Capitolo 74: L'inizio

Depuis le début
                                    

Quel giorno era arrivato.
Un giovedì.

L'altro russo, quello con i baffetti e i capelli più lunghi, gli aveva portato un abito grigio, giacca e cravatta con camicia bianca e scarpe nere. Gli avevano permesso di farsi una doccia, poi lo avevano pettinato di tutto punto, trasformandolo nell'ingegnere che nel suo immaginario avrebbe dovuto compiere grandi cose nella vita. Gli avevano consegnato una valigetta e un portafoglio nuovo. Dentro di esso vi era la sua nuova identità; da nordcoreano era diventato cinese, americano da parte di mamma, dipendente della NASA. Aveva chiesto il perché fosse affiliato all'agenzia aerospaziale americana e loro gli avevano detto di stare zitto. Una volta pronto, era stato circondato da persone armate e poi trasportato in quell'auto di lusso su cui stava viaggiando in quel momento. Sebbene fosse palesemente una BMW, il logo era stato cambiato con quello di una Chevrolet, utilizzando un modello che potesse essere facilmente camuffabile da tradire anche i più grandi intenditori che, in una metropoli affollata, non si sarebbero posti minimamente il problema. I suoi polsi erano ammanettati. Una scelta che non era stata prevista.

Non poté farci nulla.

Se stava tremando di paura era perché, una volta salito a bordo, gli era stato dato un auricolare, cosicché avesse potuto parlare con i due russi che gli avrebbero dato tutte le indicazioni per agire; gli era stato spiegato il suo ruolo in quella faccenda, passo dopo passo. Un attimo di lucidità gli aveva detto di combattere e ribellarsi, ma una volta ammanettato si era spento di nuovo.

La vettura, accompagnata da altri furgoni dalle targhe e dalle marche cambiate, si stavano muovendo per i due ponti che collegavano Washington alla nuova struttura della NASA. Lui non avrebbe dovuto fare nulla di troppo complesso, poiché sarebbe stato seguito dagli uomini che gli stavano accanto, lui seduto al centro dei sedili posteriori. Tutto sarebbe filato liscio se non avesse opposto resistenza; cosa che non aveva intenzione di fare. La vettura si fermò davanti ai cancelli della struttura. Poco prima, i suoi polsi erano stati liberati; prese il badge da dentro la giacca e lo mostrò quando dovette abbassare il finestrino per farsi identificare dalla guardia che supervisionava l'entrata. Sudò freddo nell'attimo di eterno eppure lesto controllo. Stupito, questa si allontanò annuendo e ordinò l'apertura dei cancelli per permettergli di entrare.

Avevano abboccato. Era dentro.

L'auto contraffatta si fermò al parcheggio. I due uomini che gli stavano ai lati scesero e gli fecero cenno di muovere il culo. Dea-Ho obbedì, uscendo con il decoro e lo stoicismo che gli era stato insegnato quando era ancora un cittadino devoto al suo Governatore. Si aggiustò la cravatta, tenendo la valigetta con la mano sinistra, dopodiché gli uomini che avevano sostituito le due scorte che lo avevano accompagnato a Nizza si posero ai suoi lati per invitarlo ad entrare nell'agenzia e compiere i suoi doveri. Lui annuì, deglutendo per prendere un respiro profondo a pieni polmoni per la vampata di caldo che aveva attraversato il suo corpo. Quella giornata autunnale era piuttosto soleggiata; non vedeva l'esterno da molto tempo, perciò quella brezza fresca che gli aveva accarezzato il viso era stato un ottimo toccasana per fargli percepire quanto flebile e falsa potesse essere la liberà. 

Camminò, oltrepassando le porte automatiche che lo accolsero alla hall dell'edificio. Un'enorme piazza si stagliò davanti ai suoi occhi a mandorla; una scultura in bronzo del logo della NASA, un mappamondo contornato dalle iniziali dell'agenzia che decretavano il loro controllo su tutto il globo; c'era uno spazio dedicato ad un gruppo di turisti guidati da un esperto che stava esponendo loro la storia di come tutto era nato, dal primo abbordaggio sulla Luna ad oggi. Poi vi erano tecnici che si stavano occupando di alcune altre migliorie da apportare alla recente e nuova struttura. In fondo vi era la reception che Dea-Ho attraversò con serenità. Dopotutto era un dipendente di cui nessuno avrebbe potuto dubitare. Il suo ruolo di ingegnere lo rendeva allo stesso livello di quelle persone che, notando il badge al collo, lo salutavano come se fosse parte della loro cerchia patriottica. Il nordcoreano proseguì per inerzia, dettato solo dalla sua arresa subordinazione ai due russi. La voce dentro l'auricolare gli diceva dove andare grazie alla piccola videocamera che fuoriusciva dal taschino esterno della giacca, nascosta tra il fazzoletto che lo rendeva un figurino tirato a lucido. 

OPERAZIONE YOù les histoires vivent. Découvrez maintenant