere una breve pausa al professore che acconsentì placidamente con un cenno del capo.

Per favore, aiutami, lei non capisce, non mi sente.

Guardai il ragazzo dritto negli occhi ed annuii. Erano di un verde bottiglia singolare, ed i capelli castani ondeggiavano sulla fronte. Mi ricordò il fratellino di Monica.

"Signorina Matteis, devo avvertirla che se vuole cambiare il suo voto di...", ma la interruppi subito.

"No, più che altro credo di conoscere il motivo per cui si sente poco bene", mormorai indicando la porta di servizio. Lei mi seguì svelta, chiudendosi la porta pesante alle spalle.

Anatema I - The CircleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora