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Un po' di tempo dopo, il suo gruppo era stato scoperto da qualche produttore, e avrebbero aperto i concerti di una qualche altre band famosa, di cui, onestamente, non conoscevo molto.

Il loro successo, come anche il mio, in effetti, stava cominciando a salire giorno dopo giorno; avevano ottenuto un contratto discografico, io ero stata scelta per diversi spettacoli, sempre più grandi e importanti. Ma stava diventando tutto troppo importante, forse. Non avevo mai chiesto tutto questo. Non avevo mai chiesto un camerino privato, enorme, pieno di fiori. Non avevo mai chiesto dei costumi confezionati su misura.

Mi sentivo sempre a disagio, quando non ero sul palco a ballare. Perché, in fondo, quella era l'unica cosa che mi veniva bene. Stavo precipitando, ogni giorno, da un'altezza più grande. E se non ci fosse stato Michael, mi sarei già stata trovata schiantata al suolo.

Ero a Seattle, quella volta, per uno spettacolo, e sapevo che Michael era nelle vicinanze per un paio di giorni. Ci saremmo dovuti incontrare il giorno dopo. Ma non fu così, esattamente.

Terminate le prove, mi chiusi nella mia stanza d'albergo, togliendomi il body, restando in biancheria, e concentrandomi sullo scaffale che c'era in bagno, vicino allo specchio. Ci tirai fuori un tubetto arancione, che conteneva ben settantacinque pillole, fatte esattamente di non so cosa. Ne presi un paio, e le mandai giù con un po' d'acqua.

Lo specchio era a figura intera, ma non mi concentrai su altro che non fosse il mio viso: non mi andava di vedere quello che ero diventata in quelle settimane.

Sobbalzai, quando sentii un paio di braccia calde circondarmi la vita. Il tubetto era rovesciato nel lavandino, mentre il suo contenuto si allontanava da me.

Vidi il riflesso di Michael nello specchio, dietro di me.

– Giurami che non toccherai mai più questa roba –

Non mi diede il tempo di parlare, che mi disse – Perché? – indicando la mia pancia nuda, piuttosto malandata.

– Sulle braccia o sulle gambe si vedrebbe – fu la mia magra spiegazione, che poi non era una spiegazione.

– Non me ne frega niente. Perché ti fai questo, eh? – chiese pieno di rabbia.

– Così ci saremo visti domani, tu perfettamente vestita e sorridente, nascondendo tutto questo, non è così? – Eravamo ancora rivolti verso lo specchio, i suoi occhi puntati sui miei. Non feci niente, ma era quella la verità. Non gli chiesi come faceva a sapere che ero lì, come era entrato nella stanza, come era riuscito a scoprirmi, mi beai della sua presenza, anche se sembrava furioso. Si tolse la maglia, porgendomela. La indossai.

Poi mi strinse a sé.

– Mi dispiace – mormorai fra le lacrime.

Avrei mantenuto quella promessa, se solo si fosse svegliato.

Cathartis; Michael CliffordWhere stories live. Discover now