Capitolo 20.

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Nako

Apro gli occhi lentamente mettendo a fuoco con difficoltà ciò che ho davanti: è una parete di roccia, con stalattiti e spuntoni che spuntano da ogni dove.
Premo entrambi i palmi contro la superficie di roccia contro cui sono sdraiata e cerco di alzarmi ma una fitta di dolore mi attraversa la testa costringendomi a chinarmi sibilando a denti stretti.
Quando anche il dolore sembra essersi alleviato alzo lo sguardo e osservo il posto in cui mi trovo: è esattamente come la prima parte di parete che ho visto, leggermente illuminata da un buco sull'alto soffitto da cui proviene una luce rossastra, quella dell'esterno.
Mi alzo in piedi barcollando, la botta mi ha stordita e portando una mano sulla tempia che ha colpito il suolo sento una striscia di sangue oramai secco che scende per tutta la guancia.
Da quanto tempo sono qui? Mi domando camminando verso uno squarcio nella parete che posso usare per uscire da qui.
Nonostante sia stretto riesco a far passare buona parte del busto e sbircio dalla parte opposta trovando un corridoio in muro di pietra lungo pochissimi metri e che penso prosegua dopo la curva che prende verso destra.
Passo attraverso lo squarcio anche con le gambe, facendo però molta fatica, infatti la testa mi prende a girare vorticosamente e finisco contro la parte opposta del muro.
Mi rimetto diritta spingendomi contro le pietre e comincio a camminare lentamente, afferrando una delle torce appese al muro per farmi luce.
Arrivo alla curva e appena la supero mi rendo conto che il corridoio restante è più lungo di quello che mi aspettavo, infatti non riesco nemmeno a vedere la fine.
Deglutisco e mi faccio coraggio mentalmente prima di riprendere a camminare, il tacco dei miei stivali che contro il pavimento provoca un rumore costante e che rimbomba per l'altezza del soffitto.
Mentre vado avanti mi guardo intorno e dopo qualche metro noto una porta alla mia sinistra; afferro la maniglia e provo ad aprirla ma la porta non si muove di un millimetro: deve essere murata. Circa cinque metri avanti, sulla parte di destra, ce n'è una seconda, anche essa murata, e più vado avanti vedo che il corridoio è tutto pieno di porte alternate fra di loro alla stessa distanza.
Questo posto sembra più una prigione che un rifugio.
Sto passando davanti ad una delle porte quando qualcosa, dall'interno, si schianta contro di essa facendomi urlare dallo spavento.
Mi schiaccio contro il muro opposto fissando il legno che continua a muoversi e da cui provengono dei ruggiti soffusi. Mi affretto a riprendere il passo, controllando continuamente alle mie spalle per essere sicura che quella cosa sia ancora la dentro.

Alla ventiduesima porta che incontro comincio a preoccuparmi, il corridoio sembra non finire mai e non ho idea di quanto tempo io sia chiusa qua dentro.
Sento che mi sta salendo una sensazione di nausea anche a causa dell'odore di muffa che c'è in questo posto; mi fermo un momento appoggiandomi al muro per riprendermi. Strisciando la schiena contro la pietra mi siedo, facendo quasi cadere la torcia che ha iniziato a produrre luce sempre più debole a causa dell'olio che sta finendo.
Sono quasi sicura che morirò qui.
Sospiro e lascio la testa all'indietro chiudendo gli occhi; sto per addormentarmi quando un colpo giunge da una delle porte poco distanti da me.
Mi mette subito in allerta, alzandomi di scatto e avvicinandomi nella speranza di sentirlo ancora una volta ma allo stesso tempo di non sentirlo più.
Ma al posto del colpo mi giunge alle orecchie una voce.

«Vi prego aiutatemi!»

Quasi mi cedono le gambe dalla sorpresa.

«Clare!» urlo guardandomi intorno, ancora non ho capito in quale porta si trova ma ho riconosciuto la sua voce.

«Nako, sei davvero tu?» domanda e io sorrido.

«Si si, sono io.» rispondo avvicinandomi alla porta alla mia destra, da cui ho individuato la fonte della voce. «Sei qui dentro?»

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